Su tutto si staglia un cartello: “Schifare Schifani non è reato”. E’ così la politica, terribilmente strabica. Tutti con gli occhi puntati su Mirabello, per capire cosa capiterà oggi a Gianfranco Fini, ed invece il parapiglia è avvampato a Torino, dove il presidente del Senato Renato Schifani è stato fischiato da una parte della platea della Festa Democratica. E’ solo l’ultimo episodio di una recente e sterminata letteratura. Certo, chi si vuole confrontare con il dilemma se sia giusto o meno fischiare o contestare, dovrebbe studiare la casistica e attenersi ad un principio minimo di coerenza. Ed è per questo che questo articolo comincia dichiarando irricevibili le parole di Fabrizio Cicchitto: “Quello che sta accadendo a Torino, dice il capogruppo del Pdl alla Camera, è il frutto del clima infame che Di Pietro e una parte della sinistra stanno creando nel Paese”. Peccato che quando nel 1984, al congresso socialista di Verona la platea del garofano fischiò Enrico Berlinguer, Cicchitto tenne a bada la sua indignazione. “Non mi posso unire a quei fischi, aveva detto Bettino Craxi, solo perché non so fischiare”. Il contrappasso ci fu al funerale del leader comunista, dove Craxi fu fischiato e Giorgio Al-mirante rispettato e persino (timidamente) applaudito. A quanto pare, dunque, ci sono fischi incivili e fischi meno civili. Ovviamente quelli che riguardano i leader amici sono sempre considerati violenti e immorali. Quelli che si abbattono sui nemici legittimi e salvifici. In realtà i fischi, senza nemmeno scomodare Totò, sono per i politici una sorta di malattia professionale. Da dieci anni, per dire, vengono fischiati tutti gli esponenti dei governi di ogni segno e colore che mettono piede a Bologna il 2 agosto nell’anniversario della Strage. E allo stesso Fassino, che ieri dal palco dava degli “Squadristi” ai contestatori, è capitato di essere sonoramente fischiato in almeno due occasioni. A via Amendola, a Roma, dai pacifisti, durante una manifestazione contro la guerra dell’Iraq. E a Piazza Navona nella storica giornata in cui gli applausi arrivarono solo per Nanni Moretti che ripeteva: “Con questi qui non vinceremo mai”…
POCHI GIORNI FA è stato contestato Marcello Dell’Utri perché cercava di presentare i suoi diari. E in questo caso la linea di demarcazione fra la contestazione legittima e l’aggressione era pericolosamente labile: una cosa è manifestare il dissenso, un’altra è impedire all’avversario di parlare. Ieri, però, è stata la polizia a strattonare le contestatrici di Schifani per impedire loro di proseguire. A una impressionante contestazione tenne testa con grandissimo sangue freddo Massimo D’Alema durante la Perugia-Assisi: ipotizzò che dietro i fischi ci fosse la regìa di Fausto Bertinotti, ma, va detto, non si scompose, non si fece turbare dai contestatori, e proseguì fino alla rocca con tanto di figli al seguito. A Venezia i fischi sono arrivati solo pochi giorni fa per Gianni Letta, e all’Aquila per Silvio Berlusconi, da parte dei terremotati, nell’anniversario del sisma. Quando nel 1995 l’allora leader di Forza Italia intervenne al congresso del Pds, un anonimo contestatore scelse una forma del tutto irrituale: un finto discorso del premier fatto recapitare alla stampa. L’ufficio stampa della Quercia, per niente divertito, rispose con una denuncia penale. Ma il discorso di Berlusconi filò liscio, e strappò persino applausi. Nell’anniversario di piazza Fontana, invece, è stata fischiata Letizia Moratti. Fu una vera carognata poi la contestazione a lei e a suo padre, Paolo Brichetto, durante,una,manifestazione,per,l’anniversario del 25 aprile del 2006. Fischi odiosi, perché rivolti contro un uomo in sedia a rotelle. Nello stesso anno capitò di essere contestato Giampaolo Pansa, durante la presentazione del suo libro, La grande bugìa, a Reggio Emilia, con una dimostrazione che aveva un che di grottesco, perché nessuno dei contestatori (appartenenti ad un gruppo che firmava con il nome di Militant e il logo di un casco da servizio d’ordine) veniva dal capoluogo emiliano. Leggendarie furono le disfide dei congressi democristiani.
AL CONGRESSO dello scudo-crociato del 1984, Ciriaco De Mita, per dire, motteggiò Franco Marini e fu sommerso da una pioggia di fischi dei delegati cislini. Dieci lunghi minuti in cui il congresso si trasformò in un saloon con calci, pugni e persino un delegato scagliato contro la presidenza. Furono invece un pessimo presagio per Romano Prodi i fischi del dicembre 2006, al Motor Show di Bologna, che conquistarono tutte le prime pagine festanti dei giornali di destra. Persinoa WalterVeltroni capitò di essere fischiato al congresso del Psi di Riccardo Nencini nel 2008. Silvio Berlusconi fu contestato per tutta la campagna elettorale dello stesso anno, e rispose furibondo: “Voi siete dei contestatori violenti, nessuno di noi interromperebbe mai il comizio di un avversario” (almeno fino alla spedizione “fatasma” di Michela Brambilla). In realtà il discrimine dovrebbe essere che tutto quello che è violento è inaccettabile, tutto quello che non lo è è legittimo. Per dire: sono una pagina di storia solenne i fischi alle autorità nella cattedrale di Palermo pe rifunerali di Falcone. E al cospetto di tutti quelli che oggi grideranno alla guerra civile, appare persino simpatica la storica risposta di Giovanni Leone. Fischiato dagli studenti, rispose con le corna. Sberleffo ironico e presidenziale, senza scomodare lo squadrismo.
Luca Telese
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