Il Giornale

8 Settembre 2007
Ferrero: “Giù le imposte? Assolutamente no: bisogna spendere di più nel welfare”

di Luca Telese

Ridurre le tasse? Se glielo chiedi, il tono leggero di Paolo Ferrero, l’uomo forte di Rifondazione nel governo si fa subito serio, preoccupato: «Sono assolutamente contrario». Piaccia o no, il ministro del Prc spiega la sua posizione con logica ferrea e dice: «O si segue una linea di sinistra, o si finisce a replicare in copia infelice la destra. Il che produce guasti e malgrado le illusioni dell’immediato, fa anche perdere consensi».
Ministro, lei sulle tasse va controcorrente.
«È semplice. Il dibattito tasse sì tasse no, a sinistra, è molto schematico e povero. Il vero problema è. In primo luogo quali tasse. E, subito dopo, con quali risorse».
Lei non è d’accordo sull’idea di ridurre la pressione su tutti?
«Ah no, assolutamente no».
Non è una cosa di sinistra?
«Per nulla. Penso proprio l’opposto. Credo che si debba ridurre il prelievo fiscale solo su reddditi da lavoro bassi e pensioni. E che il resto delle risorse vada investito nella spesa sociale».
Non è troppo generico?
«Affatto. Se dico spesa sociale, dico tre obiettivi chiari: casa, anziani, ricerca. Non si può pensare che ci siano soldi per tutto: si deve scegliere».
Quindi nella polemica fra Prodi e Veltroni lei sceglie il primo?
«Se proprio vuole polarizzare nei personalismi…».
Lo voglio.
«Forse sì, Prodi. Dico: tagliare tutto è dispendioso e insensato».
Un ministro di Rifondazione più rigoroso dei leader centristi.
«Molto semplicemente, credo che i criteri guida, in questa Finanziaria debbano essere due: spesa sociale e redistribuzione».
Intanto lei non ha ancora sciolto il dilemma sulla manifestazione del 20 ottobre su Finanziaria e lavoro. Ci andrà alla fine?
«La sostengo con convinzione, è sacrosanta e utilissima».
Non mi ha detto se ci va.
«Ho già detto che deciderò, anche con i miei compagni, il modo in cui aderire».
Quindi il veto mastelliano ha già in qualche modo avuto un effetto di deterrenza su di lei?
(Ruggito) «No, guardi, il veto mastelliano, come lo chiama lei, l’ho già rispedito al mittente».
Però intanto non va…
(Sospira). «Deciderò, ma non certo per le opinioni di Mastella».
Da che dipende, allora?
«Dalla piattaforma a cui in queste ore si lavora, perché sia più ampia e più condivisa a sinistra».
Ovvero: se c’è Mussi va pure lei.
(Ride) «Capisco che voi giornalisti inseguiate i titoli, ma non è così. Dipende dalla piattaforma».
Il manifesto dipinge Amato come «il bandito Giuliano»…
«Titolo brillante, come nella tradizione di quel giornale. Però…».
Però?
«Giuliano non è un bandito».
Lei è caustico sulle sue sortite contro mendicanti e graffitari.
«Infatti non condivido le idee di Amato sulla microcriminalità».
Se i provvedimenti passassero si dimetterebbe?
«Capisco che voi giornalisti…».
Lo so, inseguiamo i titoli. Riassumono la sostanza delle cose.
«Quelle proposte devono passare ancora in Consiglio dei ministri, in Parlamento… Vede, il percorso sarà lungo».
Lei accetterebbe che fossero votati in Consiglio dei ministri?
«Guardi, Rosy Bindi, che non credo sia una barricadera, come me, ha detto cose durissime su quel progetto. La partita non è chiusa».
Mi dica perché lo considera uno sconfinamento a destra…
«C’è un bel titolo di Liberazione, oggi: “I sindaci chiedono armi, vogliono le giunte militari”».
Gioco di parole perfido…
«Ironia illuminante. Senta, posso fare l’esempio di mia madre?».
La signora Ferrero sta con gli «sceriffi»?
«Le spiego: a 79 anni non ha mai subito uno scippo. Però si sente insicura e assediata come non mai. Vive terrorizzata dai tiggì».
Perché?
«Diffondono paura, non curandosi del fatto che i reati diminuiscono. Ma se calano i reati, perché aumenta l’insicurezza?».
Lei non è d’accordo per dare «milizie» ai sindaci?
«Non le darei nemmeno a me stesso. Figuriamoci a loro».
Pensa che non sia utile?
«Credo che anche il miglior politico debba rispondere al consenso. E che non si possa far giustizia con un occhio al consenso».
Giordano dice: fra la destra e la sua copia si sceglie l’originale.
«Condivido. Se sembra che porti consenso, in prospettiva è il contrario. Perché i problemi che causano la paura nelle città sono ben altri».
Un esempio.
«Paura degli sfratti. Solitudine degli anziani… Problemi che non si risolvono arrestando i lavavetri».

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