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5 Agosto 2014
Benvenuti a Zemanlandi​a

"Gli altri lavorano in base ai soldi, noi in base alle idee": benvenuti a Zemanlandia, cuori Rossoblù. Benvenuti nel mondo incantato di Zdenek Zeman: "Il risultato è casuale, la prestazione no". Benvenuti al Sant'Elia, che il campionato sta per cominciare: "Non importa quanto corri, ma perché corri e, soprattutto, dove corri". Benvenuti dove Davide lancia la sua sfida a Golia: "Nella mia carriera mi sono procurato tanti nemici: meglio così. Loro per me rappresentano uno stimolo".
Benvenuti a Zemanlandia, perché non si può piacere a tutti, se si ha carattere. Benvenuti alla corte dell'uomo che aveva il privilegio di non essere amato da Gianni Agnelli: "Dovrebbe avere gratitudine per la Juve perché abbiamo salvato suo zio dal comunismo. Non mi piace il suo modo di allenare".
Benvenuti a Zemanlandia, nella geografia dell'impossibile che, come per prodigio, quando meno te lo aspetti, si tramuta in realtà: "Lo so, mi converrebbe dire che sono cambiato, ma per me è sempre tutto uguale. È chiaro che si rischia, ma se fai novanta gol non ti preoccupi di quanti ne prendi". Benvenuti a Zemanlandia, mori bendati, benvenuti in uno scenario di croci e delizie, di emozioni grandissime, in uno spazio di geometrie e di strategie coltivate con fatica, ostinazione e tenacia: "Modulo e sistemi di allenamento non li cambierò mai. Per coprire il campo non esiste un modulo migliore del 4-3-3".
Benvenuti a Zemanlandia in una lunga e complessa storia che si tiene in equilibrio tra la Mitteleuropa e la Sicilia, tra la Praga pre sessantottina la Puglia degli anni novanta e la Sardegna del XXI secolo, tra il calcio degli anni novanta del secolo novecento e quello del terzo millennio: "Penso che, anche per i giocatori, è più soddisfacente costruire piuttosto che demolire. Per distruggere devi usare le maniere forti, io invece sono un uomo di pace".
Benvenuti nel luogo della coerenza conquistata a fatica: "Non sono io che ho divorziato dalla Roma, è Sensi che ha divorziato da me. È diverso". Benvenuti dentro il senso di una carriera sportiva scolpita nel profilo della complessità, ma coronata dalla leggiadria di una bellezza classica: "Mi chiedete che cosa amo? Semplice: dalla mia squadra vorrei che riuscisse sempre ad avvicinare la gente e trasmettere delle emozioni". Benvenuti nel campo delle opinioni scomode e dei pensieri controvento: "Moggi è un nemico del calcio: è nemico di tutti quello che non l'hanno seguito e che non la pensano come lui. Me compreso, quindi".
Benvenuti a Zemanlandia, luogo metafisico dello sport e della vita, benvenuti dentro una storia bella e ricca di colpi di scena come un romanzo di Alexandre Dumas, benvenuti dentro un racconto costruito nello spazio lungo di una vita, temprando il carattere con la fatica dei muscoli e delle idee: "A me piace lavorare più con quelli con cui c'è da fare, da discutere. Con loro si comincia con le buone, poi si finisce con le cattive, magari con qualche esclusione dalla squadra. Ma a me piace la gente che bisogna motivare, quelli a cui si può ancora insegnare qualcosa". Benvenuti nel cuore della battaglia: "Il talento conta tantissimo, è più facile, si è avvantaggiati, ma anche senza si riesce ad andare avanti. Chi tratta meglio il pallone si chiama artista, ma non è detto che undici artisti riescano sempre a battere undici artigiani".
Benvenuti a Zemanlandia in un intreccio fatto di ascese e discese, di vittorie epiche e di tradimenti imprevedibili, di sorprendenti resurrezioni, di continue sfide con la storia, l'ultima delle quali è iniziata come una favola da Cagliari, proprio nel pieno di questa imponderabile estate, con gli zaini carichi di acqua sopra le spalle, e i gradoni scalati a fatica per temprare i muscoli: "Siamo qua in ritiro per lavorare, per prepararci per la stagione, è normale che si fatica. So che se fossimo andati in un villaggio Valtur sarebbe stato diverso. Però per la mia preparazione non è mai morto nessuno".
Benvenuti, perché I cuori rossoblù quest'anno, entrano dentro la dimensione del grande racconto, diventano un nuovo capitolo della saga di un uomo dalle cento vite. Partire dal cuore dell'Europa e della provincia, partire da Praga (quando c'era Jan Palanch, correva l'anno 1968), e da Cinisi (quando ancora c'era Peppino impastato, correva l'anno 1970) partire da Carini e dal Bacicalupo, arrivare a Foggia da cecoslocacco, prima della caduta del muro di Berlino, tornarci due anni dopo da ceco e da boemo, dopo la caduta del muro, arrivare alla Roma con il passaporto italiano, arrivare a Napoli da cittadino d'Europa per vincere, ed essere esonerato (anche) per la propria passione e per le proprie idee: "Raramente mi capita di dire una bugia e per questo mi sento solo. È un mondo, il nostro, in cui se ne dicono tante". Arrivare a Zemanlandia quando ti chiedono se hai mai pagato per le tue idee e divertirsi a mettere in fuorigioco il vittimismo: "La mia fortuna, fino ad ora, è che mi hanno sempre pagato per giocare".
Essere a Zemanlandia e dire quello che si pensa, in ogni caso. Esserci e combattere contro lo star system per un sport pulito: "Se l'essenza del calcio è il doping o il comprare gli arbitri allora io sono molto lontano da tutto questo". Essere a Zemanlandia e sapere che anche la coerenza si paga: "Io per le mie convinzioni sono rimasto fuori dal grande giro per più di dieci anni".
Essere a Zemanlandia come nella Pennylane dei Beatles, come nella Itaca di Omero, nella casa a cui si torna per amore, esserci per abitare nel luogo di una utopia possibile: "A mio parere, la grande popolarità che ha il calcio non è dovuta alle farmacie o agli uffici finanziari, bensì al fatto che in ogni piazza in ogni angolo del mondo c'è un bambino che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi". Essere a Zemanlandia per non farsi omologare: "Il calcio, oggi, è sempre più un'industria e sempre meno un gioco". Essere Zdeneck Zeman, con un volto che pare scolpito nel cuoio, con la brace di una sigaretta eternamente accesa in bocca, con un grido di gioia dissimulato nel silenzio, e con un destino inscritto nel cuore: "Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire".
Essere Zeman, anche, per la sua arma migliore, la sua sublime ironia: "Se dipendesse da me mi riconfermerei sempre". Essere Zeman perché "Tutte le partite partono zero a zero, sono le squadre che fanno i risultati". Essere Zeman perché "Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti". Essere con Zeman, cuori Rossoblù, perché – comunque vada – quest'anno la storia siamo noi.

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4 commenti »

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