Interviste

26 Dicembre 2009
Andrea Pezzi

Andrea Pezzi è arrivato alla sua terza vita. Pubblica con la Bompiani un nuovo libro a metà fra il saggio, il pamphlet e l’autobiografia – Fuori programma – annuncia di voler rilanciare Ovo, il progetto che ha messo a rischio la sua carriera, producendo il crack della sua società, con un buco di quasi cinque milioni di euro. Ovomedia è un’idea titanica: una sorta di enciclopedia video dello scibile umano, che unisce animazioni originali, divulgazione e intrattenimento. Quando vado a trovarlo, a Milano, trovo Pezzi nella sede della sua ex società, a via Maroncelli “ospite” dei locali messi a disposizione da fornitori che, come dice lui stesso, “hanno ancora fiducia nel progetto”. All’ultimo piano c’è un piccolo loft: parquet chiaro, un plasma da quaranta pollici incastonato in una struttura di rame, un frigo Smeg tricolore, sobrietà griffata: “il mio rifugio”, lo definisce lui sorridendo. Il patrimonio e i 1200 video prodotti per Ovo fino al momento del tracollo sono ora nelle mani di un giudice. Quando gliene parlo, l’ex conduttore di Mtv, quasi si arrabbia: “Ovomedia è in liquidazione ma non è fallita: c’è una società che punta a riscattare quel che è stato prodotto fino ad ora. Se accadrà porterò a termine il mio progetto”. Quando parla di Ovo Pezzi sembra capitan Achab con Moby Dick. E’ il suo cruccio, la sua gioia, la sua ossessione. Ho parlato con lui per più di sei ore, per certi versi il suo personaggio ha acquisito coloriture letterarie. All’inizio degli anni novanta è uno dei Dj più famosi in Italia: beniamino del pubblico, fama internazionale, offerte che piovono da ogni parte. Poi si alternano successi e tracolli, risurrezioni e crack, vicende sentimentali finite in prima pagina del Corriere della sera (la celebre storia con Claudia Pandolfi), i tanti dubbi sulla sua amicizia con il fondatore della cosiddetta onto-psicologia, Antonio Meneghetti, un ex frate francescano che è diventato guru di una associazione che per il ministero dell’interno è una setta dedita al proselitismo e alla diffusione di idee para-totalitarie. Per la prima Pezzi parla di tutto questo.
Partiamo dalla tua prima volta al microfono: Radiostudio93, in Emilia Romagna, eri appena uscito da scuola.
“Oddìo no. Non si può considerare quella la mia prima volta”.
Per uno che poi ha fatto il Dj…
“La cosa più pop trasmessa da Radiostudio 93 erano le sedute del consiglio comunale…”.
Sei nato ad Alfonsine, in provincia di Ravenna.
“Praticamente nel cuore del socialismo reale, una sorta di Truman show comunista”.
Esagerato…
“Scherzi? Fino a 16 anni io ero convinto che non esistessero altri partiti oltre al Pci”.
In quella parte della Romagna c’erano repubblicani, anarchici…
“Oh, sì, ecco. Ad Alfonsine c’erano due bar: in uno andavano gli sfigati, ed era quello dei repubblicani. Nel secondo tutti quelli che contavano e le belle ragazze: era quello del Pci”.
Sei stato mai iscritto?
“Che domanda”.
Sì o no?
(Ride) “Ti giuro, ero convinto che per lavorare l’iscrizione alla Fgci fosse d’ufficio. Quindi sì, per qualche anno sono stato iscritto pure io”.
Che esperienze facevi, che mondo vivevi?
“Allora si diceva: ‘Questa estate faccio l’Eridiana”.
La ditta di zucchero?
“Sì. Si passava la stagione a raccogliere barbabietole con altri ragazzi. Una delle cose più belle della vita: ne uscivi con la schiena rotta, ma quasi mi manca…”.
I tuoi che idee avevano?
“Genericamente di sinistra. Anche se mio padre Nazzareno è stato licenziato, di fatto, per non aver rinnovato l’abbonamento a l’Unità”.
Addirittura.
“Sì, faceva il tubista in una piccola ditta. Non che avesse qualcosa di particolare contro, sia chiaro. A mia madre non piaceva che quel giornale ci arrivasse in automatico, come una tassa”.
Quando vai a studiare ragioneria, a Lugo di Romagna scopri il mondo.
“Per modo di dire. Non sapevo chi fossero i Beatles. E i miei compagni mi presero in giro per tre anni perché avevo detto che come gruppo mi piacevano molto i Durs”.
Chi?
“Io intendevo dire i Doors”.
Poi inizi a fare i salti di carriera. Passi a Radio Zero, diventi la star di un programma e di lì a Radio Dj.
“Calma! A Radio zero ottenni un programma quasi per caso, solo dopo essere stato ospite… E a Radio dj ci arrivai, è vero: ma facevo il centralinista e l’addetto alla produzione”.
Non fare il modesto.
“Giuro. A dire il vero la cosa che mi riusciva meglio, all’epoca, era il vocaliste alle Indie”.
Il dj?
“No, il vocalist? Arringavo le folle, facevo l’animatore: comandavo minuti di silenzio, scherzavo… con me cantavano tutti. Divenni una piccola celebrità regionale. Ancora oggi c’è gente che mi ferma e mi fa: ‘Ma tu, non sei l’Andrea delle Indie?”.
E come arrivi alla corte di Linus?
“Proprio grazie alla discoteca. Un amico, Ricky degli articolo 31 gli disse: ‘Quel Pezzi là, devi proprio sentirlo”.
E di lì inizia un grande successo.
“Mica tanto. Io non sono mai stato veramente bravo in radio: i giganti erano Linus, Albertino e Fiorello”.
La lingua del vocalist non funzionava?
“Così com’era no. Vedi, Fiorello è un marchio di fabbrica: se solo lo incroci, per radio, senti un gruppo di scemi geniali che cazzeggiano e ti viene voglia di restare lì…”
E Linus?
“E’ la naturalezza radiofonica che diventa abitudine: uno standard. Quello che facevo io allora, senza il pubblico dal vivo non aveva senso. Finii a prendere le telefonate e fissare le interviste. Ero…”.
Come eri?
“Molto ruffiano e cagatissimo, se capisci cosa intendo”.
Finchè non arrivi Mtv.
“Fu Linus a propormelo: ‘Ti voglio dare una possibilità’…”.
Vai Londra, scopri il mondo e la tv insieme. Diventi una star
“Eravamo i primi: abbiamo inventato quella tv, in Italia”.
Ti sei montato la testa.
“Peggio. Me l’hanno montata gli altri. Ero circondato di gente che mi diceva: tu sei un genio, e non sai di esserlo”.
Eri il nuovo che avanza.
“E’ stata la fase più brutta della mia vita”.
Non esagerare. Guadagnavi solo un milione di euro l’anno.
“Se è per questo di più. Ma stavo di merda. Mi ripetevo: se tutti pensano che io sia un genio, perché io sono l’unico che non lo so?”.
E cosa è accaduto, allora?
“Ho iniziato ad autodistruggermi. Chiedere di più, dire di no, avere pretese era l’unico modo per mettere alla prova quei due Andrea Pezzi che non si conciliavano: il genio e l’insoddisfatto”.
La tua storia con Claudia Pandolfi finisce sulla prima pagina del Corriere.
(Si incupisce) “Quell’articolo ci ha distrutti entrambi”.
Siete vivi e vegeti tutti e due.
“Abbiamo pagato un prezzo enorme”.
Tu eri il divo latino che seduce una star.
“Io ero il rovinafamiglie che aveva rubato la moglie ad un marito”.
Beh, tecnicamente lo eri.
“Ipocrisie! Nessuna donna lascia il marito perché c’è un altro, lo lascia perché lo deve lasciare. Tu sei solo un pretesto”.
Molti pensarono che fosse una autopromozione rosa da star system.
“Promozione? Non ne ho potuto parlare per anni, di questa storia, ancora oggi mi fa male, è la prima volta che riesco a tornarci su. Per Claudia è lo stesso”.
Qual è stato il punto più alto del successo?
“Io non la vivevo così. Dipende quale parametro usi”.
Parliamo di soldi, allora.
(Ci pensa a lungo). “Un giorno venne da me Giovalli, de La7 e mi disse: se vieni da noi ci per te ci s sono 7 miliardi in due anni”.
La follia più grande?
“Una sera viene da me il direttore di Mtv per il mio nuovo programma. Lo faccio parlare due ore e poi gli dico: ‘Chi ti dice che voglio farlo?’. Cominciò ad odiarmi, giustamente. Avevo bisogno di azzerare tutto, ma non avevo la forza di lasciare. Feci in modo che mi lasciassero gli altri”.
Molli tutto e ti inventi consulente per aziende. Ma che cavolo facevi?
(Pausa) “Ho dei contratti con vincolo di riservatezza”.
Progettavi campagna di promozione?
“Diciamo così. Pianificavo operazioni di immagine per grandi marchi. Tutt’ora mi capita, ogni tanto”.
Un bel declassamento
“Veramente guadagnavo di più”.
Però avevi perso il video
“Ho iniziato a considerare la mia vita un laboratorio”.
Sei diventato un seguace dell’ontopsicologo Mereghetti.
“Ecco, quando dicono così mi incazzo”.
Non è vero? Hai fatto decine di seminari, con lui.
“L’ho conosciuto. Antonio Mereghetti è un grandissimo intellettuale. Ma conosco decine di altre persone”.
Invitavi la gente a partecipare ai suoi corsi.
“Mi ha aiutato a capire le cose, ad amare la sua cultura. Non mi vergogno di dire che correvo per le sue conferenze. Ma se chiedi ai suoi seguaci cosa pensino di me ti diranno peste e corna”.
Nessun contatto con loro?
“Scherzi? Io ho sempre detto a Mereghetti che peggio dei suoi detrattori ci sono solo certi suoi fan: i siti in cui lo sostengono sono peggio di quelli in cui lo attaccano”.
Sei anche amico di Dell’Ultri?
“Oddìo, ancora! Un’altea cazzata devastante”.
L’Espresso ha scritto che Ovo era un progetto che nasceva con questi due sponsor.
“Ho incontrato anche Luca Telese, tre volte nella mia vita. Questo basta a fare di te un mio sponsor?”.
Ovo è stato finanziato da una società Fininvest, io conto meno di Dell’Ultri da quelle parti.
“L’Espresso ha scritto che alcune voci, ad esempio quella su Hitler era quasi apologetica, in linea con il pensiero di Mereghetti sul carisma dei leader”.
(Ride). “Balla colossale. Ti faccio vedere quella clip L’ha montata una bravissima regista ebrea – Didi Gnocchi – e, come tutte le altre voci di Ovo, è certificata dall’Enciclopedia britannica! Ti pare un covo di seguaci del Reich?”.
Perché non ai querelato, allora?
“L’assurdo non si querela”.
Ti senti un perseguitato?
“Sono uno che non ha famiglie politiche. Non sono protetto. Prendo sberle a destra e sinistra, perché in questo paese devi stare per forza in una squadra. Pensa me, che non ho mai avuto nemmeno un agente”.
Il tuo ultimo programma tv, il Tornasole, è stato un fallimento?
“Faceva ascolti che oggi sarebbero da record. Era un programma che poneva domande diverse da solito: l’Italia ha perso la guerra? La donna è esposta o nascosta?”
Anche l’unico programma in cui sia stato ospite Mereghetti…
“Ancora? Non ci crederai, ma ci sono le prove: ho dovuto fare salti mortali per convincerlo. Per due volte ha dato buca. Della tv non gli frega nulla”.
E adesso pubblichi il tuo…”Fuori programma”.
“Il titolo corrisponde all’essenza del libro. L’ho scritto in un mese al mare… e sono stato a rivederlo per un anno e mezzo”.
E’ un diario interiore, un saggio, un pamphlet…
“E’ un libro in cui traccio un bilancio, scritto senza pensare a chi lo avrebbe letto, scritto per me. C’è tutto il mio passato, e tutto il mio futuro”.
E c’è anche molto Ovo…
“E’ la cosa più importante che ho fatto, e che mai farò”.
Se riuscirai a finirlo.
“Oh, certo che ci riuscirò. Lo hanno animato i migliori disegnatori e i migliori creativi del mondo. Tutti lo volevano”.
Però oggi chiunque può comprare il tuo archivio in tribunale.
Ma sono l’unico che può portarlo a termine, solo io ho la chiave di tutto. E’ la migliore garanzia che potessi avere. Senza di me quel progetto non esiste"
Sicuro?
"Se non avessi questa serenità mi sarei già suicidato”.

Luca Telese

Condividi:

 

5 commenti »

  1. Intervista interessante, soprattutto nella prima parte… quella che descrive la Romagna rossa delle lande ravennati. Purtroppo, a distanza di un anno e mezzo, non c’è ancora traccia della colossale opera del ragioniere di Alfonsine. — ciao Luca

  2. ‘Perché non ai querelato, allora?’… magari un’acca si può mettere no?

  3. Interessante, cercasi sviluppi. A che punto sta Ovo?

  4. E com’è che si è laureato in Russia?

  5. insomma. intervista un po’ banalotta…la foto non rappresenta più andrea ormai invecchiato e poi andrea non ha tradito il suo guru , continua l’opera…certamente l’associazione di cui faceva parte è morta e sepolta ma lui ancora con amici prova a riavvivare il fuoco.

Lascia un commento