Interviste

26 Giugno 2009
Enrico & Carlo Vanzina

Roma, studio dei Parioli, grande tavolone ovale. E’ qui che Carlo ed Enrico Vanzina – uno di fronte all’altro – immaginano e scrivono. Lo stesso dove lavorava loro padre “Steno”, maestro della commedia all’italiana. Mancano pochi giorni dall’uscita del loro ultimo film “Estate ai carabi”, secondo tentativo di assalto alla stagione estiva dopo il successo di Un’estate la mare”. Prima crocifissi dalla critica come cantori della comicità disimpegnata, poi rivalutati per la versatilità e la capacità di azzeccare (quasi) sempre il tema di successo, nessuno meglio di loro può raccontare vizi e costumi dell’Italia contemporanea, nel tempo delle veline, dei reality e della tv totale. Carlo è soprattutto regista. Enrico è soprattutto produttore, ma i loro film sono pensati a quattro mani, dopo un gioco di ping pong al tavolone, quando cucinano le sceneggiature, con un metodo antico appreso alla scuola dei grandi: discussioni, idee, e copioni scritti rigorosamente a mano.  
La vostra commedia non ha mai ambizioni morali, non ama i messaggi educativi, non parte da presupposti sociologici.
Enrico: “E meno male!”.
Carlo: “Ce ne guardiamo bene”.
Eppure la commedia all’italiana ha documentato il costume del nostro paese, non è un paradosso?
Enrico: “Un film racconta qualcosa di importante se non parte da un presupposto ideologico o da ambizioni pedagogiche decise a tavolino”.
Carlo: “I soliti ignoti è giustamente considerato un capolavoro. Pochi ricordano che nasceva come copia di Le Rifinì, un grande film di genere francese”.
Una copia migliore dell’originale.
“Non c’è dubbio”.
Quand’è la prima volta che avete pensato di fare cinema?
Carlo (ridendo): “Devi risalire alla preistoria. Nel cinema ci siamo nati”.
Enrico: “Siamo cresciuti con l’immagine di questa stanza, dove nostro padre, insieme al fior fiore degli sceneggiatori italiani, lavorava ai copioni. Ma ho ricordo indelebile: un giorno ritrovammo il vecchio Geloso, con cui registravano. Si discuteva delle scene che noi avevamo visto nei loro film”.
Carlo: “Fu uno choc: innescò una irresistibile volontà emulativa”.
Quando vi dicono un film “alla Vanzina”, con intenti dispregiativi, vi arrabbiate?
(Risata all’unisono) Enrico: “E’ il miglior complimento! Diventare capostipite di un genere, se fai cinema, vuol dire entrare nella storia”.
Carlo: “Dicevano anche: è un film ‘alla Sergio Leone’. Allora era una condanna, oggi è una consacrazione…”.
Siete ancora artigiani che scrivono con la penna. E’ un vezzo?
Carlo: “Macchè, io al computer non ci riesco…”.
Enrico: “Il tempo della scrittura a mano è più adeguato a quello della creazione. Ti racconto l’anedotto leggendario di Ugo Pirro?”.
Cioè?  
Enrico: “Rifiutava la macchina da scrivere anche nella stesura”.
Come tanti altri.
Enrico: “Ma scriveva così male che, spesso, nemmeno lui riusciva a capire la sua grafia”.
Carlo: “Solo una persona lo riusciva a leggere”.
Enrico: “Una segretaria, che deve la sua fortuna a questa dote: se in un film c’era Pirro, lavorava sempre, eh, eh”.
La prima volta che vi siete innamorati della celluloide?
Enrico: “Lo sai il segreto del cinema degli anni cinquanta?”
Carlo: “Gli alberghi”.
In che senso?
Carlo: “All’epoca c’erano pochi soldi, case piccole, bambini…”.
Enrico: “Allora nostro padre, e tutti gli altri, se ne andavano al Caffè Greco… Oppure prendevano una stanzetta in affitto all’hotel Modern, di fronte al cinema Quirinetta”.
Carlo: “Nella stessa stanza si scrivevano anche tre film contemporaneamente”.
Non è esagerato?
Enrico: “No, era… affollato. Entrava uno, usciva l’altro… Papà era divertito dal fatto che si finiva sul letto, divisi in squadre. Se un’idea non andava bene per un copione finiva nell’altro!”.
“Pastiche” di generi, nel senso letterale.
Carlo: “I problemi semmai nascevano dopo: sullo stesso letto nascevano sia il grande successo che il film da poche lire”.
Enrico: “Una vera girandola. Capisci? Entrava Moravia alle tre e suggeriva: ‘Qui ci vuole un marito cornuto!”. Preso dall’entusiasmo dettava tre scene. Poi, pressato da un impegno, se ne andava. Entrava Flaiano, arrabbiato, e la commedia spensierata diventava agrodolce, il personaggio finiva nei guai…”.
Carlo: “Il giorno dopo Moravia incontrava nostro padre e gli chiedeva: ‘Come è finito, il marito?’”.
 Enrico: “E lui gli diceva: ‘E’ morto!’…’ Io sognavo di entrare in quella stanza ”.
 Molti di questi personaggi erano dei mostri.
Carlo: “Sì, è vero. Ma nascevano dall’osservazione della realtà. Deformati, certo. Caricaturalizzati, senza dubbio: ma veri. Il cinema impegnato invecchia, e la commedia no, Perché spesso il primo parte da una tesi, e il secondo dalla vita”.
Enrico: “L’aneddoto esemplare è quello di Amidei e dei due… ‘amanti ‘latini’. Lui raccontava che se ne stava seduto in un bar, quando era stato catturato da una conversazione alle sue spalle, dietro un paravento…”.
Carlo: “Due amanti che dicevano cose come: ‘Basta! Il nostro amore nun pò finì così…’. E lui: ‘Vado da tu moje e l’ammazzo! L’ammazzo!’
Enrico: “….E lei: ‘Lo faresti davvero?’ E lui, una cosa del tipo: ‘Er core mio po’ sta in cella, ma nun po’ vive lontano da te!”.
Molto romantico!
Enrico: “Solo che dopo Amidei si appostò per vederli in faccia…
Carlo (scoppiando a ridere): “E scoprì che erano due mostri”.
Enrico: “Lei bassa, tarchiata, con i peli, lui pelato…”.
Meglio che se fossero stati due modelli.
Enrico: “Esatto! La commedia, per funzionare, deve amare gli oggetti dei suoi lazzi. Stare dalla parte dei perdenti e dei mostri, altrimenti diventa volgare”.
Esempio.
Enrico: “A Risi, il Gassman del Sorpasso stava simpatico da morire”.
Perepepè-Perepepè…
Enrico. “Ma certo! Anche noi eravamo in-na-mo-ra-ti del nostro terrunciello Diego Abatantuono”.
Al punto che avete fatto un sequel venti anni dopo.
Carlo: “Un aneddoto sui personaggi che prendono vita autonoma”.
In che senso?
“Quando Diego è tornato in quei panni era trasformato, un altro uomo. E così una scena che noi avevano scritto in chiave farsesca, il reincontro con una vecchia fiamma”.
Enrico: “Ci è sfuggita di mano”.
In che senso?
Carlo: “Avremmo voluto strappare delle risate alla vecchia maniera, battute, equivoci, nonsense… Ma il Diego di oggi, col suo corpo e il suo vissuto di attore drammatico, ha dato umanità e malinconia struggente a quel dialogo. Erano solo cinque minuti, ma avrebbe potuto essere Fellini”.
Enrico: “Ed era un effetto che noi non volevamo!”.
Che succede nel passaggio dalla scrittura al set?
Enrico: “Dice Monicelli: ‘La cosa più difficile, in un film è trovare il tono’. E’ vero: è un’alchimia strana, che supera tutto il resto, e che sulla carta non si può fissare”.
Carlo: “Monicelli è un genio. Ha novant’anni, ma tre minuti con lui ti danno più stimoli che tre ore con un ventenne”.
 Perché proprio voi, che avete immortalato gli yuppies non ci avete fatto un film sull’Italia delle veline?
 Carlo (ridendo): “Perché ci fa schifo!”.
Proprio voi rischiate il moralismo?
Enrico: “No. Vedi, io sono stato in giuria a Miss Italia, e non ho mai favorito nessuno, mai messo mani addosso, mai tollerato che nessuno giocasse alla tratta delle bianche. E non ho mai trovato nessuna che mi si infilasse nel mio letto!”.
Non ci credo.
Enrico: “Ma mica solo io! Anche Carlo Verdone, anche molti nostri amici che si sono trovati in queste situazioni”.
E, ammesso che sia vero, perché?
Carlo. “A letto ci finisce chi vuole andare. Ma nessuno viene a letto con te, se non provi a portarcelo!”.
Enrico: “Una sola volta, in tutta la mia carriera, una madre ha provato a propormi la figlia. L’ho buttata già dalle scale!”.
Siete vissuti in un mondo in cui i produttori erano leggendari per offrire parti alle attricette!
Carlo: “Alt! In primo luogo quelle erano spesso grandi attrici, e non veline senza arte ne parte. In secondo luogo, i tanti vituperati produttori se le sposavano! Mica era una botta e via: guarda gli stati di famiglia: Ponti, De Laurentis, Bini, Cristaldi…”.
Enrico: “Dall’altra parte c’erano donne come Sofia Loren e Gina Lollobrigida, mica delle sciacquine sculettanti”.
Non mi convince. Sembra che se accade nel cinema è seduzione, mentre altrove è solo sesso.
Enrico: “C’ un motivo. Un regista deve essere innamorato dei suoi personaggi, ma anche dei suoi attori. Rossellini amava Ingrid Bergman! Truffaut questa cosa l’ha raccontata in un gran film Effetto notte”.
Carlo: “E’ una malattia professionale, eh, eh…”.
Allora tutti santi, i cineasti?
Carlo.“Noooh…”.
Enrico (ridendo): “A parziale confutazione di quel che ho detto c’è la memorabile battuta di Cecchi Gori sul tema. La conosci?
No.
Enrico: “Ci vorrebbe il suo toscano: ‘Gli è davvero orribile che una attrice vada a letto con un produttore per ottenere la parte. Ma gli è altrettanto orribile, eh, eh…”.
Carlo: “…Che dopo averla ottenuta non ci vada!”.
Perché non fate un film sui reality?
Enrico: “Perché a me fanno schifo”.
Carlo: “Anche a me”.
Addirittura. E’ perché state diventando moralisti?
Enrico: “No, perché sono falsi. Pensaci: i reality sono basati sulla presunta autenticità, ma sono popolati di persone che recitano un personaggio che non esiste. E’ pornografia!”.
Luttazzi accusò voi di essere pornografici. Cos’è per voi la vera pornografia?
Carlo: “Il contrario di quello che abbiamo detto”.
Enrico: “Porno, per me è cio’ che è falso. E che poi non ha nemmeno una briciola di passione. Il grande Fratello è la cosa più staccata dalla realtà che io conosca”.
Carlo: “Non si divertono, capisci? Noi ci divertiamo ancora”.
E la politica di oggi per voi cos’è?
Carlo: “incomprensibile”.
Enrico: “A volte mi immagino come potrei raccontare questa Italia a un regista come Germi, amico, maestro e vecchio socialista: ‘Sai? La sinistra è rappresentata dall’ex poliziotto Di Pietro, e la destra da Fini, l’ultimo che difende i diritti degli immigrati’. Ti immagini  che faccia farebbe?”.
Carlo: “Un’intera classe politica ha perso la testa”.
E il berlusconismo, visto da voi?
Enrico: “Peggio del berlusconismo c’è solo l’antiberlusconismo! Sai perché? A furia di strappi, questa sinistra ha perso l’identità. E allora diventa anti, per darsi un tono”.
E’ l’anno della crisi, e voi girate le vacanze ai carabi.
Carlo: “Giusto, no? Abbiamo deciso che adesso tutti i nostri mostri finiscono rigorosamente in happy end”.
Vanzinismo moralista?
“Da questo punto di vista senza dubbio: il prossimo lo intitoliamo ‘La vita è una cosa meravigliosa’”.
Dalle parti di Frank Capra.
Carlo: “Abbiamo un personaggio vagamente chapliniano, un italiano che scappa ad Antigua insieme e che si ritrova alleato di un bambino di colore…”.     
Enrico: “Gigi Proietti,deve scappare per debiti, si immagina finito e invece riesce a risorgere”.
Ma allora avevate una tesi. Orrore!
“No, è venuto da sè. Pensa: abbiamo provato a scrivere tre ruoli, su di lui, ma poi lui ha voluto questo”.
Si può fare una commedia sull’Italia del terremoto?
Carlo: “Se è sul dolore secondo me no”.
Enrico: “Se è su un personaggio, e se lo racconti con amore sì”.
Che vuol dire?
Enrico: “Esempio: fugge dal terremoto, va in vacanza, l’hotel crolla e lui finisce di nuovo in tenda”.
Perché fate uscire un film d’estate? Solo gli americani lo fanno.
Carlo: “Per quello. Ne abbiamo già fatto uno, l’hanno scorso, ed è andato benissimo”.
E i film di Natale?
Enrico: “Abbiamo già dato. E poi c’è la memorabile battuta di Gigi Proietti”.
Quale?
Enrico: “Ormai ne resta da girare solo uno: ‘Natale a casa mia’. E poi aggiunge il sottotitolo: ‘Ma ‘ndo cazzo annate!”.

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3 commenti »

  1. L’unica cosa che apprezzo dei Vanzina è la memorabile imitazione che ne faceva Francesco Salvi………..

  2. Caro Luca,
    a proposito della recente presentazione del film pasquale dei fratelli Vanzina, “la vita è una cosa meravigliosa”, sono circolate voci su una causa di plagio pendente contro i due registi e la loro casa di produzione International Video, contro lo storico autore Franco Amurri e contro persino la Warner Bros, in materia di diritto d’autore nel film “Febbre da Cavallo – La Mandrakata”, sequel del film di Steno. Si dice che ad intentare causa con risarcimento a tanti zeri sia una importante scuderia di cavalli da corsa romana.

    Ma è vera la notizia? Che dicono gli interessati? Io bazzico l’ippica, come del resto anche i Vanzina in passato almeno, e scrivo qualche pezzo qui e là… vorrei saperne di più.

    Un saluto e complimenti per il vostro lavoro.

  3. Il solito pressapochismo di Telese. Luttazzi non accusò i Vanzina di essere pornografici. Disse:”«Preferisco i film porno a quelli dei Vanzina. I film porno sono meno prevedibili.». Che è un’osservazione ben diversa, oltre che più intelligente.

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