Il Giornale

8 Settembre 2008
Dieci minuti a porte chiuse con Berlusconi

nostro inviato a Cagliari

Papa Benedetto XVI e Silvio Berlusconi si incontrano faccia a faccia per dieci minuti. Accade in Curia, dopo l’Angelus, durante la visita del Papa a Cagliari. Un incontro che assume un valore simbolico particolare, nel giorno in cui il Pontefice rivolge il suo appello per «una nuova generazione di cattolici in politica» e in cui il presidente del Consiglio, per la prima volta, lo segue in un suo viaggio apostolico. Ai cronisti appare subito chiaro che la novità principale non è tanto nella lettera di questo appello (non del tutto inedito, nelle esternazioni del Pontefice), quanto nella collocazione, nel contesto e nella giornata in cui risuona. Perché certo non può essere un caso che queste frasi siano pronunciate proprio nel giorno del colloquio con Berlusconi. La mattina il Pontefice ha volato insieme a Gianni Letta (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, certo, ma anche «gentiluomo di sua Santità»), che durante il viaggio sedeva proprio nella poltrona di fronte a lui. Al termine del discorso di Benedetto XVI il sottosegretario alla presidenza del Consiglio è oggetto di un saluto personale del Pontefice, e più tardi è presente anche al colloquio con Berlusconi. Dichiara: «Non ci è sfuggita l’importanza del suo appello». Il Papa di mattina cita anche il sindaco di Cagliari Emilio Floris (di centrodestra). E nel pomeriggio, quando qualcuno sta per sollevare il caso (come mai non ha ricordato anche Renato Soru?), anche il presidente della Regione, elogiato per la sua «competenza» (e però fischiato dalla piazza dei Papa boys). Ma il dettaglio più interessante è il basso profilo che il premier sceglie di adottare per tutta la giornata. Se si eccettua il poco notato duetto (colto dall`Ap Com), con lo scultore Aldo Langione, autore della statua in legno con la navicella d`oro in mano della Madonna di Bonaria (Berlusconi, secondo l’interessato ha colto l’occasione per commissionarne una identica, in scala, per la sua cappella di Arcore!), il presidente del Consiglio nella sua visita cagliaritana dice poco o nulla. Nessuna esternazione, non una parola sulla cerimonia, ritorno tempestivo a Milano nel primo pomeriggio (lasciando la basilica alle 13.45). Una scelta probabilmente dettata dalla volontà di non oscurare in nessun modo la visita del Papa. In questa eclissi, le parole più importanti sono quelle affidate ad un’intervista all`Unione sarda. Dopo gli inviti di monsignor Bagnasco a «uscire dalla sagrestie», il premier dice di «non volere una Chiesa del silenzio». Al quotidiano sardo aggiunge: «La libertà di pensiero e di opinione è un principio liberale che ho sempre considerato intangibile, per il quale mi sono sempre battuto e mi batterò». E subito dopo: «Quelli che volevano la Chiesa del silenzio, e che ancora gradirebbero che i sacerdoti e i vescovi fossero confinati dentro le Chiese, si sono sempre ispirati a principi opposti ai nostri, alle teorie marxiste-leniniste, in parole povere al comunismo». Infine, con una frase che adombra un nuovo, possibile collateralismo fra il governo di centrodestra e la Chiesa: «Nessun esponente del nostro schieramento politico si è mai sognato di mettere in discussione la libertà di espressione sui fatti politici da parte della Chiesa. Né mai lo farà. Anzi, siamo profondamente grati al Pontefice e ai vescovi per i suggerimenti e le parole di incoraggiamento che ci hanno riservato in questa prima fase del nostro mandato di governo». Ma subito dopo le parole del Pontefice, nel pomeriggio di ieri, sono molti i politici che intervengono sull’appello del Papa: Parla il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, e dice: «Le sue parole sono un monito al governo sulla famiglia». Parla Rocco Bottiglione e aggiunge che la sua Udc «sta già lavorando nella direzione indicata dal Papa». Parla il braccio destro di Walter Veltroni, Giorgio Tonini, e anche lui spiega: «Ha ragione, speriamo che in Italia ci siano le condizioni perché questo rinnovamento si realizzi». Molti aspiranti papalini, in Parlamento. Ma, evidentemente, non tutti conciliabili fra di loro.

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