Il Fatto Quotidiano

13 Aprile 2010
Le illusioni del Colle

Eugenio Scalfari sale sul Colle al fianco di Napolitano e, nel suo editoriale della domenica, fustiga i suoi critici politici e indirettamente quelli giornalistici (fra cui, anche questo quotidiano). Scelta legittima, ovvio. Ma che sembra figlia di una evoluzione di pensiero oscillante, di fronte al deflagrare del conflitto fra Quirinale e Palazzo Chigi. Un conflitto strano, in cui siccome le pretese e gli attacchi del premier si moltiplicano di ora in ora (quello contro i consulenti "che controllano gli aggettivi" è solo l’ultimo), ogni resistenza appare un gesto di ribellione inaudito. Il che crea uno strano triangolo di contrappesi fra i sostenitori di Berlusconi, i sostenitori di Napolitano e i suoi critici.
Profezia di inizio anno. Scalfari ha iniziato a paventare la precipitazione di questo conflitto fin dal primo editoriale dell’anno: "Si troveranno a confronto- scriveva il 3 gennaio su La Repubblica – due disegni, due visioni, due concezioni della politica e del bene comune radicalmente antitetiche. Una rappresentata da Berlusconi e l'altra da Napolitano. Sicuramente quest'ipotesi non è nelle intenzioni del Capo dello Stato ma oggettivamente sarà questa la natura e la sostanza di quel confronto e di quei referendum. Date le premesse che abbiamo fin qui illustrate, c' è solo da auspicare – concludeva Scalfari – che ciò non avvenga, ma dipende solo dal premier far sì che l'auspicio si verifichi, in mancanza di che si avrà un confronto il cui esito sarà incertissimo e denso delle incognite più preoccupanti".
Retroscena segreto. Solo un mese dopo la stessa analisi veniva aggiornata con toni pessimistici e l’allusione a un retroscena del passato: "Napolitano non è il primo a dover fronteggiare questa situazione di estremo disagio in cui versa la Repubblica. Scalfaro e Carlo Ciampi si sono anch'essi dovuti scontrare loro malgrado con analoghe difficoltà e analoghi travagli. Sono ormai 15 anni che il Quirinale deve ergersi come antemurale contro la furia berlusconiana; ma mai come in questa legislatura quella furia aveva raggiunto un'aggressività così pericolosa, esplicita, mirata ad abbattere ogni equilibrio, ogni garanzia, ogni ostacolo e lo spirito stesso della Costituzione repubblicana". E poi aggiungeva: "Verrà pure il momento che questa storia segreta dovrà essere scritta". Sembrava che il momento sarebbe arrivato dopo secoli. Invece, il 16 marzo, come abbiamo già raccontato su queste pagine, al grido Good night and good luck (associando cinematograficamente il governo di Berlusconi allo spettro del Maccartismo) Scalfari rivelò quel segreto. Ovvero l’aneddoto esemplare di cui era a conoscenza sulla resistenza di Carlo Azeglio Ciampi al leader del Pdl sulla legge Gasparri. Il predecessore di Napolitano veniva evocato come l’uomo che dal Colle aveva saputo dire "no" a una firma pretesa imperiosamente dal Cavaliere come una ratifica obbligatoria (messaggio chiarissimo a Napolitano). Ciampi era indicato da Scalfari come un modello da seguire ad un presidente che sembrava incerto, sottoposto alle critiche esplicite de Il Fatto, ma anche di tanti costituzionalisti.
Tutta La Repubblica pareva sintonizzarsi su questa posizione "critica": nella stessa settimana il vicedirettore del quotidiano di largo Fochetti, Massimo Giannini ci metteva del suo duellando con l’ufficio stampa del Quirinale, e annunciando che Napolitano avrebbe potuto non firmare il decreto sul lavoro. Il Colle smentiva tempestivamente. Ma alla fine il decreto – come è noto – non veniva controfirmato (il retroscena era dunque azzeccato). Il 4 aprile Scalfari ci ricordava che "è dannoso tirare il presidente per la manica", ma aggiungeva anche: "Chi lo conosce sa che quelle violazioni (quelle dei principi costituzionali, ndr). non sono nel suo costume. Può fare errori. Finora non ve n’è stata traccia". Nell’ultimo editoriale domenicale il fondatore di La Repubblica ha cambiato ancora marcia. Cosa è successo fra un articolo e l’altro per produrre l’invettiva contro i critici? E’ la deflagrazione del conflitto con Berlusconi ad aumentare la preoccupazione di Scalfari? A leggere l’articolo il punto chiave è stata la riforma semi presidenziale ventilata dopo il voto a cambiare lo scenario. Secondo Scalfari quelle riforme "Mettono al vertice dello Stato un personaggio eletto da un plebiscito. Per cinque anni rinnovabili fino a dieci. Questo scontro si concluderà nel 2011, ma comincerà tra meno di un mese". Ma Scalfari stavolta fa seguire a questa analisi l’attacco ai critici (per così dire “da sinistra”) del presidente della Repubblica: "L'opposizione è divisa – scrive – perché c’è ancora chi spera di prendere qualche voto in più tra tre anni attaccando fin d' ora Napolitano. Deus dementat – osserva Scalfari – quos vult perdere". Ovvero: gli dei accecano coloro che desiderano la sconfitta. Ma è davvero questa la dinamica? Un presidente saggio e desideroso di stare nelle regole e degli scalmanati incoscienti che vogliono tirargli la giacchetta per inseguire la loro vocazione massimalistica? "Credo di sapere – aggiunge Scalfari con una dubitativa che forse rivela traccia di un colloquio con il presidente (il corsivo è mio, nda) – che Napolitano deve e vuole restare al di sopra delle parti perché quel capitale sarà il solo a poter far inclinare il piatto della bilancia dalla parte giusta e non da quella terribilmente sbagliata. Credo di sapere, anzi di prevedere – aggiunge, passando, ancora una volta, dal dubitativo al profetizzante – che contro le sue intenzioni, sul ring a contrastare un vero e proprio golpe bianco ci sarà lui". Ovvero, ancora una volta, Napolitano. E qui Scalfari sublima l’elogio: "il presidente rivestirà quel ruolo, non in veste di giocatore ma in veste di arbitro di fronte a chi contesta gli arbitri, i soli che possano richiamarlo a rispettare le regole del gioco. Credo di sapere e di prevedere che sarà una durissima battaglia per la democrazia italiana". In attesa delle drammatiche guerre del futuro, però, Berlusconi si accontenta delle battaglie vinte ogni giorno. E delle controfirme incassate sul legittimo impedimento e sui provvedimenti che gli stanno più a cuore. Eppure, come scrive Scalfari fra un’oscillazione e l’altra, "può sbagliare anche lui".

Luca Telese

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