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27 Aprile 2011
La casa di vetro

Ieri ero a Belluno, in una incantevole città del profondo nord per una intervista-duello con Maurizio Paniz, l’uomo-simbolo della nuova mutazione del berlusconismo. Facendo questa intervista ho avuto l’ennesima conferma che bisogna andare nei posti per capire le persone, quando sulla porta del suo studio legale lui mi mostrato la palazzina con la mano e mi ha detto: “Vedi, questo è il mio ufficio. Ho iniziato con due stanzette, negli anni settanta. Poi ho comprato tutto il primo piano. Poi anche il secondo. Poi il primo piano del palazzo a fianco. Poi il secondo piano del palazzo a fianco. Quindi il primo piano del palazzo a sinistra”. Allora ho provato a precederlo con una battuta: “…Poi il secondo piano del palazzo a sinistra, e poi sono finiti i palazzi e ti sei dovuto fermare”. Paniz mi ha incenerito con un sorriso dei suoi e ha teso la mano davanti a noi: “No. Poi ho comprato tutto il palazzo di fronte”. Insomma, gratta dietro al berlusconismo e ci trovi sempre dietro il mito, la forza, la determinazione del self made man. Io ho un’idea abbastanza poco di moda: la sinistra potrà tornare a vincere solo quando riuscirà a sostituire le biografie ai curriculum, solo quando riuscirà a provare ad opporre ai paperoni e alle loro storie terribilmente autentiche, dei paperino con delle storie di segno opposto con delle storie altrettanto vere. Penso che l’opposizione, o come si chiama, dovrebbe correre da Katia, la precaria superlaureata e masterizzata licenziata da Italia-lavoro perché incinta, e candidare lei, non le gattine morte tipo la Madia e le segretarie dei ministri e i portaborse dei leader, come Piero Martino.

Ma insomma: ieri sono stato per tutto il giorno calato dentro questo pezzo di nord e dentro i miei ragionamenti. Ho viaggiato per arrivare qui, poi sono precipitato in un corpo a corpo serrato con il mitico Paniz (e la cosa che più mi colpisce è la capacità immane dei berlusconiani dal volto umano di difendere l’indifendibile quando c’è di mezzo Berlusconi) infine sono andato a cena. A sera, collegandomi con l’I-Phone, ho scoperto che avevano superato centocinquanta commenti sulla vicenda Misfatto, i più disparati, che i siti (forse per l’assenza di notizie) ci si sono buttati a palla, e che i lettori si dividevano in giudizi da stadio, considerazioni preoccupate, critiche al sottoscritto, critiche a Travaglio, dibattiti sul “Il Misfatto mi piaceva oppure no”, timori per la tenuta del Fatto, premonizioni di catastrofe epocale, domande del tipo: “Ma adesso te ne vai dal giornale?”.

Così vorrei chiudere questa polemica, provando a pensare che ci aiuti (dentro e fuori dal giornale) a diventare maggiorenni fissando alcuni punti saldi.

1) No, non ho nessuna intenzione di lasciare il mio giornale, il giornale che abbiamo fondato dal nulla, quando tutti ci dicevano che era una impresa impossibile.

2) Se sul mio sito ieri sono affluite quattromila persone di più, solo desiderose di avere notizie su questa vicenda, vuol dire che abbiamo fatto una campagna promozionale al nuovo supplemento di almeno quattromila lettori. Il povero Disegni dovrebbe pagare.

3) No, non penso che il dibattito sia un danno. Non penso che se si scrive che c’è stato un dissenso, finisca il Fatto. Anzi, sono piuttosto convinto del contrario. Sarebbe stato deflagrante se ci fossimo tenuti una ferita di questo tipo dentro. Adesso siamo vaccinati, spero. C’è una brutta abitudine di un pezzo di lettori, che tende ad immaginare i giornali come partiti. Ma i giornali non sono partiti, e non devono mai diventarlo.

4) Se siamo il giornale dei lettori,anche i lettori devono sapere cosa succede dentro il giornale. Dovremmo essere – nei limiti del possibile – una casa di cristallo. Il che non vuol dire che i panni sporchi si lavano in piazza (figuratevi). Ma che sulle vicende sensibili ognuno si prende le sue responsabilità (a partire da chi scrive). Quando ci sono eventi traumatici (evitando i particolari cruenti, come abbiamo fatto in questo caso) se ne parla.

5) Chiunque mi conosce, dentro e fuori la redazione sa che non avevo nessuna voglia di questa pubblicità. Non avevo, e non ne ho, nessun vantaggio. Ho solo fatto quello che ritenevo giusto difendere un principio e dei colleghi che non sono stati trattati bene. Tutto qui: odio l’ingratitudine e la logica del vaso di coccio che si può infrangere per preservare i vasi di ferro.

6) Roberto Corradi dice in una intervista a Libero che “Antonio Padellaro è un ologramma di Marco Travaglio”. Capisco che Roberto sia incazzato, ma non è vero. Antonio ha reso possibile questo giornale perché è l’unico che riesce a gestire le sue diversità, per questo ha ceduto volontariamente delle responsabilità a Travaglio (come quella sui supplementi), e lo ha messo alla prova. Credo che abbia fatto bene a metterlo alla prova: sul Misfatto e Saturno si giudicherà dai risultati (che mi auguro buoni) sul rapporto costi benefici economici e umani.

7) Sì, sono stato e sono in dissenso con Marco Travaglio per il modo in cui ha imposto una operazione brutale, e per certi versi inspiegabile: c’erano mille modi per potenziare il Misfatto senza perdere quello che di buono era stato costruito. Hanno scritto: “Telese contro Travaglio”. E allora? Non c’ nulla di male, niente di strano, è persino fisiologico che possa accadere, su questo come su molte altre cose che ci siano differenze tra me e lui: lui è di destra, io di sinistra, lui ha il cuore tra Di Pietro e Fini, ama i cantanti pop italiani degli anni settanta come Renato Zero, conosce a memoria film come “Amici miei”, si commuove per i procuratori, scriverebbe paginate e paginate sui papelli e su Ciancimino. Io mi commuovo, semmai, per i precari e per gli operai, per gli imprenditori che si inventano un’impresa dal nulla, conosco a memoria film come “La Stangata”, Ciancimino per me non è un personaggio interessante (e nemmeno credibile) mi piace la Bindi che forse lui non ama e stimo Vendola che lui palesemente detesta, amo il rock progressivo e psichedelico (dai Beatles ai Genesis ai Pink Floyd) e il vecchio De Gregori, lui tifa la Juve, io la Juve la odio (Cagliari e Roma, cuore giallo-rosso-blù), lui è un teorico delle linee nette, della distanza antropologica fra bene e male, io sono cresciuto nel culto di Primo Levi, nell’idea che il mondo è raccontato dalla “zona grigia” dove le distanze tra vittime e carnefici e tra buoni cattivi si confondono fino a scomparire. Lui è un giornalista di destra che ha lavorato a sinistra, io sono un giornalista di sinistra che ha lavorato a destra, lui quando avverte la diversità sente odore di zolfo, alza le barricate e prende una pasticca di antibiotico, io penso che quando la linea di demarcazione dei tuoi principi e netta, non ci sia cosa più bella che infilarsi nelle regioni interne dell’altro e provare a capire cosa lo muove davvero. Anzi: questa secondo me è l’essenza del giornalismo, che è una cosa molto diversa dalla politica. La politica deve prima di tutto giudicare e scegliere, il giornalismo deve prima di tutto capire e raccontare.
Marco a volte dice che i giornalisti che lavorano in giornali diversi dai suoi sono tutti “servi”, e io credo e spero che non lo pensi, io sono convinto che (a parte Minzolini e derivati) la categoria della servitù è una categoria sbagliata, che gratifica ma che non spiega. Marco in questo preciso e drammatico momento è convinto che i lettori e (il pubblico che ci segue) abbiano bisogno soprattutto di certezze, io credo che i lettori (e il pubblico che ci segue) abbiano bisogno della certezza che non ci sono certezze, e quando si incazzano per i miei articoli sul blog sostenendo che sono troppo indulgente o corrivo con i “cattivi” sono quasi contento, e penso di aver fatto bene il mio lavoro. Marco da azionista torinese è convinto che il berlusconismo, come il fascismo sia una sorta di cancro che ha aggredito il paese, una malattia infettiva. Io, da comunista italiano berlingueriano e terrone sono convinto che sia (come diceva Gramsci del fascismo) “Una autobiografia della nazione”. Marco a volte ha persino teorizzato il diritto ad odiare l’avversario, o Berlusconi, ma credo che ne sentirebbe una grande nostalgia (ieri ha deto a Francesca Schianci del Secolo XIX: ”Io non sono come lui, sono peggio” e per questa battuta cattivista l’ho amato), io ho una grande simpatia per Berlusconi ma penso che se andasse a casa gioirei per il bene di questo paese. Marco ha sempre prediletto Bocca, io ho sempre preferito Pansa (anche se oggi mi insulta). Marco ha la vocazione del grande killer solitario ed esteta, di quelli da cinema americano: sterilizza con cura i ferri del suo mestiere, insegue il suo bersaglio, e lo lascia sempre con i piedi davanti. A me piacciono i film di Frank Capra, in cui i buoni rischiano di perdersi, ma si salvano perché scoprono di non essere mai soli davanti alla ferocia del mondo.
Marco ha una carisma ipnotico, davvero: se lo becchi su Current alle tre del mattino e sta parlando della cosa su cui tu hai scritto tutto il giorno, resti comunque ad ascoltarlo come se ti stesse raccontando una favola che non hai mai sentito. Marco può parlare sul palco tre ore senza nemmeno prendere un bicchiere d’acqua, Marco è un computer, di Marco sospetto sempre che giri con un database separato dal corpo, ma connesso con il bluetooth, che presumibilmente è nascosto nel suo trolley. Marco ha una capacità di sintesi e di esemplificazione pazzesca. Marco è tutto cerebrale, è una centrale nucleare a fusione fredda. Io, invece, sono tendenzialmente neoromantico. Marco si è scelto uno dei cento Montanelli che sono esistiti e gli ha costruito genialmente un altare intorno. Io penso che Montanelli possa essere Montanelli solo tendendo conto di tutti i Montanelli che è stato (compreso quello fascista e quello “berlusconiano”). Marco ha raccontato la tragedia degli anni ottanta in “Mani pulite”, io ero interessata quella degli anni settanta e ho scritto “Cuori neri”, lui è il più grande esegeta della cronaca, io sono attratto dal passato prossimo.
Io e Marco ci siamo conosciuti in un programma televisivo (L’infedele di Gad Lerner!) dopo un botta e risposta in cui lui mi ha dato del “dipendente di Berlusconi” e io l’ho mandato direttamente affanculo. Un’ora dopo ci stringevamo la mano. Marco secondo me è molto più timido di quanto non sembri, io sono estroverso e invasivo, per questo fino ad oggi siamo andati molto d’accordo: ognuno di noi e quello che l’altro non è, non abbiamo possibili terreni di invadenza. Io lo trovo molto elegante, lui mi prende per culo nella stanzetta dei caporedattori del Fatto perché dice che sono sovrappeso (è vero: io sono della scuola Oscar Wilde: “Tutto quello che ci piace è illegale, immorale o fa ingrassare”. Lui forse Oscar Wilde l’avrebbe fatto arrestare).
Tutto questo per dire che c’è un grandissimo bisogno delle sue certezze (molto meno dei suoi gusti musicali) ma quando pensa di essere la reincarnazione di una divinità egizia, con i suoi sorcini e le sue sorcine è bene che qualcuno gli dica: “A Marco, ma ‘ndo cazzo vai?”. In una casa di cristallo, in cui non ci possono essere verità nascoste, tutto ciò aiuta.

Luca Telese

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159 commenti »

  1. Oddio, ora ho scritto anche ipercorrettissimo invece di ipercorrettismo. Non mi resta che tacere o trovare un correttore di bozze!
    Scherzo, ciao!

  2. Con la scusa di chiudere la polemica, da te partita, infili questa letterina maliziosa. In sintesi, Marco Travaglio sarebbe una persona intransigente, rigida e con tic caratteriali . Quindi, non avrebbe fatto come te: anni e anni a scrivere liberamente in quel cenacolo di professionisti delle calunnie de IL GIORNALE.
    Morale della favola: potevi risparmiarti questo attacco a Travaglio.

  3. EN-CHAN-TE’
    Luca, GRAZIE per avermi spiegato cosa è la destra e cosa è la sinistra.
    Luca, GRAZIE per offrirmi gratis sul tuo blog la prosa ricca e colta del tuo scrivere.
    Luca, GRAZIE per amare le differenze e diffidare (non sempre) delle certezze.
    Rileggerò il pezzo numero 7, due, tre o dieci volte ancora.
    Ti saluto e ti ricordo che sono sempre quello a cui hai telefonato (ancora dal Giornale) una mattina del Giugno 2009, per dare consigli sul giornalismo.
    Ero, ovviamente, anche tra il pubblico a Perugia.
    A presto,

  4. Per me la semplice verità è una: se il Misfatto faceva schifo (oppure, se devo essere più delicato, era un prodotto migliorabile) al di là del successo di vendite (successo? lo dite voi. Ok, 10 mila copie in più – e sempre lo dite voi, perché Poidomani ha ridimensionato la cosa. Ma se l’obiettivo iniziale fossero state VENTImila? Era l’unico inserto cartaceo di satira, concorrenza zero, e voi mi fate solo 10 mila copie in più? andiamo, ragazzi…) era giusto e legittimo che i capi decidessero di cambiarne i vertici, dare una sterzata, rimuovere chi lo dirigeva e chi lo coordinava. Punto. Non do il mio giudizio sul Misfatto, che ho letto poche volte (ma questo forse farà capire che non ho sentito la impellente necessità di possederne ogni numero).
    Trovo che questa lamentazione partita da te e da Corradi si sia gonfiata, per colpa vostra, perché non ho letto, poi non so, contributi in giro di Stefano Disegni, fino ad avere pochissimo senso. Poteva essere un valido confronto di idee diverse, un confronto sportivo, che ci sta tutto, ma alla fine, per i toni che avete assunto man mano è diventato una pagliacciata.
    Ovviamente sembrate rosiconi (checché ne diciate nell’editoriale che nelle vostre intenzioni doveva essere velenosissimo), ovviamente sembrate i perdenti che non si rassegnano, ovviamente tutto quello che dite sembra ormai frutto di manie persecutorie. L’intervista che citi in cui l’ “incazzato” Corradi insulta Padellaro, è un chiaro esempio di uomo che ha perso completamente la testa dopo essere stato licenziato (voglio sperare per lui che avesse un minimo di lucidità prima). Una cosa tenera, certo, ma forse un po’ patetica e certamente non dignitosa. Se invece di frignare istericamente ovunque avesse espresso le sue perplessità con civiltà e con misura, ora le sue rimostranze meriterebbero un po’ di rispetto. E lui un po’ di solidarietà per la sua sventura. Invece ha esagerato, e ha cominciato una crociata contro Travaglio che non può sostenere. Ma poi, rivendicare di aver inventato una mostruosità come AL TAPPONE, degna del peggiore Bagaglino con la meningite. Ma è una roba da andare a seppellirsi (d’altronde Travaglio, che l’avrebbe rubata, certe volte ha dei gusti orridi), e Corradi ne va pure fiero! E Il Misfatto stava in mano a uno così? Ma meno male che è stato spazzato via, a questo punto mi viene da dire. E poi, dice che gli hanno fatto tutto di nascosto: ma dove pensava di arrivare, come pensava che sarebbero finite le cose, se il vicedirettore del suo giornale non solo non apprezzava il suo lavoro, ma non lo guardava nemmeno in faccia? sarebbe stato chiaro a chiunque che la logica conclusione della faccenda sarebbe stata l’esonero. Però, ripeto, si poteva evitare di finire a piagnucolare su ‘Libero’ a detrimento del Fatto Quotidiano. COmplimenti, ben fatto.

  5. Corradi si è comportato in maniera degnissima secondo me.
    Non so che film hai visto Osiride.
    Alla fine si è solo limitato a scrivere una nota sul blog e un’articolo di commiato sul Misfatto. Per dire… Travaglio è quello che scrive la letterina aperta a Santoro, perchè lo attaccano in trasmissione e Santoro non lo difende abbastanza…
    In questo caso… lui si che si è comportato in maniera scorretta con Corradi!
    Vorrei vedere a te se il tuo capo ti caccia perchè pur avendo fatto bene, non hai fatto meglio!

    PS.
    Poidomani non ha ridimensionato il valore del Misfatto, ha ridimensionato la cifra che sarà a disposizione di Disegni, che è ben diverso.
    Non so che senso hai delle proporzioni… ma 10.000 copie su 100.000 sono il 10%! Per capirci: all’inizio quando al Fatto sono arrivati a 10.000 abbonamenti preventivi, già festeggiavano…

  6. Caspita, mi devono trapiantare gli occhi dopo l’attenta lettura di tutti i mille post prodotti dal popolo del web. Ok Telese, quest’articolo vince. Apprezzo come hai affrontato l’argomento del Misfatto e come hai tenuto a bada la comprensibile stizza – cosa che Corradi non è riuscito a fare…..ma è più giovane. Sono d’accordo con te; il Fatto è il giornale dei lettori e se davvero si vuol seguire questa linea i lettori hanno il diritto di sapere. Sono abbonata, mi sento parte del Fatto……forse perché molti giornalisti sono della mia generazione, forse perché prima di voi avevo smesso di leggere i quotidiani. Quando ho letto “Annunciazione” mi sono sentita mancare……la prima volta non ho capito un cazzo, l’ho riletto ho capito ancora meno. Alla terza volta i sospetti mi attanagliavano. Così ho cercato uno spiraglio informativo sul web e ho trovato solo il tuo intervento (e gli inutili articoli de “Il Giornale” e “Libero”). Ho atteso una risposta dal direttore e dal vice……solo un corsivo anonimo nella pagina delle lettere. Sottolineo che per ora staziono all’estero ed è ancora più frustrante non ricevere notizie.

    Poi ho trovato questa tua risposta. E il ritratto che fai di Travaglio è molto interessante. Perché di lui si leggono solo o articoli osannanti o tirate al veleno. Ma un dipinto così sfumato e “grigio” non l’avevo ancora trovato. Certo, Travaglio affascina proprio per questo suo fare d’asceta, questa sua aura super-umana (davvero è oltre l’umano con la memoria che si ritrova), questa sua capacità di creare certezze e con esse sbeffeggiare l’avversario. Personalmente lo apprezzo anche perché non esita a definirsi di “destra” ma non per questo è vittima dell’isolamento intellettuale tipico della categoria. Ma sbaglia a volte e, considerata l’altezza a cui si pone, (e a cui lo poniamo noi stessi) i suoi errori ci sembrano giganteschi. Il Fatto è una meravigliosa ratatouille di persone dagli orientamenti politici più disparati…….non penso sia semplice concertarli tutti. Le idee che sposiamo condizionano i nostri comportamenti e difficile è far combaciare individualismo e comunitarismo. Tuttavia io da lettrice spesso non me ne rendo conto e certe “virate” improvvise mi spaventano.

    Si, i lettori del Fatto sono impulsivi. Si, io prima di tutti. Posso perdonare a Travaglio i gusti musicali (glab, spero almeno che conosca i Led Zeppelin……sono anche disposta a fargli un CD)……ma questo silenzio me lo ricorderò.

  7. Gabibbone Telese, hai letto il pezzo di oggi del “babbione” Disegni?
    Sembra proprio che il Trava, amico e vicedirettore tuo, vi stesse facendo le scarpe da tempo.
    Niente da dire?

    Ciao palla di lardo

    p.s. ocio alla Costamagna, mi sa che il vostro sodalizio non andrà “in onda” ancora a lungo

  8. Clap, clap, clap! Grande Telese! (e viva il prog rock!) ;)

  9. When I don’t have an proposal to weblog, I cleanup my folders in my PC and do defragmentation in my machine…

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