Il Giornale

4 Luglio 2009
Rutelli, l’eterno transfuga giunto al capolinea

E venne il giorno di Francesco Rutelli, o meglio due giorni di riunione di corrente a via Margutta, ma in fondo basta solo il primo per farsi un’idea, il secondo è inutile, basta una giornata di discussione per capire che il rutellismo è giunto al capolinea. E venne il giorno di Francesco Rutelli, lui che aveva immaginato di diventare il leader del Partito democratico, deve accettare adesso un ruolo minore, parla la mattina per introdurre i lavori, parla in codice, ma tutti hanno già capito che appoggerà Dario Franceschini.
È davvero curioso questo rituale iniziatico con cui si apre il congresso del Partito democratico, le grandi convention americane puntellate dagli annunci delle candidature, dalle battaglie senza esclusione di colpi, da saliscendi che fanno la fortuna e la sfortuna dei leader designati e degli outsider. Il congresso del Pd, invece, nasce, paradossalmente, nel segno della desistenza: la corsa inizia al Lingotto, con i giovani che si riuniscono per acclamare la possibile candidatura di Debora Serracchiani, e che in quella stessa sede scoprono che la Serracchiani getta la spugna, e accetta di fare da numero due o due bis della corrente Franceschini. Il dibattito sui giornali si anima subito dopo, con l’attesa messianica di un fantomatico «terzo uomo», Sergio Chiamparino, il più popolare sindaco del Nord-ovest, che fa in tempo anche lui ad accendere una manciata di speranze, giusto lo spazio di 24 ore, per poi confessare, in un’intervista sull’Unità a Concita De Gregorio: «Non ho ricevuto chiamate da nessuno dei compagni che mi aspettavo si facessero vivi, rinuncio, continuo a fare il sindaco». La terza candidatura che si scaldava a bordo campo era quella di Linda Lanzillotta, pugnace e combattiva ex ministra, ma anche lei, in qualche modo, candidata per conto terzi, ovvero per conto suo, per conto di Rutelli e dei rutelliani. Ebbene, Linda aveva già dato la sua generosa disponibilità a «scendere in campo», ma ieri, a via Margutta, si è capito che Rutelli si associa anche lui a quello che Dagospia chiama su-Dario.
E dire che doveva essere lui, Francesco, il primo dei sindaci progressisti della nuova era, nel 1993, l’uomo di passaggio fra due mondi e due ere, ex radicale, marito di Barbara Palombelli, sindaco designato da Goffredo Bettini, e sfidante di Silvio Berlusconi, quindi sconfitto, ma rigenerato dalla sconfitta, fino a diventare fondatore della Margherita. In questa strana sinistra italiana, in cui gli sconfitti diventavano leader, Rutelli era riuscito ad amministrarsi con grande saggezza: dapprima volto presentabile del Pds, ministro tecnico dimissionario nel governo Ciampi dopo l’assoluzione di Craxi da parte del Parlamento, poi nemico dei Ds, e competitore della Quercia, poi fondatore di una nuova identità «teodem», che nel Pd avrebbe dovuto incarnare e dare voce alle culture cattoliche e neocattoliche. Come è andata a finire, si sta scoprendo in questi giorni: il rutellismo è stato svuotato dal veltronismo, i programmi dei «coraggiosi» sono stati assorbiti dal discorso del Lingotto, gli innesti teodem, come Paola Binetti, la deputata dell’Opus Dei, sono diventati dei personaggi fuori controllo, la corrente si è squagliata come neve al sole, e malgrado ieri a Roma ci fossero molte persone in platea, molte di loro – ad esempio l’ex ministro Paolo Gentiloni – erano già traslocate sotto le insegne di Veltroni, e della sua convention del Capranica.
Insomma, questo è davvero un congresso di paradossi, e forse, l’intervento che varrà la pena di sentire oggi, sarà quello di Roberto Giachetti, deputato anarcorutelliano, che minaccia di dire quello che tutti pensano, ma che nessuno ha il coraggio di ammettere: «Qui, alla fine, non ce n’è nemmeno uno che abbia le palle». Avere le palle, ovvero, scendere in campo da outsider, fare come Obama. Uno che quando aveva presentato la sua candidatura, era considerato poco più che un sognatore. Ecco, leggendo il documento pubblicato ieri dal Foglio, sembra che i rutelliani siano tornati solo ora alla loro missione originaria, che poi era quella di essere il motore del cambiamento dentro il Pd. E un altro paradosso, l’ennesimo, vuole che Rutelli recuperi il suo ruolo politico, abbandonando gli eccessi dell’integralismo cattolico, e i passi falsi, e «contro natura», come l’annuncio di un voto contrario nei referendum sulla bioetica. Rutelli ritorna solo ora a vestire i panni del leader laico e modernizzatore, ma nello stesso momento in cui imbocca questa strada, si rende conto che non ha più il peso politico per competere con Franceschini e con Bersani. E dunque si stava per verificare questo strano corto circuito: D’Alema non corre, ma sostiene la candidatura di Bersani, Veltroni non corre, ma sostiene la candidatura di Franceschini, Rutelli non corre, ma sostiene la candidatura della Lanzillotta. Un congresso in absentia, un congresso per interposta persona. Eppure nemmeno questo passo è riuscito, Rutelli chiude la sua convention con una nota di malinconia, i capelli brizzolati, i riflettori mediatici che si spostano su altri leader, la platea dei supporter mobilitata troppo tardi, l’uomo che fu lo stratega del suo primo successo, l’elezione in Campidoglio – Goffredo Bettini -, che si sceglie (anche lui!) un altro alter ego (Ignazio Marino) per sfidare i due principali candidati. Dicono che Rutelli ieri fosse contento, che temesse il flop, ma le sedie piene non corrispondono a una forza politica. Il tempo di Rutelli stavolta è passato davvero, altri governeranno il partito, altri correranno nelle prossime battaglie elettorali, se a casa Rutelli c’è qualcuno che può aspirare a una leadership, quella è soltanto Barbara, ancora oggi indicata come una possibile direttore di Tg.

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12 commenti »

  1. Ho come un presentimento, già lo vedo il titolo: “il nuovo segretario del PD è Ignario Berschini” dopo lunghe e faticose votazioni li abbiamo eletti tutti e tre perché solo così possiamo battere la destra che ha un solo Leader e sta iniziando il lento declino. Noi con tre candidati eletti, anziché uno, siamo il nuovo che avanza, siamo l’unica forza politica ed elettorale che può in ogni momento presentare tre nuovi Padri della sinistra, tre nuovi Figli dei teodem, insomma tre nuovi Spirito Santo in un corpo solo. Come dire: Tre è meglio one!

  2. chi fa per tre piglia tre,…si diceva a scuola, ma si sa alle volte per fare politica bisogna esser stati veramente a scuola, altre volte basta candidarsi ad una segreteria per tornare ai tempi della scuola, per la serie “Somari si diventa”

  3. che fa la serrakkiani si da all’associazione “lesbiche trombate democratiche”, ltd? meglio ltd che lsd…

  4. Sembra tanto l’inizio di una fine… Dov’è il tanto atteso cambiamento?

  5. Salvini si dimette perchè dice e pensa quello che sono i napoletani? io sono napoletano e sono fiero che unodel nord ci dia la giusta definizione di quello che è diventato ilpopolo di napoli, un gregge di vili arruffoni, che pensano solo al sesso ,a magnà e ai soldi facili..chi mi può contraddire?

  6. Tutti hanno sbagli da riparare, anche Baffino con cui io continuo a simpatizzare per le seguenti rragioni:
    non rinnega il suo essere stato e permanere uomo di cultura comunista
    non nasconde il lato ruvido, non è piacione….
    si sarebbe anche candidato a segretario del PD
    ma siccome non è scemo sapeva che non vi era possibilità alcuna….

    Rutelli è…tutto il contrario.

    @Zio Clarence anch’io sono napoletana non acritica, ma l’incultura da stadio mi disgusta contro chiunque venga esercitata. La trovo molto “tipicamente” napoletano….alle ferm,ate del bus ne incontro come lei a dire…chesta è una città di merda paraponziponzipò….quando arriva il bus ti spostano col braccio e ci saltano su, allegramente!

  7. il pd: “partito” democratico…”arrivato” decrepito….

  8. Veltroni si fa bello conClooney tra le rovine, mentre berlusconi da lezioni al mondo di cpacità imprenditoriali e di arte della mediazione. Credo che tra i due poli ci sia una differenza ideologica, culturale, umana spaventosa….

  9. e ne vogliamo parlare della coca e dei perverti violentatori che ballano in tutti i circoli del pd?

  10. Non voglio fare l’idealista crociano de noantri. Ma gli è che oggi non esiste alcun leader di partito che provenga dalla sinistra. Per Bossi e Berlusconi servirebbero le categorie del sopra/sotto più che del destra/sinistra. Casini e Franceschini sono democristiani. Di Pietro viene definito di destra dagli invidiosi: uno che dice in anticipo prenderò l’otto percento e poi prende esattamente l’otto percento è un autentico caudillo della sinistra radicale, ma gli elettori lo considerano un segnaposto, in attesa di tempi migliori. Di Pietro viene da Di Pietro, non da sinistra.

    Davvero stupisce che in un panorama del genere Rutelli sia un’inutile evertanned superfetazione centrista all’interno di un partito democratico asocialista ma neanche di destra?

  11. Di Pietro è il vero e unico alleato di Berlusconi! questa è la mia unica certezza, il resto è un ammucchiata selvaggia al potere, fatta di tessere, circoli,colleggi, e badanti sadomaso ammaestrate

  12. Grillo si aggrappa allo “zunami pd”, chi semina odio raccoglie tempesta!

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