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11 mar 2009

“CI CHIAMEREMO LA BRIGATA ROSSA” – LA GENESI DEL GRUPPO TERRORISTA: ESTATE 1970, “CONGRESSO” DELLE FUTURE BR IN UNA TRATTORIA SUI MONTI DEL REGGIANO CON CURCIO & C. – LE PASSEGGIATE SUI COLLI EMILIANI COME LE MARCE ATTRAVERSO LA SIERRA MADRE…

Da “La Stampa”

UN SAGGIO IN “PRESA DIRETTA”
Esce da Baldini Castoldi Dalai il saggio di Vincenzo Tessandori “Qui Brigate rosse – Il racconto, le voci” (pp. 782, e22). È la «cronaca ravvicinata» della nascita, dello sviluppo e della sconfitta del movimento eversivo che, seminando il terrore, aveva dichiarato guerra allo Stato. Tessandori, che per anni ha seguito le vicende terroristiche per La Stampa, analizza e racconta con questo libro gli avvenimenti e i protagonisti di quella sanguinosa deriva, soffermandosi sui carnefici e sulle vittime, ricostruendo in particolare gli omicidi di Aldo Moro e di Carlo Casalegno.
Quasi in presa diretta riferisce di agguati, progetti, crisi, pentimenti, senza tuttavia tralasciare i punti rimasti ancora oscuri. Con una preoccupazione di metodo: «Ho cercato di lasciare fuori da queste pagine l’alluvione chiamata “dietrologia”, che certo ha un suo fascino e un suo forte sapore, ma nient’altro che la giustifichi».

“CI CHIAMEREMO LA BRIGATA ROSSA”…
La nascita dell’organizzazione fu decisa altrove, sui monti del Reggiano. Quel luogo mi venne mostrato da Tonino Loris Paroli «Pippo», un operaio di Reggio Emilia, uno della colonna Mara Cagol, che ha scontato sedici anni di carcere, ma non per reati di sangue, divenuto più tardi apprezzato pittore. Riferii il suo racconto su La Stampa del 24 ottobre 1991: «L’incontro è “da Gianni”, a Costaferrata di Casina, sulle colline aspre fuori Reggio, quota 650, di fronte ai resti nobili del castello di Matilde di Canossa. Verde e tranquillità, atmosfera familiare, cucina invitante, lambrusco schietto e allegro: anche la rivoluzione ha le sue sane esigenze.
«Perché fra riunioni, dibattiti, discussioni, piani, confronti, litigi, orazioni, deliri, assemblee, canti, analisi, tesi, scazzi, sintesi, accuse, controaccuse, seminari, progetti, sogni e utopie nell’estate del 1970, un’era remota, al ristorante “da Gianni” nacquero le Brigate rosse. Tutto è rimasto come allora. Tonino Loris Paroli, che ha oggi 47 anni, in quei giorni c’era e ha un ricordo nitido. [...] “Quello fu un vero congresso, durò dal lunedì al sabato”.
C’erano i duri di Reggio, quelli “dell’appartamento” e “c’era Sinistra proletaria” quasi al completo, i compagni erano venuti da Milano, da Trento, da Genova, due da Torino.” Come Curcio e Cagol, come Franceschini e Prospero Gallinari, alla fine del seminario anche lui avrebbe scelto la clandestinità. Fa parte del “gruppo storico” dell’organizzazione e nel 1975 viene arrestato a Torino, dove si è trasferito per svolgere il lavoro nel “fronte di massa”.

«È il primo brigatista rosso libero per “fine pena”. [...] Lo hanno condannato a trent’anni: “Un po’ per i fatti delle Br, soprattutto per le ingiurie ai magistrati durante i processi”, spiega. I cancelli del carcere si sarebbero dovuti aprire dopo il Duemila, ma la magistratura milanese ha riconosciuto la continuazione dei reati. Gli piace ridere, ha il carattere estroverso dei contadini emiliani: “Sono rimasto sedici anni in frigorifero”, scherza, ma subito puntualizza: “Non ci sono state parti civili contro di me, insomma, non ho né ferito né ammazzato”.
Quando lo arrestano le Br hanno ucciso una sola volta, a Padova: “Era stato un incidente e, comunque, nessuno negò il fatto. Una caratteristica dell’organizzazione era rivendicare tutto, anche le cose che potevano risultare dannose. Insomma, come ha detto qualcuno, la verità è rivoluzionaria. Sinceramente non so se in situazioni diverse avrei sparato oppure no”.
«Quell’estate era calda. I “compagni”, una settantina, si erano sistemati in molte case del paese. Avevano chiesto aiuto anche al parroco, don Emilio Manfredi, allora quarantanovenne. “Ma poi la canonica l’avevano lasciata da parte”, ricorda il sacerdote. “Di quelle riunioni vennero avvertiti anche i carabinieri, il maresciallo s’informò se disturbavano, poi non si occupò più della faccenda. Mah!, e pensare che fra loro c’erano tutti quelli dei quali si sarebbe parlato per anni. In ogni modo, ragazzi seri, anche troppo, taciturni, a volte stavano tutti insieme, altre si dividevano in gruppetti, per boschi e campi.”
Talvolta le discussioni sembravano risse. “Ma quando parlava Curcio piombava il silenzio. Al contrario, Mara, sua moglie, non era un’oratrice: fece soltanto un mezzo intervento.” Intorno all’una, tutti “da Gianni”, spossati: dalla fatica di preparare la rivoluzione, dalle lunghe ore trascorse al sole e dalle passeggiate sui colli che qualcuno viveva quasi fossero le marce attraverso la Sierra Madre in compagnia di Fidel, di Camillo Cienfuegos ma, soprattutto, del Che. Il Diario del Che in Bolivia era un best-seller e il Piccolo manuale del guerrigliero urbano, del brasiliano Carlos Marighella, era un testo sacro.
“La nostra giungla, dicevamo, sarebbe stata la metropoli e non la selva del Vietnam.” Più avanti, in una di quelle strette gole senza eco, Loris, Renato e Mara avrebbero provato le prime armi. I dibattiti dei futuri brigatisti partivano dalla crisi dell’estrema sinistra, dopo l’attentato di piazza Fontana. Entravano vocianti nel locale e subito il tono delle discussioni si affievoliva. Li attendevano Gianni Incerti e la moglie Anna. “Ma sì, ci avevano detto che erano venuti per motivi di studio e infatti davano l’impressione di esser studenti.
Ma dopo un paio di giorni abbiamo dubitato un po’, ‘non ce la raccontano mica giusta’, ci siam detti. Dopo mangiato si ammucchiavano nel salone, chiudevano le finestre, parlavano da soli, fitto fitto, a voce bassa.” Ma pranzo e cena erano un momento di gloria collettiva. [...] Ricorda l’Anna che il menu era “robusto”. Appena dopo il coro di Bella ciao arrivavano gli antipasti misti: salame nostrano, salsicce, prosciutto crudo, i “ciccioli” micidiali e un frizzantino da far impallidire anche il ricordo di Lenin. Poi i primi: tortelli di bietola caserecci, lasagne, cannelloni, cappelletti in brodo.
[...] «Così per giorni. Le Brigate rosse non erano ancora nate ufficialmente, ma qualcuno già si dava da fare per trovare simbolo e sigla della futura organizzazione». Si pensò alla stella. Ricorda Franceschini: «Come simbolo scegliemmo quella dei Tupamaros uruguayani. Ma non riuscivamo a farla regolare, ci veniva sempre sbilenca, tanto che un giorno proposi: “Perché non la lasciamo così?” Decidemmo d’inscriverla in un cerchio e, per il disegno, avevamo bisogno di qualcosa facilmente a portata di mano: si pensò alla moneta da 100 lire, nacque così il nostro “marchio”».
Bisognava trovare un nome al gruppo. Un giorno di settembre del 1970, mentre a Milano rincasava in 500 col marito Renato Curcio, ragionando ad alta voce su come chiamare il gruppo, Margherita Cagol osservò che il primo «atto di guerriglia in Europa» era stata la liberazione di Andreas Baader, in Germania, ad opera della Raf, la Frazione Armata Rossa. «Nel nostro caso Armata mi sembra eccessivo. Ma brigata mi piace: brigata rossa.»

12 commenti

  1. mannaggia insabato e alle miccette che te dimentichi in tasca!

  2. Francesco Mancinelli

    Sicuramente un commento che ha molto a che fare con il contenuto dell’articolo … bhà ..

  3. andrea insabato

    Attentato contro sede di FN a Roma, c’è chi vuole tornare indietro, nella spirale dell’odio tra giovani, no a questa logica perversa, ma il sottacere dei media su un avvenimento del genere è sconcertante. Come al solito due pesi e due misure…ci piacerebbe vedere il Sindaco Alemanno porgere la sua solidarietà come fa in tante occasioni, ai cittadini romani colpiti.

  4. Nessun interessante commento di Amici? troppo occupato col programma della Defilippi?

  5. matteo amici

    Per busdelcul: sei così rimbambito che non ti sei nemmeno accorto che se Paroli oggi ha 47 anni, nel 1970, anno in cui partecipò alla fondazione delle BR avrebbe dovuto averne 8…
    Alla faccia dei giornalisti “esperti di terrorismo”.

  6. Quelli di FN si fanno gli attentati da soli lo sanno tutti. Fiore insegna, vecchio terrorista stragista fascista abituato a porcate del genere e protetto dai servizi e dalla polizia .Gente come lui in America aveva la sedia elettrica assicurata. Psicopatico nazista mezzo scemo.

  7. I compagni che inneggiano alla pena di morte mi fanno semplicemente schifo. E mi deprime vedere in questo sito, con pochissime eccezioni (Andrea Colombo e Raffaele, per fare nomi), che la cultura di sinistra é ferma agli insulti, qundo non é omofobica e sessuofobica. Occorre inventare qualcosa di nuovo, e voi non ne fate parte. Ho visto un’intervista a Fiore, e sono semplicemente inorridito, e fra me e FN ci sono galassie di distanza, ma se le uniche risposte che sappiamo dare sono queste, povero mondo e poveri figli cui lo lasciamo.

  8. Hai ragione caro bakunin, lo scenario è sempre più sconfortante!!! certi soggetti inguardabili e inascoltabili delle due parti si legittimano a vicenda ma a sinistra, dopo le note vicende elettorali e congressuali dell’anno scorso, la regressione è stata maggiore.
    un saluto

  9. La dimostrazione in questi giorni,BR in libertà,terroristi che non scontano pene,fratelli incarcerati con fantomatici motivi,ammazzati,e famiglie a cui viene puntato il dito accusatorio,quando la giustizia rende ingiustizia,la conclusione è una “é questo che combatterò!”.

  10. W LE BR!!!
    W MORUCCI!!!
    W CURCIO E MARA CAGOL!!!
    ABBASSO QUELLO STRONZO VENDUTO DE MERDA PSEUDOCOMUNSISTA, MA IN RELATA’ FASCIO DE TELESE!!!
    PORCACCIO DIO DE MERDA VE ROMPO ER CULO!!!

  11. Pour avoir essaye9, je pense que la qualite9 filnae d’e9coute pour l’internaute de9pend des facteurs suivants:- la qualite9 du son de l’artiste (donc un micro casque branche9 sur l’entre9e micro de son ordi sera largement insuffisante). Il faut au moins une carte son de9die9e (ordi fixe) ou externe (ordi portable), et le reste doit suivre (micros, pre9amp, mixage, etc.).- la vitesse de connection internet de l’artiste- la vitesse de connection internet de l’internaute (dans les deux cas, une connection lente va te donner un son pourri).- le syste8me son de l’interaute.De me9moire je me rappelle que dans UStream tu peux re9gler les parame8tres de vide9o et de son. Les deux sont se9pare9s donc tu peux privile9gier l’un ou l’autre. Par contre plus tu re8gles sur une de9finition e9leve9e, plus e7a demandera de la bande passante sur la ligne internet, d’of9 la ne9cessite9 d’avoir du de9bit en conse9quence

  12. Bonjour,Pour diffuser un live d’un arsttie avec un son en haute de9finition, suffit-il de prendre le son e0 la sortie de la carte son (l’image m’importe peu ici) ? La qualite9 du son pere7u par les internautes de9pend-il aussi de la qualite9 de leur connection ? Y a-t-til des services qui garantissent un traitement audio HD ?Merci beaucoup pour cet article !

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