nostro inviato a Napoli
Il colpo di scena, nel catino rovente della stazione marittima, fra tremila militanti che affollano la sala, fra caldo, sudore, cori di incoraggiamento e persino qualche momento di surreale entusiasmo, arriva proprio alla fine. Antonio Bassolino è alla tribuna, la voce arrochita per lo sforzo di un lungo comizio, la testa quasi china, un ruggito di orgoglio che gli fa dire: «Per me è molto più bello fare il sindaco di Napoli che il presidente del Consiglio».
Ed è a questo punto che quasi dal nulla, da questa platea che non ne può più di umiliazioni e sconfitte, si solleva un coro: Sindaco! Sindaco! Insomma, dopo che per due mesi e mezzo Bassolino non aveva più messo il naso in una sala pubblica, dopo che aveva rinunciato persino a salire sul palco per il concerto di fine anno, dopo che anche fonti a lui molto vicine lo descrivevano timoroso persino della sua ombra, come in certi film western un po’ crepuscolari, il governatore della Regione Campania, si è galvanizzato dall’elettrochoc della cura del suo nuovo spin doctor, Claudio Velardi, e si è buttato in mare aperto. Senza rete. E come certi scampati agli incidenti aerei, dopo aver sfiorato il bacio della morte, vengono colti da una vertigine di invulnerabilità, così il Bassolino che Fausto Bertinotti e Antonio Di Pietro vorrebbero detronizzare subito e Walter Veltroni vorrebbe condurre ad una tranquilla eutanasia appena finita l’emergenza rifiuti, mostra al mondo che non è ancora morto, ruggisce e butta lì che se Francesco Rutelli (eletto per la prima volta come lui nel 1993 a Roma) può tornare a correre per la capitale, anche lui, in fondo, sente di avere ancora un posto nel cuore dei napoletani, e una missione esistenziale al Maschio Angioino. Certo era buffo vedere che ieri, in una sala discretamente sorvegliata da un servizio d’ordine della Cgil, l’unica contestatrice, la signora Maria Rosaria, si è lanciata contro Rosa Russo Iervolino gridandole: «E la differenziata, sindaco? E la differenziata?». E il sindaco di Napoli, stizzita: «Guardi, io ci penso dalla mattina alla sera!». E la contestatrice, per nulla convinta: «E allora io l’umido dove lo porto, da lei?». E il sindaco di Napoli, girando le spalle: «Se lo porti a casa sua».
Il Bassolino di ieri, invece, ha stupito persino Simona Brandolini, la cronista che da oltre tre anni lo segue per il Corriere del Mezzogiorno: «Ha cambiato linguaggio. Lui, che spesso è burocratico, se non contorto, ieri usava una lingua molto semplice e diretta». Ancor più che diretta, quasi emotiva e stupefacente per un ex funzionario come lui: «Non so se questo sia il momento più difficile per la città e per la Regione. Il momento più difficile per la Campania lo abbiamo vissuto sul finire degli anni Ottanta. Sicuramente quello che ho vissuto è stato il momento più difficile della mia vita». Poi, letteralmente con il cuore in gola: «Mai avrei immaginato – anche se avessi avuto un incubo! – di essere imputato di concorso in truffa ai danni dello Stato». Una pausa. Un cambio di tono. «Devo dire che è stata forte la tentazione di dire basta». E poi, ancora un altro messaggio, probabilmente anche ai vertici del Pd: «Io non ho nulla da chiedere o da contrattare – spiega Bassolino -, da tempo avrei potuto scegliere la comoda strada del Parlamento. Ma resto qua».
Per il resto, l’autodifesa, ’o governatore, la fa filtrare attraverso i giornali, come nei giorni scorsi. Lui non si sente responsabile dello sfacelo dei rifiuti, non intende abbandonare il campo, la considererebbe una diserzione. Ad ascoltarlo (nella stessa sala, molta più gente che per Veltroni) non c’era una platea da Partito democratico, ma forse proprio il suo più antico zoccolo di consenso: anziani, ex militanti del Pds se non del Pci, i fedelissimi della borghesia cittadina che hanno condiviso l’esperienza di governo al Comune prima e alla giunta regionale poi. Eppure, anche questa galvanizzazione dei fedelissimi è un risultato. A tratti i toni di Bassolino si fanno lirici, «ieri ho fatto una lunga passeggiata nel parco del Vesuviano, ho incontrato giovani coppie che si baciavano, anziani, famiglie…».
Toni davvero inediti per l’ex quadro di partito di Afragola. Un effetto innegabile della cura di Claudio Velardi, che ieri era a dir poco elettrizzato: «Avete visto? – diceva ai cronisti – Siamo usciti dall’assedio». A chi ha scritto che lui è un messo di D’Alema, replica: «Strunzate. Io sono qui solo perché per me è una grande sfida». E a chi gli chiede qual è la soglia di voti che considera un eventuale successo risponde così: «La nostra è una rimonta più disperata di quella di Veltroni, ma se ci riesce…». E qui, il sorriso dell’ex Lothar dalemiano vale più di qualunque parola.
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