“Il provino decisivo della mia vita, quello del primo successo? E' stato un autentico disastro…”. Ero andato a intervistare Fabio Volo preparato a combattere proprio contro questo stereotipo: la sua immagine da eterno bravo ragazzo, la sua simpatia, il suo costante tono antiretorico e minimale. Molti sospettano di questa semplicità dicendo: “E' un posa”. Sarà perché l'Italia è il paese del sospetto, sarà perché Volo è un fenomeno senza precedenti: a novembre 2009 l'uscito del suo ultimo libro (“Il tempo che vorrei”, Mondadori) ha riportato in classifica anche i quattro precedenti. Anche al cinema ha successo (“Matrimoni e altri disastri”, è uno dei pochi film italiani che è andato bene quest'anno). In radio è un long seller. Mi avevano persino messo in guardia: attento, con quell'aria acqua e sapone fregherà anche te. Siamo stati insieme quattro ore. Abbiamo parlato di tutto dalle ultime scoperte nel campo dei trapianti tricologici (sia io che lui siamo potenziali sperimentatori), alle donne, ai tempi della gavetta dura, alle cambiali del negozio del padre, al talento. A fine della giornata, quando l'ho lasciato a passeggio per Milano in t-shirt e zainetto, ho pensato: che ragazzo semplice, simpatico e talentuoso. Se ha fregato anche me, questo è il resoconto di come ci è riuscito.
Parliamo di questo epico provino. Correva l'anno 1998. Eravate in corsa per presentare le Iene. Ci vai con Andrea Pellizzari.
“Esatto. Solo che avevamo preso un abbaglio. La prova consisteva nel presentare i brani di una videocassetta che ci avevano consegnato prima”.
Quindi eravate preparatissimi.
“Per nulla. Non l'avevamo vista tutta!”.
Non ci credo…
“Per quanto possa sembrare incredibile, avevamo trovato un nero e pensavamo che fosse finita. E invece c'erano tanti altri lanci. Per di più…”.
Cosa? Era un provino agguerrito: ricordo che tutti erano preparatissimi, che dopo i primi colloqui circolava la voce: 'Li hanno già trovati'… Insomma, ad un certo punto io e Andrea ci siamo guardati e ci siamo detti: 'Siamo fuori'”.
Invece cos'è accaduto?
“Forse essere senza speranze che ci ha dato una tranquillità impensabile. Non avevamo nulla di preparato, ci siamo buttati su ogni cosa, improvvisando”.
Ma non avevi già sfondato a Radio Capital con Cecchetto?
“No, assolutamente. Non solo perché la grande notorietà me l'hanno data le Iene. Ma perché io lì ero l'ultimo del gruppo. E' stata una grandissima scuola, mi sentivo nel privèe dei grandi, ma non ero in prima linea”.
Ne “Il tempo che vorrei”, racconti questa gavetta, taroccando la radio da agenzia pubblicitaria e Cecchetto da capo creativo.
“Le sue grandi massime sono vere. La più utile mi serve ancora: 'Il talento è un dono, ma il successo è un lavoro”.
Vuol dire che non hai mai smesso di lavorare?
“E' la mia stella polare. Mi alzo sempre la mattina presto, anche se non ne avrei bisogno, pianifico le mie cose, lavoro a libri, programmi, film… Adesso parteciperò per la prima volta a una sceneggiatura tratta da un mio libro”.
Altra massima cecchettiana?
“Una decisiva: 'Non fingerti quello che non sei e non imitare mai nessuno. Se riesci ad apparire in onda come sei nella vita avrai successo. Altrimenti scordatelo'”.
Quindi ti è venuto naturale intervistare Alessia Marcuzzi nuda? Lei ha detto a Sabelli Fioretti che è ancora sconvolta e che ha provato a vendicarsi.
“E' vero, ma purtroppo lo ha fatto con un costume color carne”.
Come era nata l'idea?
“Infuriavano i calendari di nudo. Avevano pensato di fare una parodia del genere. Non ho il culto del mio corpo, né ambizioni da palestrato, ma nemmeno nessun pudore: il nudo integrale non mi costò nessun sacrificio”.
Sono i servizi che la gente ricorda.
“Ancora oggi mi fermano per citarmi quelle Iene. Non so come facciano, né dove le vedano. Però è così”.
Va bene, almeno ammetti di aver pianificato la tua carriera da scritture nazionalpopolare…
“Non ci crederai. E' stato anche quello un caso”.
Infatti non ci credo.
“Ero immobilizzato a Riccione, con una gamba rotta, luglio del 2000. Fin da ragazzo mi piaceva scribacchiare. Mi portai le mie storielle dietro, provai a metterle insieme. Solo dopo trovai un'editore”.
Ed esordisci con la Mondadori vendendo 75mila copie, cifre da best seller. Dài…
“Non riesco a spiegarmelo nemmeno io. Ogni libro ho raddoppiato la cifra di vendita del precedente, sono arrivato al quinto”.
Il prossimo venderà un milione e 200 mila?
“Non mi dispiacerebbe”.
“Il tempo che vorrei” ha un tono da narratore americano, quasi alla Steinbeck: infanzia povera, il bar del padre che non riesce a pagare i debiti, cambiali in protesto. Quanto hai inventato?
“Le cambiali sono verissime. E anche la storia del bar…”
Anche se nella realtà era una panetteria. Hai iniziato a lavorare lì.
“Sì, io e la scuola non andavamo d'accordo. Ma non è un libro cuore. Ho imparato moltissimo”.
Il racconto del rapporto tra il protagonista e il padre è molto bello.
“Ed è anche vero. Una delle cose che mi ha dato più piacere, quando me lo sono potuto permettere, è stato comprare una casa ai miei”.
E' vero che loro non hanno voluto cambiare di nulla la loro vita?
“Fanno la spesa dal discount, e se gli porti un vino di marca ti dicono: 'Ma vale davvero quello che costa?'”.
Adesso si dice: 'Un libro alla Volo'”.
“Sì, ma per dire che potrebbero scriverlo tutti”.
C'è sempre quella miscela perfetta. Ti affezioni al protagonista, scopri i suoi dischi, i suoi libri, come seduce le donne…
“Questo è vero. Vedi, la metà degli scrittori tradizionali odia i loro lettori e li vorrebbero tutti colti e presuntuosi come sentono di essere loro: io invece, se qualcuno scopre un libro di Dostoevskij grazie a me, tocco il cielo con un dito. Quando mi dicono: 'E' il primo libro che ho letto in vita mia mi sento gratificato'”.
Così sembri la pubblicità progresso. Non trascurare le donne, sei arrivato a scrivere sull'influenza del progesterone nella seduzione!
(Ride di gusto). “Adesso ti spiego: una ragazza una volta mi ha raccontato: io quando ho il ciclo mi infilo un dito… ehem… hai capito dove, e poi me lo passo sul collo. I maschi percepiscono il progesterone e ne sono sedotti, anche se non ne avvertono l'odore”.
Ed è vero?
(altra risata). “Non lo so. Ma queste cose le metto in bocca ad un amico del protagonista, così posso sempre cavarmenela dicendo che sono cazzate”.
Sei di sinistra, ma non ami la politca, e non firmi appelli.
“E' vero. Mi sento progressista come pensiero, penso che ognuno ha una sola vita, il diritto a viverla come crede e che la società il dovere di aiutarlo. Però non ho appartenenze di partito, né dogmi, non giudico male chi ha idee diverse dalle mie”.
Sei andato alle manifestazioni della pace, ma non sei voluto salire sul palco.
“Sono andato da cittadino, non da star. Una volta gente dei centri sociali mi ha persino fischiato”.
In “Amore e altri disastri” ti sei calato perfettamente nella parte di un proto-leghista che seduce una radical chic.
“Sai, sono cresciuto a Brescia, nel cuore del sistema Lega: conosco moti amici che la votano, e so perché lo fanno”.
In una scena svegli Margherita gridandole: 'Voi fancazzisti di sinistra dormite fino a tardi!'.
“Non ho nulla a che vedere con i radical chic. Non potrei mai diventarlo ho un'altra storia. Molti hanno criticato la Lega con un retropensiero para-razzista che in realtà l'ha rafforzata”.
Dici che la tua trasmissione in radio è come un negozio….
“Devo alzare la saracinesca tutte le mattine. Poi la gente entra, e sa già che merce troverà: le cose che ho visto, che ho letto, e che mi piacciono, raccontate, spero, con un po' di verve”.
Tutti i giorni, per anni, una bella fatica.
“Ma la radio è così. Se una mattina tardi con il bar non si arrabbia nessuno. Nel negozio di radio Dj non puoi sgarrare”.
Che rapporto hai con i soldi?
“Non li tengo sul conto, non sono un Paperone. Pensa, addirittura li presto”.
Pericoloso dirlo in una intervista.
(Sorride) “No, guarda, lo spiego agli amici: se non puoi restituirli non scomparire. Altrimenti finisci, e mi è successo, di perdere sia i soldi che l'amico. Metto delle bandierine così quando sarò squattrinato almeno mi daranno una branda”.
Hai paura che il talento scompaia?
“Ma io non ho talento! Altrimenti sarei già scomparso, come quei cantanti-meteora programmati per un disco in classifica e poi nulla, come yogurt. Conosco il mestiere, quindi ci vorrà più tempo per sparire”.
Riecco il tono minimale da bravo ragazzo.
“Guarda, io non sono mai stato Accorsi. Le ragazzine non si strappano i capelli per me. Sono uno che sta in seconda corsia e pedala”.
Parliamo dei lussi che ti sei concesso.
“Ho comparato una casa anche per me. Ho una bella vasca da bagno, ho messo il parquet, mi sono regalato il videeoproiettore per i film. Un monolocale a New york. Certo, se devo andare in America viaggio in business, me lo posso permettere”.
Macchina di lusso?
“Macchè, una vecchia Megane scenic. Ci tengo così poco che non so dove l'ho parcheggiata”.
Sei un libertino impenitente, e ti sei preso una familiare.
(Allarga le mani). “Così sono pronto a diventare padre, no? Dev'essere stata una scelta inconsapevole”.
Ti chiedevo del tuo libertinismo….
“Sto cercando moglie. Un mio amico ha detto che se prima del matrimonio fai l'amore con 500 donne, porti stabilità nella coppia”.
E tu?
“Se arrivo a mille sarò ancora più felice… Oh, scrivi che sto scherzando!”.
Hai detto: scopro la mia vera personalità leggendo le mie interviste sui giornali.
“Sì, spesso scrivono quello che si aspettano da me”.
Ho letto una meravigliosa intervista a Donna moderna in cui eri a New york e dicevi alla giornalista: 'Dalla voce direi che hai la 42”.
(Scoppia a ridere). “Non me lo ricordo. Ma mi pare possibile”.
Portava la 42. Concludevi invitandola a venire a comprare una t-shirt con te, il giorno dopo.
“Spero che lo abbia fatto”.
Non ti piacciono le labbra canottate.
“Certo. Amo le femmine, e non le donne”.
E le canottate non sono femmine?
“Senti, ci sono delle rifatte che mi rifarei. Ma la maggior parte mi fanno paura, sembrano caterpillar. Somigliano tutte a Michael Jakson! La mia donna ideale sta bene in un film di Truffaut”.
Non vai a caccia di modelle?
“Spesso le modelle, viste da vicino, sembrano degli androidi. Ci sono delle commesse, invece, per cui farei delle follie”.
Adesso mi dirai che non ti piace nemmeno Belen.
“Ho visto che si è lasciata con Corona. Se per piacerle serve che vada in galera sono pronto”.
Hai mai avuto tentazioni omosessuali?
(Ride) ”Non ancora”.
Quando sarà il momento ti farai un trapianto?
(gira la testa) “E' già il momento. Ma l'idea di farmi cucire mi fa soffrire. Mi hanno tentato con una nuova tecnica: te li tirano fuori tipo cavatappi, e poi li ripiantano. Ma aspetto che arrivi un pillolone”.
Ti senti più don Giovanni o più Peter pan?
“Allora non mi hai ancora capito. Un tempo mi riconoscevano nei piano bar, adesso solo nelle farmacie”.
Luca Telese
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