Il Fatto Quotidiano

25 Novembre 2009
Pd, il vecchio che avanza

“Sono giovani ma sperimentati”. Pierluigi Bersani presenta così il nuovo gruppo dirigente del Pd, e forse non si rende conto di aver coniato una battuta involontaria: ben quattro dirigenti facevano parte dello stesso organismo, nel secolo scorso (vent’anni fa, ai tempi del Pci). Possibile? Ebbene sì, il nuovo che avanza.
 Eppure apparentemente la definizione pareva calzante e la nuova segretaria a prima vista, ggiovane (e politicamente corretta):  sei uomini e sei donne, la maggiorparte quarantenni. Benissimo. Solo, che prima ancora di compulsare l’elenco dei giovani leoni e delle new entries si scopre “il trucco”. Un tempo la segreteria (dal Pci al Pds) era composta dai responsabili dei dipartimenti. Ogni dirigente, quindi era una sorta di ministro ombra: i dirigenti più importanti, dei settori più importanti, non erano più di sei-dieci persone, per garantire l’agilità dell’organismo. Questa volta, invece, c’è una novità: i 12 nuovi talenti saranno affiancati dai “nuovi” responsabili dei forum. Quindi le responsabilità (e le teste) si raddoppiano prima, e si triplicano poi. Se vai a scorrere l’elenco di questi responsabili dei dipartimenti, scopri che la  lista è  questa:  l’ex  presidente della Camera Luciano Violante si occupa del forum  Riforma dello stato (ovvero del vecchio settore riforme), Livia Turco sarà la responsabile dell’Immigrazione. Poi un terzetto:  Paolo  Gentiloni si occupa delle politiche dell’informazione, Stefano di Traglia della comunicazione e Carlo Rognoni della tv; Giuseppe Fioroni del Welfare (affiancato da Pierre Carniti), Piero Fassino è il responsabile della  Politica internazionale, Laura Pupato dell’Ambiente, il presidente  della Toscana Claudio Martini delle Autonomie, Andrea Orlando della Giustizia, Umberto Ranieri del Mezzogiorno e Gianno Cuperlo  dell’Ufficio studi e rapporto con le fondazioni.
Uno si ferma a leggere il nome di Fassino e rimane di sale. Nel 1989 era il responsabile esteri del Pci: sono passati venti anni ed è tornato allo stesso preciso incarico di allora. Uno pensa: che lo abbiano costretto? Macchè, ha anche pressato per entrare, affetto, come i dirigenti della sua generazione, dall’impossibilità di lasciare. Passiamo a Violante: era il numero del dipartimento giustizia del Pci già nella seconda metà degli anni novanta. Livia Turco, Perlomeno ha fatto un rimpastino: nel 1989 era responsabile femminile, adesso passa all’immigrazione. Persino Cuperlo (in questo novero sicuramente il più brillante e il più nuovo) era già in segreteria nel 1989, come membro consultivo (era segretario della Fgci). Carniti era segretario della Cisl nel 1977. Il secondo gruppo di dirigenti, per così dire “più  freschi”: un ex ministro come Gentiloni, un ottimo sessantottenne come Rognoni ex membro del Cda Rai. Bersani è impazzito? No, ha disegnato un garbato sistema cencelliano in cui ogni corrente ottiene il suo omino. Ci sono due coordinatori: uno per la segreteria (Maurizio Migliavacca) e uno per la segretaria del segretario  (Filippo Penati) e poi delle “perle” che fanno ricordare la moltiplicazione dei ministeri nei governi Andreotti della fase crespuscolare. C’è un responsabile  della finanza pubblica (Enrico Morando) e uno di quella privata (Matteo Colaninno). A questi si aggiungono le vere novità: l’organizzatore bersaniano Nico Stumpo, l’economista vischiano Stefano Fassina, il dalemiano Matteo Orsini, la romana Roberta Agostini e tanti altri a cui facciamo l’augurio di non ritrovarsi nella segretaria del 2040 dopo una rovinosa serie di sconfitte, all’insegna dello slogan: squadra che perde non si cambia.

Luca Telese

(Ps. un bacio a D’Alema che, evidentemente, ha rinunciato all’organizzazione)

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7 commenti »

  1. Forse vogliono riorganizzare un partito unito (democristianamente o da PCI) dove dall’altra parte c’e’ lo svantaggio del PDL leggero di non avere piu’ la capillarita’ dei circoli di AN?

  2. Che tristezza!!! Il PCI almeno era un grande partito. Questo PD è una cosa sempre più piccola.

  3. @salsicciottodellinformazionepreconfezzionata

    sono il SOLITO partito di burocrati, correnti interne, apparati e enti inutili, commissioni e paraculi, massoni, racomandati e ruffiani con a CAPO un burattino i cui fili sono in mano al SOLITO NOTO .. quello skipper baffinoTANTO apprezzato dal NANO, tanto da esserne l’editore di quei “saggi” politici radical chic, perle dell’INUTILITA’ di certe persone e certa politica .. tipo quella del Piddì!!

  4. Non parlo di questo articolo ma della sua (comunque correlata) intervista alla Bresso, piuttosto vaga e deludente. Il sostegno ai ragazzi di Libera di cui la Zarina si fregia come si combina con il prono sostegno alla TAV, appalto mafioso per eccellenza? Contravvenendo ai diktat della Squadra Perdente di Roma, il PD della Valsusa si è alleato con i No Tav. E ha vinto! Ha vinto le elezioni per la Comunità Montana. Era importante come grimaldello per spacciare un inesistente “dialogo con le istituzioni locali”. Purché vincessero degli yes-men. Invece i nimby gli han rotto le uova nel paniere.
    Qualche domanda non farebbe male…

  5. A quelli che storcono il naso: ma può essere che non ve ne va bene una? Bersani deve fare un partito, ce la sta mettendo tutta per dargli gambe solide e sperimentate, utilizzando il vecchio (perché insegni) e il nuovo (perché impari). Io dico che fa bene, naturalmente fino a prova contraria. Piuttosto dovremmo chiedergli di non perdere tempo nel corpo periferico del nuovo PD. La partita vera si gioca lì.

  6. Caro Alfio che bello illudersi. Bersani non deve fare un partito. Ce l’ha già. Quella che manca è una linea politica. Degli obiettivi reali e concreti. “Dove li prendiamo e dove li mettiamo i 9 miliardi per lo sviluppo?” gli chiedeva ieri sera Tremonti ad Annozero. E lui non aveva idea. Si arrampicava sugli specchi. La prendeva alla larga. “Dove?” Ripeteva TRemorti. DOVE. Ecco i dirigenti della sinistra sembrano sperduti incapaci di collocarsi nella storia. DOVE!!!!

  7. Era sin troppo evidente (persino agli ingenui che l’han votato alle primarie) che Bersani rappresentava una scelta di retroguardia. Basta guardarlo, con quella faccia da salumiere triste, i tre capelli in testa tinti di nero-pece (alla Zangheri), la parlantina becera dell’emiliano di apparato, senza idee, senza speranze, senza attributi. L’uomo giusto per perdere ogni elezione, perpetuare lo strapotere berlusconiano, far abortire un partito mai nato, occupare seggiole purché ce ne siano, prono a confrontarsi (su che cosa? perché?) con gli avversari politici come il suo puparo D’Alema, incapace di far pulizia dei cacicchi e degli incapaci…
    Quando Grillo presento la sua provocatoria candidatura, Bersani era piazzato nei sondaggi a un ventesimo dei consensi raccolti da Grillo. Vorrà dire qualcosa o no?

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