La Verità

20 Settembre 2017
“La legge Fiano? Un regalo ai fascisti”

«Siamo alla follia».
Prego?
«Se anche in Senato passa questa roba qui, la legge Fiano, in Italia sarà il delirio».
In che senso?
«Quelli che fanno il mio lavoro diventano tutti, dalla mattina alla sera, dei fuorilegge».
Lei commercia articoli militari d’ epoca, è specializzato in reperti della Seconda guerra mondiale.
«Organizziamo e partecipiamo a Militalia, la più grande fiera italiana del settore».
Un mercatino di reduci e fascionostalgici?
«Sta scherzando? Parliamo – solo a Milano – di 20.000 persone che pagano regolarmente il biglietto: appassionati, storici, rievocatori di eventi e battaglie, associazioni…».
Lei una volta, alla Zanzara, raccontò di essere del Pd. Era vero?
«Certo che è vero, in Toscana mi conoscono tutti: sono democratico, impegnato, particolarmente attento al tema dei diritti. Mi considero un “boldriniano” del Pd».
Boldriniano, ma con la passione delle divise?
«Sì. E proprio per questo vorrei spiegarlo bene, a Fiano cosa succede».
Cosa?
«Che la sua legge è un regalo alla destra, un provvedimento di cui non c’ era nessun bisogno. Spara nel mucchio, mette tutti sullo stesso piano e a me fa rischiare sei anni – dico sei anni – di carcere. Le pare possibile?».
Ci ha pensato a lungo, prima di parlare, Jonathan Targetti. Racconta di aver letto e riletto – con attenzione maniacale – la legge approvata alla Camera, di averla valutata con l’ esperienza dei suoi esami di diritto, di essersi consultato con degli avvocati per avere dei pareri legali. Il responso è stato peggio di quello che immaginava per la sua attività di organizzatore, esperto di storia militare e commerciante.
Rischia sei anni? È sicuro?
«Se fossi giudicato colpevole sì: per noi scatterebbe, infatti, l’ aggravante specifica dell’ apologia in Rete e del commercio. Abbiamo tutti i cataloghi online, e sono svariati i reperti e gli articoli che hanno stemmi, aquile, svastiche, rune… tutti fotografati nei dettagli».
Cosa distingue un gadget nostalgico da un reperto storico nazifascista?
«Questo è il bello. Tutto ma, secondo la legge, nulla. Il finto manganello con la celtica può essere equiparato ad un elmo delle Ss».
Ce ne sono di valore?
«Un elmetto da paracadutista tedesco, con l’ aquila e la svastica, può arrivare a 30.000 euro».
E una divisa quanto può valere?
«Qualsiasi cifra! Le dico un pezzo che mi piace commerciare: il camiciotto coloniale italiano. Costa 500 o 600 euro, a seconda dello stato di conservazione».
E un’ alta uniforme del Duce?
«Una uniforme originale di Benito Mussolini era esposta a Militalia a Milano, prezzata a 65.000 euro».
C’ è il rischio di incappare nei falsi?
«Continuo. Io e mio padre siamo anche periti per i tribunali. Ma io non amo il feticismo dell'”indossato da”. Mi interessa il reperto, non chi lo ha portato».
C’ è qualcosa che non commercia?
«Le divise dei lager, per una scelta mia».
Si vendono pure quelle?
«È un mercato fiorente. A me pare macabro, però è un giro d’ affari mostruoso: quotano tutto, compresi i distintivi degli internati e gli effetti personali».
Come le è venuta questa passione?
«Sono figlio d’ arte, laureato in marketing della moda».
Perché è così preoccupato dalla legge?
«Sono stupito di questo clamoroso autogol politico di Emanuele Fiano».
Perché autogol?
«Da quel che vedo nel mio mondo, ha l’ effetto opposto da quello desiderato: ricompattare la destra su un tema storico, un suo cavallo di battaglia».
Quindi lei pensa che ci sia molta destra nel suo mondo?
«Macché: se lei va sul lago di Garda, uno domenica incontra 30 nazisti e 10 repubblichini. La domenica dopo 40 soldati napoleonici o garibaldini. Sono sempre gli stessi e non fanno politica».
Sicuro?
«Massì! Hanno gli stand alle nostre fiere, li conosciamo bene: interessati a tutta la storia, non solo al fascismo. Fanno propaganda quelli?».
Loro non dovrebbero essere colpiti dalla Fiano.
«Ma il testo è scritto in maniera molto ambigua. Dove sta il confine? Vogliamo mettere un giudice a decidere?».
Lei teme il giudizio di un tribunale?
«Chi come noi commercia a Militalia, o alla fiera di Bologna, o a quella di Roma, che inizia ora, rischia il sequestro immediato del magazzino.
Già quella sarebbe una rovina».
Quanto muove il vostro settore?
«Milioni di euro. Ed è poco: guardi il successo di Dunkirk.
Siamo alla moda».
Ma è un film…
«Vada in Normandia quando celebrano lo sbarco: è come seguire i mondiali. Per la rievocazione di Waterloo in Belgio arriva 1 milione di persone».
Cosa?
«Dovrebbero finanziarci, non perseguitarci».
Molti, dietro gli appassionati del ventennio o della Seconda guerra mondiale, vedono nostalgia camuffata.
«Questa è ignoranza: il collezionismo militare è sempre esistito, vedi il meraviglioso museo Stibbert di Firenze. Gli uomini hanno iniziato a collezionare armi, si può dire, con le selci del neolitico».
Però qualcuno commercia solo articoli dell’ Asse.
«Sa una cosa buffa? I più grandi collezionisti di oggetti tedeschi sono russi. Quelli americani sono appannaggio privilegiato dei giapponesi: l’ ex nemico diventa compratore. Ora stanno arrivando i cinesi che coprano tutto, il mercato si allarga».
In Italia c’ è scetticismo per questo mercato.
«Purtroppo. Il Discovery inglese è venuto a girare due puntate su mio padre Alessandro e me».
I reperti più costosi del ventennio?
«Le divise da alto ufficiale del Pnf. Una divisa di Italo Balbo o di un gerarca: parliamo di pezzi unici di sartoria in foggia militare».
Come si riconosce un falso?
(Ride) «È difficile come scoprire un falso Picasso o un falso Manet. Io ho studiato uniformologia… magari il tessuto è invecchiato benissimo ma la cucitura è incongrua».
Il suo cliente tipo?
«Non esiste. Molti stilisti, però. Abbiamo dato una consulenza ad Andrea Rosso di Diesel per una linea di ispirazione militare.
Ma anche, negli anni, a Toni Scervino. A Ferragamo, a Prada».
Secondo la legge Fiano non deve esserci propaganda.
«Dopo essere andato alla Zanzara, un giorno ho spedito dalla Germania una copia di una prima edizione del Mein Kampf degli anni Trenta che avevo trovato».
E allora?
«È il testo di apologia più importante del nazismo. Non essendo hitleriano, era una burla: ma domani come viene giudicato questo gesto? Se lo racconto diventa propaganda?».
Cosa vuol dire?
«Siamo al reato di opinione. Per tutti gli altri infatti, negazionismo compreso, c’ erano già la legge Scelba e la Mancino».
Lei vende anche merce alleata?
«Giacconi americani. Cappotti russi. Sa che il mio mito è il pm Henry John Woodcock? Un’ icona».
Lo vuole fare proprio arrabbiare, Fiano.
«Non parlo delle inchieste su Consip: Woodcock è il simbolo mediatico del vintage bellico americano».
Perché?
«Ci faccia caso: indossa sempre e soltanto field jacket M51 Corea. Anche Diego Della Valle, talvolta, con il foulard».
Malato di reperti pure Woodckock?
«Elegante, direi: lo sogno come testimonial della mia azienda».
Cosa vuol dire a Fiano e Verini, i relatori della legge?
«Vorrei spiegargli che deve diventare chiara la distinzione tra ciò che è storia è ciò che non lo è».
Fiano ripete: decideranno i giudici.
«Ma i nostri tribunali hanno bisogno di essere ingolfati.
Né io di dovermi difendere. Si immagini quante denunce».
Altri reperti di valore a rischio?
«I più cari: c’ è chi colleziona i distintivi con i diamanti e rubini – quelli dei gerarchi nazisti – fino a 250.000 euro. O le macchine: Herman Historica ha venduto una Mercedes di Hitler a 2 milioni di euro».
Morale della favola?
«Se trovi un giudice a cui stai sulle scatole sei finito».
E quindi?
«E allora, se la legge non cambia, ci trasferiamo tutti in Slovenia, da dove potremmo tranquillamente vendere in Italia anche online».
Lo fareste davvero?
«Adesso ci costituiamo in un’ associazione e vediamo cosa succederà. Ma se la legge passa saremo costretti a farlo.
Sarebbe un danno economico, ma soprattutto per l’ Italia».

LUCA TELESE

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