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30 Marzo 2011
Una storia incredibile

“Il potere è sempre potere sul corpo. C’è un filo invisibile che unisce il Pasolini di Salò e il desiderio di possesso dei corpi di Berlusconi. Non so se Berlusconi abbia letto Foucault. Forse glielo ha raccontato Bondi….”. Ascanio Celestini abita nella Capitale, ma fuori dal raccordo anulare. Ci diamo apputamento davanti al teatro Brancaccio, lui arriva in metro. Dovremmo fare una intervista che parla del suo nuovo libro, ma sconfiniamo subito in mille direzioni. Finiamo a discutere di antropologia, di Pasolini, di aborigeni, di stistemi concentrazionari, di linguaggi e sottotesti, di come cambia la comicità nel tempo di Silvio Berlusconi. Ascanio è il più grande monologhista italiano emerso negli ultimi dieci anni, è uno dei pochi in Italia che può tenere inchiodato il pubblico per tre ore raccontando le storie della nonna, l’unico che può costruire una scenografia teatrale con una sola lampadina, Ascanio è figlio delle periferie romane, del teatro itinerante, dei grandi raccontatori di una volta, e continua a replicare gli spettacoli  anche per dieci anni. Intanto ne sta preparando uno nuovo, su di un ladro di galline che in carcere diventa terrorista leggendo Mazzini…. Ovvero con il modo più anticonformista che si possa immaginare per celebrare l’unità d’Italia.
Ascanio, “Io cammino in fila indiana” è il più politico dei libri che hai pubblicato…
No. O meglio sì. Oppure, diciamo così: io quando scrivo non ho mai in mente una intenzione politica, non è il mio mestiere.
E cosa hai in mente.
Un congegno. Un meccanismo narrativo. Un ingranaggio a tempo che in un pugno di minuti produce un effetto narrativo.
Il libro parte dai monologhi che ha interpretato per il programma di Serena Dandini, ma pare che siano nati per finire sulla pagina.
In realtà sono tutti prodotto della scrittura. Qualcuno l’ho scritto su un tovagliolo, qualcun altro mentre viaggiavo, qualcuno di corsa, qualcuno ragionandoci, ma partono tutti dalla carta, e poi devono essere compressi nei tempi della televisione.
Quindi quando tornano nel libro respirano.
Io non ho mai scritto un libro per venderlo. Non chiedo mai all’editore nemmeno quante copie ho venduto. Io scrivo perché mi fa piacere che le cose restino.
Come mai continui a replicare spettacoli di dieci anni fa?
Ti rispondo al contrario, con una battuta che mi ha fatto un mio amico pittore: ‘Tu hai una fortuna pazzesca. Io quando vendo il quadro ho perso l’opera per sempre. Tu ogni sera la vendi, ma te la riporti a casa senza rubare nulla a nessuno’”.
Geniale.
E’ il miracolo del teatro.
Tu hai la malattia del racconto.
E’ vero. E ti faccio un esempio. Oggi ero a Sat 2000, per partecipare a un programma. Nello studio ho incontrato la madre di un ragazzo morto sul lavoro in un a industria chimica….
Una storia triste.
Sì, ma voglio farti capire la differenza tra me e un giornalista. Un giornalista ci potrebbe raccontare che c’è stato un processo, e che questo processo si è concluso con un patteggiamento. Quindi, se cerchi una notizia, questa storia non esiste.
E invece?
E invece questa madre mi ha raccontato che il ragazzo aveva appena iniziato a lavorare. E che era stato assunto da così pochi giorni che non aveva ancora fatto in tempo a prendere il primo stipendio. Per motivi che nessuno sa è rimasto solo in fabbrica, è rimasto intossicato, e dopo quattro giorni di agonia è morto.
Una storia incredibile.
Ecco, la madre mi ha detto che era andata a processo non per cercare vendette o risarcimenti. Ma per un unico motivo. Sapere come era morto suo figlio. Il patteggiamento le ha tolto questo diritto.
Vuoi dire che la storia era più importante della pensa.
Esatto. E questa morte senza finale, che è un po’ un mistero è così forte, per me, che mi viene subito in mente che potrei farci uno spettacolo. La madre dice: ‘Voglio seppellirlo con tutta la sua storia’. Che poi è quello che vogliono tutte le vittime. Sai cosa è successo in Ruanda?
Dopo la guerra civile?
Non potevano fare centomila processi. In Ruanda erano tutti colpevoli o vittime. Ed erano tutti vittime di una guerra inventata dagli antropologi francesi, che avevano immaginato due diverse razze. 
L’odio partorito da una storia.
Ecco, finita la guerra, gli antropologi francesi di oggi hanno re-inventato un rito, la Gachaka, in cui tutte le colline del paese delle mille colline discutono di quello che è successo. Il racconto è l’ultima forma di catarsi che è rimasta a questa società.
Con “Pecora nera”. Sei riuscito a fare un film di successo, applaudito a Venezia, parlando di manicomi.
Ricordo che il produttore mi disse: un film si può fare se riesci a riassumerlo in una didascalia.
E la tua quale era?
Semplice: questo è un film sui matti.
E te lo ha prodotto? Hai avuto fortuna.
Che tipo di storia è il berlusconismo, visto dal tuo palcoscenico?
Una storia incredibile. Berlusconi si è appropriato del nostro linguaggio, della lingua dello spettacolo. E questo è molto pericoloso.
 In che senso?
Facciamo un esempio. Se un attore su un palco  intepreta un personaggio che dice: “Scendiamo in piazza e bruciamo i froci”, la mia violenza è chiara, ma nessuno viene in mente di farlo.
Invece se lo dice un politico.
Se lo dice un politico, che poi magari è anche un grande leader, che poi magari è anche al governo, questa violenza non è chiara. E ciò che io dico produce un pensiero violento dentro di te.
Fammi un esempio.
Quello di monsignor Bagnasco si può fare?
Il Misfatto è miscrecedente.
Bene, pochi mesi fa, gli articoli sulle sue dichiarazioni erano titolati così: “gli omosessuali sono pedofili”.
Ma Bagnasco non era arrivato a dire questo.
Peggio. Aveva detto una complicata frase che era pensata per stabilire una equazione, che suonava così: “Se accettiamo una serie di compromessi accettando le richieste degli omosessuali, a partire dalle unioni civili, finiremo per accettare anche la pedofilia. Capisci?
Vuoi dire che la frase tortuosa era costruita apposta per produrre il titolo semplificato.
Esatto. In questi tempi l’indeterminata ambigua del linguaggio è pensata per trasmettere la semplificazione violenta del titolo, cioè del messaggio.
E tu pensi anche a Berlusconi.
Berlusconi in questo è maestro. Lui dice una frase del tipo: “E’ meglio correre dietro alle belle donne che essere omosessuali”. E io sono convinto che se potessimo fotografare tutti gli effetti che quella frase produce, scopriremmo che è la frase che sdogana anche l’accoltellatore. Qui l’ambiguità è ancora più forte. E’ una ambiguità sorridente, che cerca la risata, che da di gomito, ma che dentro di se possiede tutta la violenza che abbiamo detto.
Fammi un altro esempio.
Una frase apparentemente innocente, ma che mi ha colpito molto. Berlusconi va da una convention di giovani del Pdl e dice. “Ma che belle facce di ragazze e di ragazzi, che vedo. Mentre quelli di sinistra, la mattina, quando si guardano allo specchio, si rovinano la giornata”.
Sembra una frase senza senso.
A te, a noi sembra una frase sconclusionata. Ma a quel pubblico vuole dare questo messaggio: noi siamo i belli e i buoni, loro sono brutti, anche antropologicamente. Sono brutti perché diversi.
E’questa la modernità che ti spaventa?
No, mi spaventa, ovviamente, ma è un meccanismo antichissimo. Berlusconi agisce e si comporta come un re taumaturgo, come un sovrano medievale. Il potere del sovrano, ci spiegavano i medievalisti, in una civiltà senza regole, doveva essere visibile. E per essere visibile doveva operare sui corpi, modificarli.
Fammi un esempio.
Tutti pensano che Berlusconi insegua le vergini o cerchi di affermare il possesso sessuale perché è un maniaco. Io lo prendo molto più sul seri. Lo Ius primae noctis veniva affermato anche dai sovrani impotenti perché era la forma simbolica più forte di possesso. Il possesso della carne, della giovinezza, del desiderio e dell’innocenza insieme.
Viene in mente il Pasolini di Salò.
L'ho rivisto poco tempo fa, a pezzi perchè ci vuole uno stomaco terrifcante. E quel film è è esattamente questo: il potere, sempre, è prima di tutto il potere sul corpo. Anche la prigione, è questo, anche se non credo che Berlusconi abbia letto Foucault. Ma magari glielo ha raccontato Bondi. 
Tu spesso parti dal passato per il tuo racconto.
Mi dai la possiblità di chiarire un grande equivoco. Io ho scritto radio clandestina perché volevo parlare del presente. Dopodichè qualcuno mi ha detto che era uno spettacolo che spiegava: quanto eravamo cattivi prima, quanto siamo buoni oggi.
 Esattamente il contrario.
Già. In questo tempo la prima cosa che si manipola è la memoria.
In realtà io volevo raccontare l’opposto: siamo stati così feroci allora, e potremmo essere ancora più feroci oggi.
 Cos’è per te la memoria, allora?
Ti faccio l’esempio delle chiavi: Io mi ricordo di dove sono le chiavi perché devo usarle per aprire una porta ed entrare in un posto. I fanatici della memoria tranquillizzante, invece, è come se dicessero: come mi piacerebbe trovare quelle vecchie chiavi per ricordarmi di quanto era bela la casa in cui entravo da bambino.
Stai provando uno spettacolo sula Republbica romana del 1849, anche tu celebri i 150 anni dell’Unità?
Sono rimasto affascinato da una serie di storie. Ad esempio che i repubblicani erano tutti ragazzi. E poi che Mazzini ordinò a Garibaldi di non combattere fuori, perché la repubblica doveva scrivere la Costituzione. Anzi: lo scopo della Republbica era scrivere la Costituzione.
E poi?
I primi 300 prigionieri francesi non furono imprigionati. Furono portati su una piazza processati, rifocillati e liberati: perché quella repubblica, diceva Mazzini, doveva essere senza prigionieri e senza processi.
Ti piace perché è una storia di anarchici sovversivi, come te, che usano le parole per cambiare le regole del loro tempo
Senti, malgrado quello che scrivono i libri, Mazzini è un terrorista che muore in clandestinità. E quindi mi piace far raccontare questa storia ad un ladro che entra in cella per un furtarello, e che diventa terrorista leggendo i testi di Mazzini, perché sono gli unici che la direzione del carcere gli autorizza.
Stupendo. E come potremmo chiuderla questa intervista così pazza?
Con una frase dei patrioti repubblicani che il prigioniero, convinto di parlare con Garibaldi, in cella, gli ripete: “Siamo stati tanti, o tantissimi, pochi, o pochissimi. Ma mai soli”.  Se ci pensi è belissima, non trovi?   
 
Luca
 

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14 commenti »

  1. Gran bell’articolo! più passa il tempo e più mi piace come scrivi, di cosa scrivi e chi intervisti. Complimenti. Anche se fai un po’ il competitivo in tv con la tua collega,

  2. LUCA : affinchè non sfugga : assunta dal 10 marzo dal ministro LA RUSSA per gli eventi la signora Hoara Borselli ( mi pare ) attrice… alla faccia dei laureati e disoccupati

  3. Che bello poter ancora leggere sentendosi tra amici al bar: uno fà le domande, l’altro che già se le é fatte ed il terzo che cerca di stare dietro ad entrambi ancora con crescente entusiamo della rivelazione!!!
    Grazie a tutti e due.
    antonio

  4. Finalmente un personaggio degno di essere intervistato!

  5. poco serio anche nel suicidio quello che rideva del terremoto

  6. Luca non ho trovato commenti sul Fatto : Zaia ha mandato a tutti i presidi delle scuole venete la Bibbia per contrastare la laicità… ha chiesto a noi contribuenti veneti se eravamo d’accordo ?

  7. @margherita . Cosa volevi un referundum ? hahahaha E poi a chi deve chiedere a Zaia ? a quelli come te che non lo hanno neanche votato ? Per cortesia basta !

  8. A proposito di belle interviste,ieri sera ho apprezzato la Gruber che ha invitato ad Otto e mezzo lo psichiatra Andreoli,il quale ha fatto una lectio magistralis sul Potere.Secondo me è stata una interessantissima puntata. Sempre più avverto il bisogno di ascoltare persone serie.

  9. però cilios lo psichiatra Andreoli di Verona andava accompagnato da un altro invitato. lui da solo a sponsorizzare il suo libro no non va bene e poi che gaffe dire alla Gruber che oggi le donne comprano la bellezza rifacendosi i lineamenti… xenofobo : trattandosi di un gesto religioso se permetti io dissento non credo sia compito del presidente di un’intera regione catechizzare gli studenti vero LUCA ?

  10. vabbe hai ragione . Che Zaia amministri anziche pensare alla bibbia

  11. La Costamagna dovrebbe limarsi i dentini da coniglio che la rendono particolarmente carognetta,

  12. Luisella : bellissima e se poi lasciasse parlare telese….

  13. Longo Ghedini Galan la senatrice Casellati Giustina Destro tutti di Padova… che strano

  14. Luca sei straordinario! riesci a scrivere articoli su persone e fatti a cui nessuno pensa con brio e vivacità. Per non parlare del Misfatto.Oggi “Gnazio” mefistofelico era fantastico. Mi viene da ridere quando con Celestini vi chiedete:”ma B. conosce Foucault”?. Da uno che a Lampedusa ha detto di aver comprato una villa di fronte alla Francia – si deve ascoltare bene l’audio,la prima volta mi era sfuggito,poi con mia figlia ce ne siamo rese conto – ( invece di dire il nome della insenatura,Cala francese) ,vi sentireste rispondere :”è un’isola? la compro”. ciao,antonietta.

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