Blog

11 Ottobre 2010
Lula (e io)

Voglio raccontarvi come andò. Nel 2003 ero volato in Brasile a seguire Sergio Cofferati per il mio giornale (all'epoca si diceva che il Cinese potesse era uno dei possibili leader del centrosinistra, lo marcavo a uomo in tutto il mondo). Cofferati era stato invitato alla “Posse”, la festa per l'insediamento del nuovo presidente del Brasile, appena eletto. Mi ritrovai quasi per incanto in una città incredibile, in un giorno irripetibile, in un bagno di folla popolare, multietnica e carica di speranza: corazzieri mulatti, indios, sin terra, borghesia illuminata, giovani, bandiere rosse. Quel giorno, un paese di 150 milioni di abitanti e trenta etnie sembrava stringersi intorno a Luis Ignacio Cavaco da Silva detto “Lula” (cioè “il calamaro”) e al suo carisma, convinto che il Brasile sarebbe potuto cambiare. I giornali europei dedicavano all'evento i soliti avarissimi trafiletti: esotismo, storie tropicali, chissenefrega. Mi ritrovai davanti a “Planalto”, il palazzo Presidenziale incastonato nel cuore della meravigliosa Brasilia monumentale, ad ascoltare il discorso di insediamento di Lula. Dall'altra parte del mondo, ma convinto di essere al centro del mondo. Lui parlava in portoghese, e io non conosco il portoghese. Ma dopo cinque minuti mi sembrava di capire ogni parola, e mi chiesi se non fossi stregato dal suo carisma al punto da avere percezioni alterate. Lula parlava da sopra il tetto del Palazzo, davanti a se una folla sterminata, e stava scandendo un discorso di grande utopia riformista. Aveva ripercorso la sua vita scherzando con sua moglie Marisa, che gli era accanto, alternando amarcord e battute: “Io prima di vincere ho perso quattro volte…. E tu Marisa ti ricordi cosa succede, quando perdi: non ti chiama più nessuno. La quarta volta restammo inchiodati sul divano, e ci chiedemmo: 'Cosa ci resta da fare?'. E tu Marisa mi avevi risposto: 'Continuiamo a combattere, è l'unica cosa che sappiamo fare'”. Che fosse vero non c'erano dubbi. Lula era nato nel Pernanbuco, lo stato più povero del Brasile, era emigrato a San Paolo sul “Pao de Arara” (il carrettino dell'emigrante che è come una gabbia di pappagalli, cantato in una meravigliosa canzone da Gilberto Gill). Era stato arrestato durante gli anni della dittatura, era riuscito a fare il sindacalista e poi a inventarsi un partito, il Pt. Per anni gli avevano detto e scritto che non parlava bene il portoghese, che era un bifolco e che era troppo marxista. E lui, quando gli chiedevano che modello avesse in testa, rispondeva: “Il Pci di Enrico Berlinuger”. L'Italia, e il Pci, li aveva conosciuti da semi-esule, quando girava l'Europa dormendo nei divani letto dei tinelli, nelle case degli amici sindacalisti. E adesso si toglieva la soddisfazione di invitare quattro di quei vecchi compagni di lotta, alla sua festa. Quel giorno dal terrazzo di Planalto, Lula disse che avrebbe fatto il presidente con un unico obiettivo. Abbattere la povertà, fare in modo che “ogni brasiliano, alla fine del mio mandato, possa fare tre pasti al giorno”. Il discorso dei “tre pasti” me lo riportai sigillato nel cuore, al ritorno in Italia, con l'idea che andava benissimo anche per le nostre sinistre esangui e pseudo-riformiste. Sull'onda dell'entusiasmo cucinai insieme ad un amico idealista quanto me – Oliviero Dottorini – una biografia-lampo che raccontava chi era Lula, cosa fosse il suo partito, la storia di quello che avevo visto, e alcuni cenni per capire cosa fosse il Brasile.


LULA. STORIA DI UN UOMO CHE VOLEVA CAMBIARE IL BRASILE (E IL MONDO)
di Luca Telese e Oliviero Dottorini – Castelvecchi, 2003 – 168 p.

Questo libro è, prima di tutto, una biografia, e segue i primi passi di Lula nel deserto del Pernambuco, la sua incredibile battaglia attraverso quattro sconfitte e quattro resurrezioni. Poi diventa un'antologia di discorsi per capire l'essenza del Lula-pensiero. La sua storia è la storia del Brasile che cambia, il romanzo di formazione di una classe dirigente che insieme a lui si è formata in ventitre anni di battaglie.


In quel libro – forse un po' ingenuo, ma pieno di passione – c'era la Brasilia che avevo visto. Una città costruita tra il 1956 e il 1960 in quattro anni, con un impegno economico che ancora oggi è responsabilità di metà del debito del paese. Mi ritrovai in questi quartieri fantascientifici, in un incredibile paradosso politico temporale. La città costruita da un architetto e un urbanista comunisti (Oscar Niemeyer e Lucio Costa) era stata poi inaugurata dalla dittatura. E allora (nel 2003) veniva restituita, anche simbolicamente, ad un presidente con un passato da detenuto politico. Ricordo che contemplavo la terra rossissima della città, il verde della vegetazione tropicale, il rosso delle bandiere, e mi chiedevo: come potrà farcela? Il libro su Lula, che l'editore Castelevecchi ci pubblicò (ovviamente senza darci una lira). “Lula, l'uomo che vuole cambiare il Brasile e il mondo” ricevette una sola recensione, da il manifesto. E ovviamente fu una stroncatura feroce e irrimediabile: il giornalista che firmava il pezzo, Maurizio Matteuzzi – grande conoscitore di quel paese – ci trattava quasi con disprezzo, ci accusava di essere dei govani presentuosi, ingenui e analfabeti, di esserci fatti abbacinare dal lulismo e di non aver capito nulla. Lui, ex giornalista sessantottino, che studiava da una vita quel paese, non poteva concepire che noi in un mese, avessimo avuto l'ardire di raccontarne un frammento. Pensai, e non mi sono ricreduto, che il nonnismo è una delle malattie fatali della sinistra italiana. E mi chiesi perché non lo avesse scritto lui, quel libro, invece di demolire il nostro. Ma erano dettagli. Sulla quarta di copertina Castelevecchi cesellò uno strillo azzeccatissimo su Lula: “Finalmente uno che dice cose di sinistra”. Profetico. Il libro andò esaurito, Alberto non ci pagò una lira di diritti, ma ne io né Oliviero abbiamo mai dato il minimo peso alla cosa, anzi: eravamo riconoscenti perché nessun altro ci avrebbe pubblicato quell'instant book. Sono passati otto anni, da allora, due mandati elettorali, un'altra vittoria. Oggi, mentre la legge gli impedisce di correre di nuovo, Lula sponsorizza una “sua” candidata- Dilma Rousseff – un'altra ex guerrigliera che ha preso il 47 per cento dei voti, e che fra pochi giorni (salvo colpi di scena improbabili) quasi sicuramente rivincerà. La popolarità di Lula è all'ottanta per cento. Come Mandela, come Ghandi. Come quelli che nella storia partono da una condizione di minorità e ribaltano il senso delle cose, sfondano il muro del suono, diventano bandiere collettive, perché nella loro vita non hanno mai ammainato i propri ideali: “Io non sono figlio di un'elezione – aveva detto quel giorno Lula – io sono il prodotto di una storia, di tutti quelli che prima di me hanno combattuto, senza vincere”. Come sarebbe bello, penso ancora oggi, se la sinistra italiana sentisse risuonare dentro di se queste parole, e non i miserabili lessici dei governissimi, dei pasticcetti politici, dei ma-anche e del deserto degli ideali. Come sarebbe bello se si liberasse di una genìa di funzionari in grigio senza carisma e senza palle, se la smettesse di sognare Montezemolo e Profumo. Tutti i tg di ogni segno e colore – quando si è votato per il primo turno – ci hanno dato un piccolo numerino, una statistica che ci aiuta a spiegare le radici di quel successo. In Brasile, negli anni di Lula, l'economia è esplosa, le favelas sono state ricostruite con soldi pubblici, il programma “fame zero” (inizialmente irriso dai commentatori internazionali) ha contribuito a portare 35 milioni di persone dalla povertà al benessere. Ha dato una possibilità agli stessi ex poveri che ho sentito dire al Tg1: “Io voto l'amica di Lula”. Ma anche alla classe media che ha visto raddoppiare il potere d'acquisto del Real ed esploderei suoi consumi. Non tutti sanno, per esempio, che la Fiat realizza i suoi profitti non in Europa ma in Brasile. Ecco, vedo tutto questo e sono contento di aver scritto quel libro, di aver ricevuto quella stroncatura nonnistica da un giornalista della archeo-sinistra, di essere tornato in Brasile, di aver concepito lì mio figlio, di avere costruito una muraglia di cd di Bossa Nova nella mia libreria, di aver avuto le orecchie e il cuore per avvertire che quel giorno mi ero ritrovato nel punto in cui frigge la storia. Ho scritto una biografia di Lula avendolo visto cinque minuti, in fila nel palazzo presidenziale, per stringerli la mano, quel giorno che mi ero incollato alla giacca di Sergio Cofferati. Si può partire per un un posto, ed approdare in un altro che non era nemmeno nelle mappe. E scoprire davvero che Lula sarebbe diventato come Allende, come Mandela, come Ghandi. Uno dei leader che invece di farsi cambiare dagli eventi, riescono a cambiare il mondo che hanno intorno a loro e a piantare la loro orma nella polvere della storia. Che poi, in fondo, il lavoro della sinistra è questo, no?

Luca
Condividi:

 

21 commenti »

  1. Il coraggio di perdere per tornare a vincere. Ma perdere essendo sè stessi, non rincorrendo ora questa ora quella fetta di elettorato “centrista” senza mai raggiungerla, perdendo nel contempo i propri elettori. Bel tema per i “nostri”, Luca. Chissà se sanno che (citato da La Stampa) “con Lula, per la prima volta, la classe media è diventata una maggioranza, anche elettorale”…

  2. CaroLuca,
    sono un’italiana che vive da qualche tempo in Brasile. Purtroppo non posso condividere appieno il suo articolo su Lula.
    Pur riconoscendo il fatto -importantissimo- che durante gli ultimi 8 anni milioni di brasiliani siano usciti dalla povertà assoluta grazie alle politiche sociali del governo Lula, e pur riconoscendo che se avessi avuto la possibilità di votare, io stessa avrei votato per Dilma, non credo che ci si possa considerare soddisfatti dal PT. Il partito è ormai profondamente diverso da quello delle inizi così come Lula è profondamente lontano dall’immagine del sindacalista.

    Inoltre bisognerebbe seguire le cronache di questi giorni sulla campagna elettorale in vista del ballottaggio per potersi accorgere della povertà del dibattito politico, ridotto a una serie di sproloqui sull’aborto e sulla religione in generale che puntano a conquistare l’elettorato evangelico e cattolico.

  3. CAra elisa si vede che non segui il dibattito italiano, per tua fortuna…

  4. in italia nei giornali non ho mai letto giudizi molto positivi per lula
    tendono a sottolineare le difficoltà
    è una vergogna per la nostra sinistra che non vuole fare più la sinistra
    troppi nonni e nonnismi
    speravo in cofferati
    cofferati ?a sputtanarsi a bologna
    troppi ..invidiosi nella nostra sinistra..
    d’alema…

  5. E’ bellissimo tutto questo Luca,per chi come me ancora sogna che un mondo migliore è possibile.Sono un tuo estimatore da sempre,come lo sono di Oliviero.
    Con persone come voi e noi della base, possiamo ancora sperare in un futuro migliore e più giusto,soprattutto per i nostri figli.Viva Lula,e viva noi instancabili romantici idealisti.

  6. Seguendo, per quello che posso, alcuni programmi radiofonici e televisi di approfondimento e news dedicati alla politica mi sono spesso imbattuto in Luca Telese che ho imparato ad apprezzare come uno che rema controcorrente e che, come di dice in gergo, non le manda a dire e con un ruolo importante nella apprezzata (non foss’altro perchè è una voce contro) squadra de “Il Fatto Quotidiano”.
    Oggi ho voluto dare uno sguardo alla sua biografia per cui non posso che farti i complimenti, Luca, per lo stile e i contenuti intrinseci.
    A questo punto ho aperto il blog nel quale mi sono imbattuto in questo articolo che però non posso giudicare…. e sai perchè? perchè la pubblicità del tuo libro inserita nel bel mezzo dell’articolo mi ha infastidito. Sì dirai non si vive solo di gloria o di ideali…. che se leggo gratis un tuo articolo è giusto anche che paghi qualcosa no? sono d’accordo, sono uomo di marketing che sta approfondendo tecniche di “web marketing” e quindi figurati se non comprendo… però…. scusami dello sfogo e comunque complimenti.

  7. Occhio, che magari domani Pansa ci spiegherà su Libero che Lula , a causa del suo passato comunista, è un mezzo terrorista.

  8. Caro Moretta,
    l’inserto con la copertina del libro è un’idea dei ragazzi che gestiscono il sito, lo hanno messo loro per corredare l’articolo, io l’ho scoperto ora, rileleggendolo per trovare i commenti. Ma visto che di fatto il libro è fuori comercio (ce n’è qualche copia sul catalogo Maremagnum delle librerie dell’usato a cui rimanda quel post) tutto può essere tranne che un’operazione commerciale. A meno che tu non pensi che ho scritto questo articolo per far vendere tre copie ai miei amici librai che hanno avuto la buona idea di conservare e catalogare qualche copia superstite….. Nessun web marketing, dunque. Solo quello che hai letto nell’articolo, il piacere di parlare del Brasile.

  9. Andrea Martelli 12 ottobre alle ore 16.26 Segnala
    Buongiorno,
    vorrei farLe i complimenti per il suo lavoro come prima cosa, complimentarmi con il suo giornale per intero, che leggo ogni giorno con interesse su internet e che non mi rifiuto mai di comprare le poche volte che vado in edicola.
    Ho letto con interesse l’articolo sul suo blog a proposito di Lula e vorrei offrirle qualche spunto.
    Mio padre vive in Brasile ormai dal 2002, è sposato con una donna Brasilana e ha 2 figli, Brasiliani anche loro.
    Sono un appassionato di politica e spesso quando sento mio padre (o quando lo vedo, l’ultima volta prorpio in Brasile a gennaio 2009) parliamo di cosa succede in Italia, di questa oligarchia che impera sovrana e anche di Brasile.
    Lei scrive le lodi di Lula dicendo che ha garantito 3 pasti al giorno ai poveri, ed ha ragione. Quello che però non sa, o magari non ha voluto scrivere, è che il programma “fame zero” si attua con la fornitura di pochi generi di prima necessità: fagioli, zucchero e riso, con cadenza, non vorrei sbagliarmi, di 1kg per ognuno a settimana. Un’altra cosa importante è che i brasiliani che davvero ne hanno bisogno spesso non sono raggiunti da questi aiuti a causa di una macchina corruttiva che in Brasile è fortissima.
    Lula ha il merito di essere un uomo di larghe vedute, nel 2003 infatti ha cacciato Microsoft dalla sua pubblica amministrazione, firmando una legge che porta il brasile ad essere uno dei primi paesi che usano freesoftware, grande riforma!
    Da quello che so io, e ammetto di non essere informatissimo, Lula ha fatto del gran nepotismo, mandando amici, parenti ecc a dirigere alte cariche dello Stato, un po come fa un personaggio di scarsa altezza che conosciamo molto bene nel nostro paese, questo non credo gli faccia molto onore.
    Da quello che mi viene detto la corruzione in Brasile è cresciuta.
    Lei scrive che l’economia ha fatto un balzo in avanti non indifferente: verissimo, nel 2009 erano 7 anni che non andavo in Brasile e ho notato delle differenze incredibili in termini numero di auto circolanti, di abitudini di vita, di consumi. Quello che però mi domando io è quanto, sul lungo periodo, questo farà bene al paese, perchè ho la sensazione che il Brasile sotto Lula si stia svendendo (havaianas per esempio, che si è una industria privata ma con un giro di soldi importante)
    In più 3 giorni prima delle elezioni ho sentito per telefono mio padre, che mi ha detto che è opinione diffusa nelle alte classi sociali (magari anche visti i diversi colori politici) che le elezioni sarebbero state pilotate, anche visto e considersato che il voto in brasile è elettronico e quindi facilmente pilotabile
    Se fossi brasiliano e vivessi in Brasile di certo voterei Lula, però vorrei farle notare che Lula non è il “vero unto del signore”, colui che tutto può, integerrimo. Anche lui ha i suoi scheletri nell’armadio.

    Lei scrive “Uno dei leader che invece di farsi cambiare dagli eventi, riescono a cambiare il mondo che hanno intorno a loro e a piantare la loro orma nella polvere della storia”, forse esagera un po con l’ottimismo!
    Le rinnovo i complimenti per il suo lavoro e dei suoi colleghi.

  10. Caro Andrea, tutti habnno i loro scheletri nell’armadio. A Lula si era sfasciato il Pt, con lo scandalo che ha coinvolto uno dei suoi più anmtichi compagni di battaglia, il “Dalemiano”, Dirceu e gli altri dirigenti del “bustarellazo”. Io non dico che è un unto del singnore, mi bastano e avanzano quelli che abbiamo in Italia, non li amo. E’ un comune mortale che è riuscito a fare qualcosa nel paese più corroto del mondo (dopo di noi).

  11. Caro Luca,

    Solo per chiederti se, dopo il “è una cretina” appioppato alla presidente di confindustria ci siano state conseguenze visto che non sei stato più ascoltato dalle parti della zanzara.

    Ciao

  12. dalema ha reso pan e focaccia a frattini provocando i teppisti serbi..ora tutta la colpa è del governo e di maroni…ben gli sta

  13. Caro Michele, da allora non sono stato chiamato più sei un buon osservatore di relazioni causali. E non é certo colpa del mio amico giuseppe…. Aspettiamo di uscire dal limbo?

  14. come si chiama la bionda del pd che stava stasera da vespa? proprio brava…ha dato una vera è propria lezione di “tattica militare” dicendo che le bombe vanno sganciate dagli americani perchè i nostri sono incapaci di farlo..”purtroppo”

  15. credevo che il Sud America spettasse a Maurizio Chierici

  16. ieri sera Porro da Floris aveva cambiato atteggiamento : da strafottente da Piroso a agnellino da Floris.l’avvocato gli avrà consigliato di cambiare tattica ?

  17. ok prendiamo atto che Telese è stato scaricato da Radio24.

    Per me non cambia nulla, non sono mai stata entusiasta della sua partecipazione alla Zanzara …che sempre piu’ è diventata Caciara!
    E anche Cruciani… di questo passo con Parenzo…. com’è che dicevano quei due in un vecchissimo spot di Carosello?
    Düra minga, non puo’ durare
    A proposito di Parenzo & Cruciani che si divertono tanto con quella penosa imitazione di Grillo……ma le avranno lette le considerazioni di Renzo Piano nell’intervista a Cazzullo di ieri ?

    saludos
    Francesca (sempre da Varese, postaccio di cravattini e fazzolettini verdi)

    ps. aggiungo che anche l’imitazione di Cacciari ad opera di Parenzo fa cagare!

  18. con ACHILLE SERRA i serbi non avrebbero avuto scampo alcuno..sarebbero stati presi a bastonate sugli spalti davanti a tutti…come è accaduto all’olimpico svariate volte..bisogna reprimere e non “prevenire” sopratutto se la prevenzione deve avvenire con la tessera!

  19. Buongiorno Dottor Telese, mi chiamo Luca Catalano, ho 25 anni e terminati gli studi specialistici in Sviluppo e Cooperazione Internazionale ho vinto il concrso del Ministero degli Esteri per effettuare un periodo di tirocinio presso le rappresentanze diplomatiche italiane all’estero. per questo motivo ho lavorato al Consolato Generale d’Italia di San Paolo. e ancord di piu ho passato l’ultimo anno della mia vita in Brasile a San Paolo e un poco a Buenos Aires. la mia passione maggiore è scrivere per raccontare, analizzare, riflettere. ho scritto parecchio sul Brasile e i destinatari delle mie mail sono stati sempre i mieie amici dell’Universita cui ci lega un rapporto fantastico. cosi che, anche io da lettore del Fatto, ho trovato ieri il suo articolo su Lula e il Brasile. ne preparai uno anche io il 4 ottobre 2009, per rendere l’idea in poci flash ai miei amici di cosa volesse dire portare in quella terra olimpiadi e mondiali. vorrei, se avra la curiosita ed il tempo di leggerlo, mandarglielo qui di seguito. spero possa essere uno spunto maggiore di riflessione. il suo articolo -per me attento studioso e amante del Brasile – lo è stato. Buona giornata “Un’altra storia, dal Brasile.” Apro il giornale. Folha de S.Paolo. Sezione Sport pagina 3. Data Domingo 4 de outubro de 2009. C’è un editoriale. Conto le colonne, 4. Per ogni colonna 20 righe. Tempo di lettura. Pochi minuti. 3 minuti di storia. l’articolo è a firma di Juca Kfouri, editorialista del quotidiano. Il titolo è “Uma chance de ouro” Necessito di due premesse. La Folha di S.Paolo è tra i quotidiani più letti in tutto il Brasile; secondo è un giornale che non ha risparmiato feroci critiche al governo Lula, anche se non ha esitato ad evidenziarne i meriti quando ritenuti validi. Di che parla l’articolo? Del Brasile. Del suo presidente, Lula. Sono tre i punti principali che emergono dalla lettura; eccoli: – La vittoria del Brasile alle Olimpiadi è frutto di un “lavoro brillante”. Lavoro organizzato su 3 livelli. Livello centrale. Brasilia. Presidente Luis Inacio da Silva – Lula – leader del PT (Partido dos Trabalhadores). Livello federale. Governatore dello Stato di Rio do Janeiro Sergio Cabral. PMDB (Partido do Movimento Democratico Brasileiro). Collocabile nello scenario politico brasiliano poco piu a destra del PT. Livello Locale. Sindaco di Rio de Janeiro Eduardo Paes. Anche lui del PMDB. Nella parole pronunciate da Lula nella conferenza stampa del 3 ottobre a Copenaghen il quotidiano pone in risalto queste parole: “queste due persone (Cabral e Paes) sono i responsabili del buon esito del progetto.” Rivolgendosi a Cabral dice: “ io ho solo un altro anno di governo, ma questo ragazzo starà qui per altri sei anni”, sponsorizzandone di fatto la rielezione a governatore dato che il suo mandato andrebbe a concludersi nel 2011. Rivolgendosi a Paes afferma: “questo ragazzo può essere sindaco di nuovo fino al 2016.” Posso chiedermi chi da noi tirerebbe la volata a esponenti politici di partiti competitori? – In secondo luogo – continua il giornalista – “senza ironia alcuna il Brasile mai ha avuto un presidente come Lula”. Nessun governo ha sollevato un numero cosi alto di persone dalla linea della povertà estrema (circa 35 milioni di persone negli ultimi 8 anni sono uscite dalla fascia di povertà estrema secondo i dati del Banco Centrale Brasiliano). Questo è l’elemento politico che sancisce la differenza maggiore tra lui e gli altri presidenti brasiliani. Preoccupato, nel concreto, con gli esclusi, gli emarginati, i poveri, perché Lula fu uno di questi (nel Pernambuco). Gli altri presidenti? “Conoscevano la povertà solo nella teoria” – continua Kfouri. Lula. L’unico presidente tra i quattro (Hatoyama, Zapatero ed Obama) a non parlare per nulla l’inglese. Ecco il presidente che nello spazio di due anni porterà prima i Mondiali di Calcio nel 2014 e poi i Giochi Olimpici nel 2016 in Brasile. Giochi Olimpici che per la prima volta nella storia saranno svolti in un paese sudamericano. Mai nella storia come oggi il Brasile è attore cosi centrale nello scenario internazionale. – Terzo punto. Nella feroce crisi internazionale economica e finanziaria che sta mettendo in dubbio il modello finanziario a base del nostro sistema economico, il Brasile è stato toccato soltanto a livello minimo dalla turbolenza. Dovuto alla struttura economica del paese e alle politiche monetarie pragmatiche che hanno evitato al paese lo tsunami finanziario. Nel periodo 2004-2008 la crescita media del PIL è stata superiore al 5% annuo (dati Banca d’Italia). Eccolo il presidente definito amichevolmente “non preparato” dalle potenze occidentali il giorno della sua prima elezione nel 2003. Nella conferenza stampa del 3 ottobre a Copenaghen, Lula ha affermato: “Gli Stati Uniti devono cominciare a comprendere che non possono vincere sempre tutto”. Benchè i suoi rapporti con Obama siano buoni (non ottimi per questioni militari relativi all’installazione di nuove basi militari USA in Colombia) con certezza, come afferma, ha letto Galeano, Furtado, è in contatto con la CEPAL. Averli “battuti”, almeno per una volta, non può che renderlo orgoglioso. Nel suo pianto a dirotto in mondovisione, dice: “non è poca cosa, per un paese che è sempre stato trattato come paese del terzo mondo, entrare nello scenario internazionale, per rimanerci. Se morissi ora, sarebbe stata valsa la pena di vivere.” Lula ha ancora un’anno di lavoro prima della scadenza della legislatura. In ogni caso, come termina Kfouri, di lavoro da fare c’è ne molto. Per cui, buon lavoro Presidente. Luca Catalano, 4 ottobre, 2009. S.Paolo

  20. Caro Omonimo,
    mi pare – quindi – che tu scriva cose che sono in sintonia con quello che ho detto, nella valutazixone dell’operaot di LUla, o sbaglio?

  21. @ serva di partito

    spettacolare la prima pagina de IL MANIFESTO di oggi!

Lascia un commento


direct loans