Il Fatto Quotidiano

23 Luglio 2011
Volo di scambio

Che cosa unisce il pugno battuto sul tavolo dal Caimano e la voce dal sen fuggita (e subito dopo rimangiata) di Umberto Bossi? Che cosa unisce al pugno del berlusconismo decadente e al rutto del celodurismo crepuscolare (“In galera!”) e il gesto simpatico del lìder-bullo maximo che si infila gli occhiali nel taschino e preannuncia emorraggie del setto nasale (“Quelli che erano nella sua posizione, quando io facevo questo gesto si ritrovavano sanguinanti a terra?”) ai suoi intelocutori? Cosa unisce ai tre grandi crepuscoli l’agitare scomposto delle pulci che si credono giganti, come quei due dirigenti del Pdl che ieri volevano addobbare il nostro cronista solo perché faceva una domanda (legittima) su un elicottero pubblico dedicato all’interesse privato? Cosa unisce alla caduta degli dei il fragore ridicolo dei ministri che comprano a loro insaputa, piazzano il parentame e attrezzano querele, i deputati rubagalline del Pdl che si pagano la suite da nabbabbi, e l’esponente democratico che patteggia una condanna lampo?
C’è un filo lungo che in queste ore tiene insieme le mani che prudono contro le domande scomode, lo sfavillante smottamento di tre grandi carismi e l’avvitamento solipsistico dei tre leader fuori controllo. C’è un virus malato che si trasmette dai piani alti ai piani bassi, un odore cattivo di cancrena, una voglia di combattere con la violenza (fisica o avvocatizia) l’evidenza della realtà. C’è un filo che unisce le minacce della ministra Brambilla che era arrivata a chiedere a questo giornale tre milioni di euro (non li avrà) e il dispetto per il lavoro di inchiesta. Dice Silvio Berlusconi de Il Fatto: “Senza di me voi non esistereste”, e non sa che ci fa un complimento. Dice Massimo D’Alema che siamo un giornale tecnicamente fascista, e non sa che siamo stati tecnicamente sommersi da parole di solidarietà. 
C’è un filo spesso come uno spago che unisce la malinconica e perdente stizza di Silvio Berlusconi, la patetica confusione di Umberto Bossi e il simpatico e archilochèo eloquio di Massimo D’Alema, distanti nei tempi e nella qualità ma uniti come tre avvisi di garanzia, tre certificazioni di cessata lucidità intellettuale. 
Berlusconi, che un tempo fu mago della manipolazione iconografica e mediatica, compie l’errore di svelarci platealmente la sua impotenza. Bossi, che fu inimitabile prestigiatore e incarnazione geniale del ganassa cede brandelli di carisma costrigendosi a ritrattazioni inverosimili di sparate che un tempo avrebbe difeso con orgoglio. D’Alema esibisce la nuvola del suo malumore di fronte ai giornali che osano parlare degli arresti e delle inchieste che riguardano il Pd. La gravità e la qualità di questi moti di umor nero sono diversi, così come le cause. Ma comune è il fenomeno di invecchiamento, l’obsoletizzazione di una classe dirigente che per venti anni ha deciso il bello e il cattivo tempo della politica italiana. Tutto si poteva dire di D’Alema, negli anni passati – amandolo o detestandolo – se non che non non avesse una linea politica una rotta, una identità forte. Ma oggi, anche lui, lancia segnali contraddittori. Scrive sulla nuova unità una articolata analisi per dire che bisogna dialograre con i movimenti, ma poi considera ingiuria il solo fatto che su questo giornale Marco Travaglio gli ponga delle domande sulle vicende giudiziarie del Pd. C’è in queste tre grandi maschere della politica italiana – Bossi, D’Alema e Berlusconi – lo stesso fascino malinconico dell’androide di Blade Runner, che conserva intatto il suo senso di onnipotenza superomistico, ma che allo stesso tempo sa che nessuno potrà alterare quello che è scritto nel suo destino: la data di scadenza. In fondo, sia Berlusconi, Bossi e D’Alema, sono diventati oggi dei Balde Runner di se stessi, dei replicanti di quello che sono stato nella prima repubblica. Bossi fondò la Lega venti anni fa, dopo aver cominciato a battere le valli nel lontano 1985. Bossi è l’uomo che fotografava il monumento ad Alberto da Giussano per trarre dai negativi il simbolo fai-da-te del Carroccio (anche se Gianfranco Miglio diceva perfido, dopo il litigio: “Macchè, lo ha copiato dalle biciclette della Legnano!”), Silvio Berlusconi vendeva gli appartamenti della sua prima speculazione, nel 1974, chiamando i parenti a fingersi compratori per abbindolare i veri compratori (un genio, anche se ad un tratto una disse: “Zia, come stai!”, facendo mangiare la foglia agli interessanti), Massimo D’Alema, anche può sembrare incredibile, è quel giovane che appare in un reperto televisivo del 1977, tormentato in tv da un indiano metropolitano di nome Gandalf. 
Questi tre leader sono antichi, le tensioni che produssero i grandi banzi non ci sono più, i loro partiti sono attraversati da pulsioni materialissime. Adesso che il tempo degli androidi è scaduto, come Rutger Hauer dovrebbero capire che è ora di passare la mano, e di dissolvere le loro storie come lacrime nella pioggia. 
Adesso che il loro tempo è finito, dovrebbero capire che trent’anni di palcoscenico sono troppo per qualunque mattatore. Invece non passano la mano, non accettano di essere sostituiti, continuano a pensare di avere il sole in tasca, l’attrezzo in tiro e la forza che spezza l’acciaio nelle mani. Ed è proprio questo che rende il loro crepuscolo non un finale di drammaturgia, ma un problema per il paese. Nei paesi democratici i leader se ne vanno senza drammi, nelle repubbliche delle banane i caudilli restano in campo finchè non li spazza una rivolta di piazza. E finché qualcuno, tecnicamente giornalista, non racconta la loro fine trovando un senso a una storia che un senso non ha.

di Luca Telese

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10 commenti »

  1. Caro Telese, se non sbaglio quel relitto umano di D’Alema, sciagura perpetua della sinistra, del centro sinistra, del centro e dell’Italia in generale, ha tacciato te, Travaglio e il giornale per il quale scrivete di essere “tecnicamente fascisti”. Motivazione: aver osato sollevare dubbi sulla già sputtanatissima reputazione del disonorevole D’Alema. Mi sembra che risuonino le maledizioni del vecchio PCI su dissidenti che fanno il gioco del nemico, mosche cocchiere e pidocchi vari (peccato che la storia abbia dato ragione proprio a questa varia umanità..). Ma veniamo a D’Alema. Come fa ancora a presentarsi sulla scena pubblica dopo tutti i guai che ha combinato nella disastrosa carriera politica? Dopo le vergognose consorterie che ha intrallazzato, i calcoli politici perennemente sbagliati e le frequentazioni a dir poco imbarazzanti? E come mai qualcuno nel suo partito è disposto a dargli retta? Per me la spiegazione, pur sconfortante, è la seguente: il PD è un’associazione di arruffoni sovrappopolato da avanzi di galera (Penati e Tedesco sono solo gli ultimi di una lunga e tristissima serie, per non dimenticare i vari Bassolino e De Luca), l’unica stella polare a cui si aggrappano i suoi esponenti è la conservazione delle prebende della Casta (illuminanti il voto contro l’abolizione delle province e l’assoluzione di Tedesco in aula), “tecnicamente colluso” col sistema di malaffare che domina la gestione della cosa pubblica. Una volta c’era il PCI che beneficiava delle spartizioni di potere dell’arco costituzionale, oggi c’è il PD che sguazza allegramente in quelle della Casta. Mi sembra un partito “tecnicamente inadueguato” a rappresentare un’alternativa di governo credibile e porprio per questo eternamente perdente. C’è solo da sperare che il suo elettorato, mosso evidentemente solo dalla coazione a ripetere, si scrolli un bel giorno l’anello dal naso e si imbufalisca come sarebbe sacrosanto facesse mandandoli tutti a casa a pedate nel c.

  2. caro lv,
    “C’è solo da sperare che il suo
    elettorato, mosso evidentemente solo dalla coazione a
    ripetere, si scrolli un bel giorno l’anello dal naso e si
    imbufalisca come sarebbe sacrosanto facesse
    mandandoli tutti a casa a pedate nel c.”

    Pur essendo elettore di sinistra non posso che darti ragione. Alle prossime elezioni credo che il mio sarà un voto di protesta.

  3. Vedi, Telese, il fatto stesso che sul tuo blog qualcuno definisca persone indagate ma tecnicamente incensurate(così riprendiamo questo avverbio sulla tecnicalitá)degli”avanzi di galera”purtroppo puzza un po’…non lo vuoi chiamare fascismo?sono d’accordo, le parole vanno maneggiate con cura…
    Ma se non vedi questo fenomeno allora resto deluso da una penna come la tua

    PS Chi scrive è fermamente convinto che su Tedesco bene abbiano fatto i parlamentari che hanno votato per l’arresto, non riscontrando fumus persecutionis. È altrettanto vero che è giusto tutelare i paamentari con forme di garanzia rispetto a derive varie che, negli anni 60, hanno visto tanti compagni del Pci indagati per la loro attività, lo stesso Telese ci ha ricordato ultimamente che persino Napolitano fu indagato per oltraggio a pubblico ufficiale…e l’indagine venne bloccata dalla Camera che negó l’autorizzazione

  4. Credo che il fascismo sia altra cosa ragazzi.

  5. Caro Telese,complimenti per il tatto e la sobrieta’che hai mostrato ieri sera all inizio del tuo”show”,mentre in Norvegia si faceva la conta dei morti.Un vero signore!

  6. Oggi ho ricevuto una email da un caro amico.
    Te la sintetizzo, Telese, e ti chiederei di approfondire il tema (dillo anche a Travaglio, così si schioda dalla sua ossessione):

    “E’ in corso da due anni una rivoluzione in Europa, ma nessuno ne parla: breve resoconto della rivolta anticrisi islandese.

    Recentemente la rivolta in Tunisia si è conclusa con la fuga del tiranno Ben Alì, così democratico per l’occidente fino all’altroieri e alunno esemplare del Fondo monetario internazionale.

    Tuttavia, un altra “rivoluzione” che ormai è in corso da due anni è stata completamente taciuta e nascosta dai media mainstream internazionali ed europei.

    È accaduto nella stessa Europa, in un paese con la democrazia probabilmente più antica del mondo, le cui origini vanno indietro all’anno 930 e che ha occupato il primo posto nel rapporto del ONU sull’indice dello sviluppo umano di 2007/2008. Indovinate di quale paese si tratta? Sono sicuro che la maggioranza non ne ha idea.

    Si tratta dell’Islanda, dove si è fatto dapprima dimettere il governo in carica al completo, poi si è passato alla nazionalizzazione delle principali banche, infine si è deciso di non pagare i debiti che queste avevano contratto con la Gran Bretagna e l’Olanda a causa della loro ignobile politica finanziaria; infine si è passati alla costituzione di un’assemblea popolare per riscrivere la propria costituzione.

    Tutto questo avviene attraverso una vera e propria rivoluzione, seppur senza spargimenti di sangue ma semplicemente a colpi di casseruole, con le proteste e le urle in piazza e con lanci di uova, una rivoluzione contro il potere politico-finanziario neoliberista che aveva condotto il paese nella grave crisi finanziaria.

    Non se ne è parlato dalle nostre parti, se non molto superficialmente, a differenza delle rivolte in altre latitudini discorsive (la Sicilia meridionale è più a sud di Tripoli, eppure la remota Islanda, più vicina al polo nord che all’Italia è percepita come parte della “Moderna” Europa).

    Il motivo è semplicemente il terrore, per lor signori, democratici o conservatori che siano, della riproducibilità e l’estensione di quelle lotte. …….”

  7. Scusa Francesco, ma i pluri-inquisiti di cui l’ultimo si sottrae platealmente all’arresto come li definiresti? Stinchi di santi fino alla terza prova di giudizio? Mi sembri davvero ingenuo.. In ogni caso cosa c’entra il fascismo? Potrai chiamarlo giustizialismo se proprio indignazione ti fa schifo. Ma non scomodare i paroloni se non conosci la storia e il significato delle parole…

  8. carl Telese,
    Dal momento che hai lavorato a “il Giornale” questa è imperdibile:
    http://nonleggerlo.blogspot.com/2011/07/sono-sempre-loro.html

    Povero Montanelli chissà che direbbe nel vedere a cosa si è ridotta la sua creatura!

  9. Per Luca v:guarda che io non ho usato la parola fascismo,anzi ho suggerito a Telese di trovarne altre che però rappresentino la questione,ovviamente dal mio punto di vista, che non é detto sia il tuo. Dopodiché ti pregherei di tenere per te certe considerazioni sulla mia conoscenza della storia, ti assicuro che altri sufficientemente qualificati le hanno valutate e vagliate prima di te. Non sto dicendo che non accetto critiche alle mie idee(per esempio tu mi dici che é comprensibile definire”avanzo di galera”chi sia ancora indagato senza neanche l’emissione di ordinanza di rinvio a giudizio, e io non condivido ma accetto la tua idea), ma valutazioni affrettate sulla mia materia di tesi di laurea no, é per rispetto alla fatica fatta da un figlio di ferroviere per studiare ed imparare

  10. Io penso che quello che ha scritto Breny sia da non sottovalutare. Di fatto le cose sono andate come dice lui. E’ però difficile caro Breny schiodare uno come travaglio dalla sua personale ossessione, oggi però senza dubbio sarebbe l’unico ad avere quella potenza mediatica tale da denunciare pubblicamente certe cose. Il dubbio è che non voglia. Non vuole perchè non gli conviene…è esattamente come tutti gli altri…
    Ma io questo lo dico da sempre.

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