L'Unione Sarda

25 Maggio 2013
Don Gallo, vita e opere di un prete famoso come una rock star

di LUCA TELESE

E così, dopo il funerale, oggi lo seppelliranno, questo prete folle e geniale che ha commosso l'Italia e fatto irruzione nei Tg con il suo viso lungo e incavato, il suo immancabile sigaro e il suo cappello a falda larga sempre calcato in testa (quando non indossava un terrificante colbacco!): se ne va un prete famoso come una rockstar.
Don Andrea Gallo lascia questa terra, dopo aver unito nell'ultimo saluto tutti i mondi lontanissimi che ha attraversato, da monsignor Bagnasco, che ha tenuto l'orazione funebre, al suo amico Vasco Rossi che ieri ha scritto nel libro degli omaggi: “Il mondo che vorrei è il tuo mondo", a uno stupefacemte Flavio Briatore che ha detto "Era uno di noi", all'amico Gino Paoli, che aveva cantato con lui "Bellaciao" alla fine di una messa.
Lo hanno pianto gli ex tossicodipendenti della sua comunità e i prelati, le prostitute e i politici, gli amici (e ne aveva tanti) ma anche i nemici: perché poi, quando te ne vai, i primi attributi che restano impressi nel ricordo sono la statura e la grandezza. Il fatto è che Don Gallo, anche per quelli che lo detestavano (e ce n'erano tanti) era uno che, come diceva Primo Levi, "Aveva una statura tale che non passava per le porte". La sua, peró, è una figura molto più complessa di quanto non sembri: era appassionato, lirico, sregolato, innamorato delle proprie parole ma non di se se stesso, frugale, imprevedibile, libertario, logorroico. Parlava sempre all'impronta, ma dietro questa improvvisazione c'era il sostegno robusto di anni di severissimi studi teologici a Roma, dopo la formazione nell'ordine dei salesiani. A guardarlo a volte sembrava quasi un cartone animato disneyano, con quel profilo che poteva essere disegnato solo con un tratto stilizzato: ma osservandolo meglio si scopriva che era molto più sfaccettato e complesso di quanto non rivelassero le apparenze. La sua posizione a favore della legalizzazione delle droghe leggere, per dire, un tempo aveva suscitato scandalo: oggi non più. "Ne abbiamo discusso per una vita", ha spiegato don Mazzi, aggiungendo che lo piange come un fratello. E lo stesso don Andrea ha raccontato che un giorno un parlamentare gli aveva chiesto di registrare un spot in cui doveva recitare lo slogan: "Lo spinello fora il cervello". Don Gallo aveva declinato l'invito rispondendo sdegnato: "Voi il cervello ce l'avete forato anche senza bisogno di fumare". Era a favore della contraccezione, e spiegava: "Siccome combatto l'Aids so che non violo nessun comandamento di nostro signore, visto che il preservativo è un modo per salvare il valore più sacro: la vita". Un'altra volta invece aveva raccontato con orgoglio la sua fedeltà alla Chiesa, anche come istituzione: "Sapete, noi funzioniamo come la Federazione gioco calcio, ci sono i cartellini rossi e le espulsioni. Io ho avuto cinque diversi cardinali, e nemmeno una ammonizione!". Era (quasi) la verità. Perché in realtà, agli inizi della sua carriera, negli anni sessanta, era stato allontanato dalla parrocchia del Carmine per una ormai celebre omelia contro "la droga del cervello"
(che secondo lui era la propaganda per la guerra). In quell'occasione aveva rischiato l'esilio nell'isola si Capraia, ma lui ricordava quell'allontanamento come una fortuna: "Chissà, se non mi avessero cacciato non avrei mai fondato la mia comunità. Le vie del signore sono imperscrutabili!". Agli inizi della carriera, dopo essersi formato nei salesiani era sempre in odore di eresia. Per il resto della sua vita è stato un ribelle, che però sta ben attento a non rompere mai il cordone della su appartenenza. Alla lettera di un superiore, in cui gli si rimproverava di essere anarchico e comunista, aveva risposto con l'ironia: "Si decida! O comunista, o anarchico: perché, come è noto, non sono la stessa cosa". Ma a decidere tra i due aggettivi poi era stato lui, al punto da intitolare il suo primo libro "Angelicamente anarchico". Un giorno gli avevo chiesto come avesse fatto a scriverne ben quindici titoli (più un dvd con il meglio delle prediche!). E lui aveva risposto: "Sono così tanti?". Allora mi aveva raccontanto che non rifiutava mai nessuna proposta, da nessun editore, dai Fratelli Frilli alla Mondadori, da Aliberti a Dalai, a Chiarelettere: "Prendo l'acconto e ci paghiamo subito le bollette della comunità: poi arriva qualcuno con un registratore, io parlo per un paio di giorni, e fanno tutto loro, eh eh". Anche questo non era del tutto vero, ma la cosa incredibile è che finiva sempre in classifica. Con l'amico Loris Mazzetti lavoró giorni per scrivere "Sono venuto per servire". Frase memorabile di quel libro: «Peccato che Gesù sia un prete. Se fosse un politico avremmo trovato il nostro leader!». Sempre a Mazzetti, poco prima di morire, aveva rivelato il suo entusiasmo per papa Bergoglio: "Ohé, ma lo sai che questo papa, quando parla, le azzecca tutte?". Fino all'ultimo dormiva in una stanzetta grande come un fazzoletto. Oppure in una più grande con altre tre persone, perché le storie del dolore a Genova erano tante, gli spazi della comunità di San Benedetto erano limitati, e lui andava orgoglioso di un'altra cosa: "Magari ci stringiamo, ma qui non abbiamo mai chiuso la porta a nessuno". Amava dissacrare, certo, ma senza mai abbandonare il suo Vangelo, in cui rimaneva piantato con entrambi i piedi: girava tutta Italia come se fosse in tourné, ma sempre per tornare a i ragazzi della sua comunità, con cui aveva costruito persino un ristorante e una libreria di seconda mano. C'era gente che andava a pranzo al porto solo per salutarlo: "Oggi abbiamo le permette al pesto e il don passa all'una". Sul muro della comunità il verso del suo amico Fabrizio De André: "Dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior". Aveva tenuto l'omelia per Fernanda Pivano, aveva letto la lista degli incontri importanti della sua vita da Fazio, partecipato addirittura come cantante al disco solista di Cisco, il leader dei Modena city rambler, a Genova, nel 2001, aveva vagheggiato (per fortuna senza riuscire nell'intento) questa idea: "Come sarebbe bello se oggi, io e altri cinque sacerdoti, violassimo, con spirito eucaristico e nonviolento, la zona rossa". Eppure, malgrado qualche iperbole, non aveva l'insopportabile tasso di ideologia di alcuni sacerdoti pseudo-no global che sono andati di moda in questi anni. "Vedi -ripeteva – tu puoi fare molti errori, io ne ho fatti una caterva, e sono molto severo con me stesso. Poi, però, se credi alla parola di Gesù restano solo le opere". Ecco, molti lo hanno amato per le sue prediche teatrali e le sue trasgressioni. Invece quello che resta di lui sono le tante persone che ha salvato dalla strada, e quella idea semplice ma terribilmente bella della fede: "Per me Cristo è essenzialmente tre cose: la vita, la gioia e la libertà". Roba da far convertire gli atei.

(da L'Unione Sarda)

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Un commento »

  1. un grande Uomo al servizio del prossimo, senza guadagnarci un centesimo di euro, tale e quale ai politici……

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