Luca Telese

Il sito web ufficiale del giornalista Luca Telese

Giornalista, autore e conduttore televisivo e radiofonico

Dal Giornale al Fatto

LA STORIA DEL “CONO D’OMBRA” E DEL GIORNALISTA DI SINISTRA IN UN GIORNALE DI DESTRA, OVVERO: ECCO PERCHÉ ME NE VADO A “IL FATTO”, NELLA SPERANZA CHE NASCA UN GIORNALE CHE NON HA PADRINI, NON HA AUTOCENSURE, NON È METTINCULISTA NÈ LECCACULISTA, INSOMMA, TENDENZIALMENTE LIBERO.

 di LUCA TELESE

Dunque succede questo: te ne stai al mare, spaparanzato in un giardino di Fregene e improvvisamente inizia a trillare il telefonino. Chiamate e messaggini a raffica: “Ma che fai?”. Dall’altra parte qualcuno con il computer acceso ti dice: “Oh, Dago deve essere impazzito! Dice che – Bum! – passi dal Giornale al Fatto. Possibile?”. Dago, ovvero Dagospia. Non so come gli sia arrivata la notizia, e da chi. Ma non è  impazzito, è vero. Dopo dieci anni passo dal Giornale al Fatto, non per fare un salto mortale, ma per il piacere di un gesto atletico.
Ci vado dopo dieci anni trascorsi a scrivere una posizione di certo particolare, per alcuni addirittura “sospetta” (l’eterna sindrome dell’infiltrato), quella del “giornalista di sinistra” che lavora in un quotidiano di centrodestra. Per anni, negli incontri pubblici, ogni due per tre si alzava qualcuno e mi faceva: “Non ti senti una foglia di fico?”. Rispondevo: “Non posso esserlo, perché sono diventato noto al Giornale, prima non lo ero”. Oppure mi dicevano: “Ma come? Sei di sinistra e lavori al Giornale?”. Per anni, fino a ieri, rispondevo la verità. Raccontando che non c’era calcolo, studio o premeditazione. Le cose erano andate così. Ero precario al Corriere della Sera, un giorno avevo ricevuto la chiamata di Maurizio Belpietro  che – come raccontava lui stesso – mi aveva detto: “Mi parlano bene di te, mi piacciono le cose che scrivi, vuoi venire a lavorare per noi?”. Gli avevo risposto: “Guarda che io sono di sinistra”. E lui: “Non me ne frega nulla. Persone di destra al Giornale ce n’è tante, ma i giornali non sono partiti, scriverai quel che vorrai, non ti verrà toccata una riga. Mi interessa avere un occhio diverso sulla vicenda politica che dobbiamo raccontare”.
Quella regola di ingaggio, come spiegavo agli increduli, è stata rispettata, sempre. E’ vero che i giornali non sono caserme, è vero che vivono anche di polarità e diversità, ma confesso che io non avrei mai immaginato di trovare in un quotidiano di centrodestra tante teste diverse, tante radici culturali, tante opinioni opposte: radicali, socialisti, comunisti (convertiti e non), diessini, liberali, persino ex maoisti anche qualche montanelliano superstite. Posso dire – credeteci o no – che il rapporto bellissimo con questi colleghi mi ha vaccinato da due difetti fatali di molta sinistra insopportabilmente chic: il doppiopesismo per cui se lo fanno loro va bene se lo fa un altro no, e la presunzione stolta e assurda di essere sempre e comunque nel giusto. Quando nella nostra redazione romana esplodevano discussioni sulla politica che in alcuni casi sfioravano la rissa (ma sempre molto libere e senza rete) mi chiedevo: “Esiste un’altra redazione così meticcia, nella stampa italiana?”. Ancora oggi penso di no. E credo che passeranno anni perché in un giornale progressista come La Repubblica sia assunto chessò, un giornalista dichiaratamente di destra come Pietrangelo Buttafuoco.
Detto ciò, siccome non siamo nemmeno fatine, questo equilibrio curioso, si reggeva su alcune condizioni. La prima: io mi occupavo di cronaca e ritratti e interviste, ma non potevo (e nemmeno volevo) scrivere opinioni o editoriali, appaltati – per ovvi motivi – a persone più intonate alla linea del giornale. Secondo: i titoli li facevano a Milano (talvolta sostenendo l’opposto di quello che avevi scritto!). Terzo: in tutti questi anni mi sono state garantite due libertà preziose. Quella di poter esprimere qualsiasi opinione, anche molto critica con il Cavaliere (quante lettere di protesta di poveri lettori, quando mi capitava di intervenire a Omnibus o su Sky!). E poi la libertà di rifiutare di scrivere articoli di cui non condividevo lo spirito (poter dire “no”, è un privilegio raro, di questi tempi). Viceversa mi è successo anche di scrivere cose che cozzavano con il senso comune del centrodestra, ad esempio quando dopo la trucidata di Scajola su Biagi (“Quel rompicoglioni…”) pubblicai un ritratto al vetriolo del nostro (per fortuna ex) ministro dell’interno. Quando qualcuno mi chiedeva come potevo dire pubblicamente quel che penso di Berlusconi e scrivere al Giornale, ancora una volta rispondevo la verità:  mi sono sempre occupato di sinistra o di An, le pochissime volte in cui ho scritto del Cavaliere, l’ho fatto ho in modo anglosassone, cercando di attenermi alla cronaca. Capitava anche il contrario. Che se tu facendo il mestiere di giornalista chiedi alla Carfagna se abbia gli occhi a fanale perché usa coca, la gente magari pensi: “E’ chiaro che i due erano d’accordo…” (figurati). In ogni caso il “cono d’ombra”, ovvero quello di cui non puoi scrivere liberamente perché al tuo editore dispiace, esiste in tutti i giornali. Prova a La Repubblica a sbeffeggiare il diessino di turno (o Rutelli), prova alla Stampa a parlare male della Fiat, prova al Giornale a farti beffe del Cavaliere, al Messaggero di irridere i palazzinari. Chi non fa il giornalista non sa che, siccome il giornale è un mestiere corale, l’eventuale obiettore di coscienza che volesse dare, sul Secolo d’Italia, del citrullo a Fini, anche volendolo, non arriva in pagina. A mia memoria, solo Marco Travaglio, con la sua forza, è riuscito a scrivere una volta su L’Unità di Soru che Soru un po’ pirla lo è. Lo ha potuto fare perché era bravo, coraggioso, ma anche perché è quello che io non ero, ovvero un opinionista a statuto speciale.
Adesso però accade, una cosa diversa. In modo quasi epico, sorretto solo da un fiume di abbonamenti di persone normali, nasce un giornale – Il Fatto –  che non ha editori. Il che è un punto di debolezza, ma anche di forza. E’ un giornale, forse il primo in Italia, senza il cono d’ombra. Senza vincoli di censura potenziale. Un  giornale in cui si può scrivere bene o male di tutto e tutti, sia di Berlusconi che di Franceschini sia della Fiat che delle banche. In cui si può non essere né leccaculisti né mettinculisti per partito preso. Sarà in giornale elegante ma spartano, una navicella corsara e non una corazzata, ma vi immaginate che spasso se prende il largo? Ho deciso dopo aver visto il nostro premier che insultava Valeria Ferrante, una brava ed educatissima giornalista del Tg3 colpevole di avergli fatto una domanda. Nessuno dei colleghi presenti se l’è sentita di difenderla per questa piazzata cafona. I quattro titoli del tg che aveva provocato l’ira del premier erano così aggressivi che avrebbero potuto stare non sul Male, ma sul Televideo. Nell’anno in cui Papi ragiona con i corpi cavernosi più che con la testa, in cui ha cacciato Mentana (ma persino Mario Giordano!) e deciso che doveva piazzare un ex resocontista di Corte anche alla direzione del 1240, provare a salire su questa navicella è una bella scommessa. E’ vero: non ci si arricchisce, non ci sono paracadute. Ma sai che soddisfazione se l’impresa riesce? Dice il vecchio Walt (Whitman): “C’è che il grande spettacolo del mondo continua/ e tu puoi contribuire con un verso”.

luca@lucatelese.it


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113 risposte a “Dal Giornale al Fatto”

  1. Avatar boris
    boris

    Caro Luca, ti devo doppi complimenti. Se è vero, come dice Dagospia, che vai al Fatto, mostri il solito coraggio e non vedrò l’ora di leggerti.
    E poi per Qualcuno era comunista. Bellissimo. Ci dovremmo fare un documentario.
    Ti abbraccio, con stima
    Boris

  2. Avatar l'emi
    l’emi

    in bocca al lupo, là fuori dal cono, dalla spelonca, occhio ai Mammut

  3. Avatar bruce

    Ero qui ad aspettare questa notizia.

  4. Avatar Aldo
    Aldo

    Se ne sentiva il bisogno. Bravo.

  5. Avatar Marco Lattanzio

    Pur essendo militante di AN (e poi Pdl) ti ho sempre stimato come giornalista.
    Il giornalista finchè scrive con equilibrio di trasparenza e personalità verrà sempre gradito a prescindere dai colori politici.

    Buona fortuna!

  6. Avatar Tirreno Bianchi
    Tirreno Bianchi

    Carissimo Luca,coraggio e professionalità sono doti preziose.
    Dai lavoratori del Porto di Genova solidarietà,un grande in bocca al lupo e soprattutto..ti aspettiamo sulle nostre “rotterosse”!!
    un abbraccio,
    Tirreno

  7. Avatar Guido Iodice

    Luca, complimenti. Se prima ti stimavo (oltre a volerti un gran bene), adesso di più.
    Un grande abbraccio e in bocca al lupo.

  8. Avatar stefano
    stefano

    In bocca al lupo per la nuova avventura. Fare bene il proprio mestiere mi sembra l’unico antidoto serio all’intossicazione dei cervelli cui siamo sottoposti.

  9. Avatar raffaele
    raffaele

    ciao Luca, in bocca al lupo e complimenti!

  10. Avatar Aldo
    Aldo

    E la prossima volta che Vespa ti dirà “Imparate il mestiere”, potrai rispondergli “Quale mestiere, Brù? Il tuo?”

  11. Avatar Laura
    Laura

    Anch’io, se già ti stimavo, ancora di più.
    Siamo avviliti, abbiamo bisogno di aria pulita.
    Buona fortuna.
    Laura

  12. Avatar Luca
    Luca

    Ho letto la tua dichiarazione e vorrei permettermi una precisazione:
    Il Fatto non sarà il primo giornale italiano senza editore!
    Il Manifesto è costituito in forma cooperativa, il direttore è eletto, e i proprietari sono parte dello stesso parco giornalistico del quotidiano. Pur essendo un quotidiano schierato (come del resto lo sono tutti) ti chiedo di riconoscere che la loro partigianeria è solo frutto di idee degli uomini che scrivono ogni giorno su quel giornale senza condizionamenti dell’editore.
    In bocca al lupo per la nuova esperienza.

  13. Avatar paolo
    paolo

    Con Padellaro, visti i suoi scritti e le sue posizioni staliniste, la vedo dura la “libertà”.
    Finirà presto questa storiella.

  14. Avatar Giuseppe
    Giuseppe

    Complimenti,
    hai scritto cose molto belle e fatto una scelta “difficile” ma coerente. Ti seguirò perchè abbiamo bisogno di persone come te.

    Auguri Giuseppe

  15. Avatar ANTONIO PADALINO
    ANTONIO PADALINO

    CHE GIORNO DI FELICITA’, CHE GODURIA. GRAZIE LUCA, BUONA FORTUNA A TE E A TUTTI COLLEGHI DEL “FATTO”.

    ANTONIO PADALINO

    (GIORNALISTA DEL “PANORAMA” DI LAMBERTO SECHI, CARLO ROGNONI, CLAUDIO RINALDI, ANDREA MONTI)

  16. Avatar Alessandro Gennari

    caro Luca, bella boccata di ossigeno per tutti noi: complimenti per la scelta-
    Ps. un consiglio: il “giornale senza editore”: porta male. “La voce” si chiamava così.
    Che “Il fatto” sia una macchina da soldi.
    Altrimenti dovrà chiederli a qualcuno – e saranno i soliti guai.
    In bocca al lupo

  17. Avatar emilio

    grande Luca, mi associo a Boris. Te li ho già fatti a voce e te li ripeto qui, i complimenti per questa scelta coraggiosa e intrigantissima. Sarò tra i primi abbonati a questo punto.
    Un grande in bocca al lupo, ci sentiamo presto.

    Emilio

  18. Avatar Rita di GIovacchino
    Rita di GIovacchino

    Ciao Luca, congratulazioni. Mi ha raggiunto la notizia del tuo approdo al Fatto mentre sono qui in via del Tritone in attesa di essere sbattuta fuori mentre infuriano mail roventi pro e contro il Cdr che non ha firmato l’accordo sui prepensionamenti. E’ una bellissima avventura partecipare alla nascita di un giornale, a me è capitato tanti anni fa con Repubblica. Io spero di poterti raggiungere sia pure in veste di semplice collaboratrice, anche se prima di tornare alla carica con Padellaro devo chiudere la partita con il Messaggero spero prima possibile.
    In bocca al lupo e un abbraccio.
    Rita Di Giovacchino

  19. Avatar alessandro
    alessandro

    lo speravo tantissimo te lo avevo chiesto in tempi non sospetti e ora l’hai fatto.sai che coppia con Marco.Io credo che non te ne pentirai e poi finalmente non ti faranno piu la fatidica domanda Ma come un comunista in giornale di destra per lo piu’ di Al tappone.In bocca al lupo .GRAZIE

  20. Avatar gianni rossi
    gianni rossi

    “Congratulazioni Luca per la tua scelta/sfida

  21. Avatar Cinzia Pellegrini
    Cinzia Pellegrini

    Per fortuna esistono ancora giornlaisti come te!
    CInzia

  22. Avatar FIlippo Barbera
    FIlippo Barbera

    Che bella notizia!
    Luca

  23. Avatar Vito orlando
    Vito orlando

    Mi pare che tanto libero non sia, ho l’impresione che sia solo un foglio marcatamente antiberlusconiano.

  24. Avatar Andrea G.
    Andrea G.

    Spero che sia una lunga e duratura avventura.
    Luca

  25. Avatar Bruce Maggio
    Bruce Maggio

    Pare che il fatto vada a raccogliere tutto il giornalismo di qualità

  26. Avatar Stefano Droghetti
    Stefano Droghetti

    Il mio apprezzamento, già altissimo, si moltiplica per mille!

  27. Avatar Ferdinando
    Ferdinando

    Io, abbonato al futuro “Fatto quotidiano”, sono soddisfatto della tua scesa in campo.
    Le premesse sono ottime per un giornale equidistante da tutti i potentati politici ed economici e che ha come ultimo fine quello di un’informazione libera, autonoma ed indipendente. Parole che usano tutti e che hanno perso il loro vero significato in questa Italia alla frutta. Per chi veramente ama fare il giornalista questa è ” l’occasione”!!!!
    Il popolo della rete saprà valutarla, la rete le notizie le cerca, non le subisce.

  28. Avatar Massimo Falcioni
    Massimo Falcioni

    Io sono dispiaciuto, ma la stiam resta immutata

  29. Avatar Riccardo Quaglia
    Riccardo Quaglia

    Auguri

  30. Avatar Fdeerico Zacaglioni
    Fdeerico Zacaglioni

    Preferisco il paradiso per il clima e l’inferno per la compagnia

  31. Avatar Marco Bruni
    Marco Bruni

    GRANDE LUCA ho parlato proprio ieri con la Amurri, vi farò una grande publbicità, al vostro giornale.

  32. Avatar Nicola Giaglianone
    Nicola Giaglianone

    Bravo!

  33. Avatar Siavush
    Siavush

    Fenomenale come al solito. I miei più vivi complimenti per questo nuovo salto di qualità dle giornalismo italiano

  34. Avatar Sergio
    Sergio

    Anche io, da destra, ti ho sempre stimato, ho letto i tuoi libri e ho partecipato a qualche incontro. La stima, ovviamente, rimane e spero che il tuo successo prosegua. Ho una sola perplessità: consideri davvero il copiaincollista un grande giornalista?

  35. Avatar Sandro Salvetti
    Sandro Salvetti

    quanto ci scommetti che farete (con IL FATTO ….) la fine del “montanelliano” LA VOCE? Ci risentiamo a gennaio 2010!

  36. Avatar Alfredo

    Sono molto incuriosito dalla cosa, anche per le diverse voci coinvolte, tutte con storie diverse tra loro. Immaginarti parte del progetto alimenta ulteriormente la mia curiosità, e ridimensiona un minimo transitivamente la mia naturale diffidenza per tutto ciò che cerca di proporsi come equidistante.
    Confido nella tua capacità di lettura critica a sinistra soprattutto: mai come in questo periodo è necessario recuperare l’autocritica e riaccendere cervelli andati in panne, e forse far parte di una squadra del genere può aiutare a dare scosse anche a lettori più pigri o sospettosi che malvolentieri ti avrebbero letto altrove.

    In bocca al lupo per il nuovo progetto! :-)

  37. Avatar vincenzo
    vincenzo

    è un FATTO interessante.
    Auguri

  38. Avatar Alberto
    Alberto

    Grazie Luca,la seguirò con affetto.
    Alberto

  39. Avatar Roberto Morelli
    Roberto Morelli

    Ciao Luca, sono il solito Roberto, quello del forum di MT.it, ti volevo fare i miei complimenti per il coraggio della tua scelta editoriale, con passaggio (e che passaggio!) da IlGiornale a Il Fatto, non sarebbero stati molti ad avere lo stesso coraggio, lasciare una posizione affermata in un altrettanto affermato quotidiano per fare un salto nel buio, questo davvero ti fa onore. Ora che sei della squadra c’è un motivo in più per abbonarsi. Salutoni e buone vacanze. Roberto Morelli

  40. Avatar Max
    Max

    Spero di leggerti, più che sentirti. Non ho mai compreso bene la strana diversità tra il Telese scritto ed il Telese parlato. In televisione non sempre hai dato il meglio. Troppa superficialità. Comunque auguri.

    Max

  41. Avatar luana
    luana

    Sono contenta, ma tra chi ti ha chiamato al Giornale e chi lo dirige intravedo un abisso, nonso neanche spiegare quale.
    Mi auguro che l’avventura del Fatto sia la realizzazione della Grade Utopia Italiana: un giornalismo di qualità.
    Lo spero e lo sostengo,
    congratulazione e soprattutto auguri a te e alla redazione :-)
    luana

  42. Avatar Franco
    Franco

    In bocca al lupo, io la prima copia del Fatto l’ho prenotata in edicola, non mi abbono per non perdere il viziaccio di presentarmi davanti all’edicola tutte le mattine, piove o nevica.

  43. Avatar Valentina
    Valentina

    Grande Luca!

  44. Avatar Nicola Di Turi

    bravo luca…non ho parole..se ti ricordi della nostra telefonata di un sabato mattina dello scorso giugno ti chiesi lumi proprio riguardo il tuo passaggio al Fatto..titubavi ma l’esito già lo conoscevo..uno come te merita ben altro. Il Fatto, appunto..contentissimo ti auguro buon lavoro..

  45. Avatar stress57
    stress57

    Complimenti per la scelta sono contento della tua decisione ti ho seguito a tetris e devo dire che si fa cosi il vero giornalismo cioe sconti zero si raccontano i fatti da ambo le parti wwwil fatto ciao

  46. Avatar caterina
    caterina

    Bellissima notizia! Da trepidante abbonata de Il Fatto sono davvero felice che un elemento di tanto valore si aggiunga alla già ottima squadra.
    Da voi mi aspetto notizie e soprattutto food for thought, e so che ce ne darete in abbondanza. Avete il potenziale per fare davvero il botto, speriamo solo che gli italioti si sveglino dal coma catodico.
    In bocca al lupo, e buon lavoro.

  47. Avatar eugenio fatigante
    eugenio fatigante

    Le persone si riconoscono dalle scelte che fanno
    complimenti e in bocca al lupo

  48. Avatar Aldo
    Aldo

    Da oggi in poi ti chiamerò Silvio.

    Silvio Magnozzi, ovviamente.

  49. Avatar Francesco

    Felicissimo come tanti in questo sito. Anzi, ti dirò di più: ti ho anticipato de facto,come abbonato, ovviamente.
    Auguri di cuore Luca e buon lavoro con i fatti!!!!!

  50. Avatar Gianpaolo
    Gianpaolo

    Caro Luca mi complimento per la scelta e spero che ti aiuti a diventare “grande”. Le premesse non sono buone visto che ormai non hai più attenuanti e ti ho sentito trattare l’argomento “Bocca” ieri sera alla Zanzara in modo scandaloso (ti ho anche mandato una email con una domanda per quel povero sfigato di Facci). Se vuoi prendere esempio di come lavora un “G”iornalista leggiti cosa ha scritto il tuo neo-collega Travaglio e spero per te che ieri sera non sia stato sintonizzato su radio 24. Con speranza… Gianpaolo

    Mosca tzé tzé
    da Antefatto.it

    Meno male che c’è Giorgio Bocca, ultimo grande vecchio del giornalismo italiano, che a quasi novant’anni ha avuto il coraggio di scrivere sull’ultimo numero dell’Espresso ciò che tutti sanno, ma nessuno osa dire: e cioè che anche insigni esponenti dell’Arma dei Carabinieri hanno avuto (e probabilmente hanno ancora) una parte importante nella connivenza-convivenza fra Stato e mafia. Bocca non ha scritto, naturalmente, ciò che qualche furbastro tenta di attribuirgli per squalificare il suo pensiero: e cioè che “i Carabinieri”, nel senso di tutti e di sempre, hanno convissuto e convivono con Cosa Nostra. Ha scritto invece che: “il problema numero uno della nazione non è il conflitto fra il legale e l’illegale, fra guardie e ladri, fra capi bastone e le loro vittime inermi, ma il loro indissolubile patto di coesistenza. L’essere la mafia la mazza ferrata, la violenza che regola economia e rapporti sociali in province dove la legge è priva di forza o di consenso. Eppure la maggioranza degli italiani non se ne vuol convincere, si rifiuta di crederlo e quando il capo della mafia Totò Riina fa sapere che l’assassinio del giudice Paolo Borsellino è stato voluto o vi hanno partecipato i tutori dell’ordine, ufficiali dei carabinieri o servizi speciali, il buon italiano si dice: è l’ultima scellerataggine di Riina, mette male nel nostro virtuoso sistema sociale… Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco mafioso di Palermo, ha detto o lasciato capire che i carabinieri ‘nei secoli fedeli’ si attennero nelle operazioni di mafia ad attenzioni speciali, clamorosa quanto rimasta senza spiegazioni credibili la mancata perquisizione nella villetta in cui Riina aveva abitato e guidato per anni la ‘onorata società’… Una ragione del ‘comportamento speciale’ della più efficiente polizia italiana verso la mafia c’è ed è evidente: i Carabinieri, come la mafia, non sono qualcosa di estraneo e di ostile alla società siciliana, fanno parte e parte fondamentale del patto di coesistenza sul territorio, di controllo del territorio condiviso con la Chiesa e con la mafia”.

    Apriti cielo: una raffica di Gasparri, Cicchitto, Latorre, Minniti, La Russa, Casini, Maroni – insomma tutti i partiti tranne Leoluca Orlando (Idv) – ha investito il grande giornalista. Casini ha osato persino dargli dell’”infame”: lui, il leader del partito di Totò Cuffaro, con una densità di imputati di mafia che nemmeno a Corleone. Anche i soliti impuniti del Giornale berlusconiano, tradizionali protettori dell’ala deviata dell’Arma, hanno sparato a palle incatenate contro Bocca. Il gioco è semplice e spudorato: far dire a Bocca che tutti i carabinieri sono mafiosi. Il che, oltrechè una palese falsità, è anche una sciocchezza e un sintomo di ignoranza storica: nel 1982, poco prima di morire nei suoi 100 giorni a Palermo, il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa (promosso superprefetto senza poteri dal governo dell’epoca) chiamò proprio Bocca per dettargli la sua ultima intervista-testamento sulla mafia.

    Da grande giornalista e storico antimafia, Bocca sa benissimo che Cosa Nostra ha eliminato nella sua storia anche 33 carabinieri, oltre a centinaia fra magistrati, giornalisti, poliziotti, sindacalisti, politici, cittadini comuni. Ma sa anche che erano carabinieri coloro che inscenarono la pantomima dell’omicidio di Salvatore Giuliano per coprire i mandanti di Portella della Ginestra; che sono carabinieri il generale Mori e il colonnello De Donno che trattavano con il mafioso Vito Ciancimino durante le stragi del 1992 e che, secondo Ciancimino jr., ricevettero il celebre “papello” di Totò Riina, ma si guardarono bene dal denunciare alla magistratura quell’estorsione mafiosa allo Stato; che erano carabinieri gli ufficiali filmati per ultimi in via d’Amelio mentre portavano via la borsa di Paolo Borsellino appena assassinato, borsa contenente (secondo la vedova del giudice) la famosa “agenda rossa” scomparsa; erano carabinieri gli uomini del Ros che arrestarono Riina il 15 gennaio ’93, ma “dimenticarono” di perquisirne il covo, lasciandolo svuotare con tutte le sue carte compromettenti dai mafiosi rimasti a piede libero e ingannando la Procura di Palermo; che sono carabinieri il generale Mori e il colonnello Obinu, imputati a Palermo per favoreggiamento alla mafia con l’accusa di aver lasciato scappare Provenzano nel 1995; che sono carabinieri il generale Ganzer (nientemeno che comandante del Ros) e alcuni suoi uomini imputati a Milano per traffico di droga; e che sono ancora carabinieri quelli che nel 2005 perquisirono la casa di Ciancimino jr., ma si scordarono di aprire la sua cassaforte, in cui secondo il padrone di casa era all’epoca custodito il papello di Riina; e potremmo andare avanti ancora. Su queste vicende gravissime, i vertici dell’Arma sono rimasti “nei secoli silenti”: mai una parola, mai un provvedimento per censurare certe condotte indecenti e per allontanarne o almeno sospenderne i responsabili (l’assoluzione di Mori per il covo di Riina, per esempio, parla di pesanti responsabilità disciplinari, rimaste ovviamente impunite). Silenzio di tomba, copertura totale (esattamente come fa la Polizia di Stato con i torturatori e i picchiatori del G8 di Genova 2001, vedi Diaz e Bolzaneto).

    Invece, rompendo una lunga tradizione di silenzio stampa, il comando generale dell’Arma ha deciso di replicare a Bocca con un comunicato del generale Leonardo Gallitelli che “respinge con fermezza e con indignazione” le “ingiustificate e infamanti accuse che si risolvono nella delegittimazione dell’operato di fedeli servitori dello Stato”. Il generale fa il furbo, scrivendo che Bocca “sorprendentemente accosta Dalla Chiesa a figure come Totò Riina e Massimo Ciancimino, entrambi arrestati dai Carabinieri”. Già, peccato che quegli stessi carabinieri del Ros (Mori e De Donno) stessero trattando col mafioso Riina tramite il mafioso Ciancimino, come hanno essi stessi ammesso dinanzi alla magistratura, ma solo quando non potevano più negarlo (ne aveva parlato Giovanni Brusca, persino lui più pronto di loro a raccontare la verità). Profittando dell’improvvisa loquacità del Comando Generale, sarebbe interessante sapere se i vertici dell’Arma erano informati di quella trattativa; e chi l’aveva autorizzata; e perché uomini in divisa negoziavano con noti mafiosi mentre Falcone, Borsellino e gli uomini delle scorte saltavano in aria a Capaci e in via d’Amelio; e perché sono ancora al loro posto, anzi hanno fatto carriera.

    Finchè il generale Gallitelli o chi per lui non risponderà a queste domande, è meglio che lasci in pace Giorgio Bocca. Anche perché ciò che il grande giornalista ha scritto sull’Espresso è ampiamente confermato dalle sentenze definitive sulla strage di via d’Amelio: per esempio quella emessa il 18 marzo 2002 dalla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta nel processo Borsellino-bis, confermata dalla Cassazione il 3 luglio 2003, a carico dei mandanti diretti (ma non di quelli occulti, esterni a Cosa Nostra). Chi volesse darci un’occhiata, trova le sentenze sul sito della rivista Antimafia 2000 e su quello di Salvatore Borsellino (19luglio1992.org). Al capitolo V (pagina 732 e seguenti), i giudici esaminano la possibile convergenza di interessi palesi e occulti nella strage, individuando tre moventi che portarono all’accelerazione della fase esecutiva dell’omicidio Borsellino. Questi:
    1) L’intervista rilasciata il 21 maggio 1992 da Borsellino ai giornalisti francesi Fabrizio Calvi e Jean Pierre Moscardo, in cui si parla del riciclaggio del denaro mafioso al Nord e di un’indagine ancora aperta sui rapporti fra Berlusconi, Dell’Utri e lo “stalliere di Arcore” Vittorio Mangano, “testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord Italia per il traffico di eroina”. “Non è detto – scrivono i giudici di appello a pagina 756 – che i contenuti di quell’intervista non siano circolati tra i diversi interessati, che qualcuno non ne abbia informato Salvatore Riina e che questi ne abbia tratto autonomamente le dovute conseguenze, visto che, come abbiamo detto in precedenza, questa Corte ritiene, come Brusca e non come Cancemi, che il Riina possa aver tenuto presente nel decidere la strage gli interessi di persone che intendeva ‘garantire per ora e per il futuro, senza per questo eseguire un loro ordine o prendere formali accordi o intese o dover mantenere promesse’…”.
    2) “La seconda ‘anomalia’ o ‘patologia’ che spiega l’anticipazione della strage – aggiunge la Corte a pagina 758 – attiene alla vicenda della ‘trattativa’ con Cosa nostra di cui ha parlato Giovanni Brusca. Le indicazioni che offre il Brusca sono illuminanti. Per Brusca, Borsellino muore il 19 luglio 1992 per la trattativa che era stata avviata fra i boss corleonesi e pezzi delle istituzioni. Il magistrato era venuto a conoscenza della trattativa e si era rifiutato di assecondarla e di starsene zitto. Nel giro di pochi giorni dall’avvio della trattativa Borsellino viene massacrato”. E’ la trattativa di Mori e De Donno con i vertici di Cosa Nostra tramite Ciancimino: “Non disponiamo di riscontri al se, come e quando Borsellino abbia saputo della trattativa che era stata avviata. Che la trattativa vi sia stata è stato confermato dal generale Mori e dal capitano De Donno. E che Riina legasse la strage eseguita e quelle pianificate dopo Capaci a questa trattativa ci è dichiarato a chiare lettere da Brusca… L’ufficiale (Giuseppe De Donno) precisava che l’obiettivo ultimo era di arrivare ad una collaborazione formale del Ciancimino ma che la proposta iniziale era stata di farsi tramite, per conto dei carabinieri, di una presa di contatto con gli esponenti dell’organizzazione mafiosa per un dialogo finalizzato all’immediata cessazione della strategia stragista (…). In tutti i casi, questa vicenda rappresenta un fattore che ha interferito con i processi decisionali della strage. Al di là delle buone intenzioni dei carabinieri che vi hanno preso parte, chi decise la strage dovette porsi il problema del significato da attribuire a quella mossa di rappresentanti dello Stato; il significato che vi venne attribuito, nella complessa partita che si era avviata, fu che il gioco al rialzo poteva essere pagante” (pagine 765-766). In parole povere: anziché fermare le stragi, la trattativa del Ros le incentivò e le moltiplicò. Infatti, dopo Capaci, vi fu subito via d’Amelio e, visto che i due alti ufficiali dell’Arma continuavano a trattare, venne pianificata la strategia terroristica del 1993 (che sfociò nelle bombe di Roma, Milano e Firenze fra il maggio e il luglio del 1993).
    3) “La terza chiave interpretativa dell’‘anomalia’ e ‘patologia’ nella tempistica della strage si aggancia alla proposta (da parte del governo dell’epoca, ndr) di Paolo Borsellino quale candidato al posto di Procuratore nazionale antimafia dopo la morte di Giovanni Falcone” (pagina 767).

    Ce n’è abbastanza per dare ragione a Giorgio Bocca e torto ai suoi infami detrattori. E per dimostrare ancora una volta, semmai ve ne fosse bisogno, che non è più questione di destra o di sinistra. Oggi la scelta è fra il partito della menzogna, dell’impunità e dell’oblio, e quello della verità, della giustizia e della memoria.

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