Le disavventure della moglie di Almirante

28 ago 2008

La Versiliana lascia a casa Donna Assunta.

E lei: disordini? Non ho paura

ROMA – Le sarebbe piaciuto salire sul palco e discutere di ‘ 68 e dintorni, nell’ incontro del 30 agosto per il quale aveva ricevuto – dice il presidente della Fondazione Versiliana Massimiliano Simoni – un invito informale. Ma niente da fare: viste le contestazioni del 19 – quando tra un gruppo di militanti di sinistra e alcune persone del pubblico erano scoppiati tafferugli alla presentazione di un libro di Franco Servello su Almirante – Donna Assunta è diventata ospite poco gradita. O meglio, Simoni si è visto «costretto» a ritirare l’ invito: «Sarebbe stato un incontro interessante, niente affatto celebrativo. Ma ne ho parlato con questore, autorità, e mi hanno spiegato che avrebbero dovuto inviare almeno 50 poliziotti per garantire la sicurezza, e non si può trasformare un evento che è anche per le famiglie in un fortino…». Dunque, niente da fare: «Ho chiamato Donna Assunta, le ho detto che l’ invito è ritirato. Ed è un gran peccato: lei doveva venire per il libro di Servello, ma per impegni personali non ha potuto, e adesso finisce così…». Lei però, l’ agguerritissima vedova Almirante, dal Trentino dove è in villeggiatura, ha l’ aria di chi, più che sentirsi offesa, si sente pronta a sfidare il mondo: «Se non vado, è perché questo invito non l’ ho mai ricevuto, checché ne dica Simoni, altrimenti sarei andata anche a piedi ad affrontare questi "contestatori"… Ma figuriamoci se mi mettono paura quattro ragazzotti, o quattro vecchiotti che siano, con tante che ne ho passate nella vita. Io non ho paura di niente e di nessuno, e chi mi tocca a me? Se volava qualche pugno, sarebbe stato tra i contestatori, a me nemmeno servivano 50 poliziotti a protezione: io non sono mai stata contestata, tantomeno aggredita, ma sempre rispettata da tutto il popolo italiano. La gente è più avanti di queste beghe, e l’ avrei detto anche agli eventuali contestatori: "Ma vi pare che possiamo stare a litigare sul ‘ 68 oggi, con tutti i problemi che ha l’ Italia? Qui c’ è da discutere su come arrivare a fine del mese, altro che di storia. Storia che conta, certo, e che va ricordata con rispetto. Ma oggi, è tempo di pacificazione, lo dicono tutti». Tanto che, Donna Assunta, andrebbe senza tentennamenti «ovunque, dalla Festa dell’ Unità a quella di Bertinotti, magari mi chiamassero!». Ma la Versiliana… «Non vado dove sono sgradita, altrimenti mi sarei precipitata: per dire a quei "nemici" che mi aspettavano che è giunto il tempo in cui ci si può tranquillamente stringere la mano».

Paola Di Caro, Corriere della Sera

31 commenti

  1. Andrea Insabato

    E’ una donna di carattere. Punto.

  2. E la chiamano ” democrazia “!!! E’ mai possibile che il questore possa dare una risposta simile?? E’ tollerabile che quattro coglioni ( quali peraltro erano alla precedente presentazione del libro ) possano impedire un dibattito sereno e pacato??
    Nonostante tutto decidono sempre loro…hanno ancora questo potere… si può alzare il pugno, ma mai la mano tesa!!!

    POVERA ITALIA!!

  3. Giuseppe Liguori

    IL PROFESSORE DI SINISTRA E L’UBRIACONE DI DESTRA

    Il professor Obama, futuro presidente Usa, ha tenuto oggi a Denver la sua lectio magistralis, di fronte a 70.000 persone.
    Il guerrafondoio Bush, invece, e’ stato lasciato dalla moglie, perche’ alcoolizzato e perche’ ha un’amante.
    Il divorzio sara’ ufficializzato nel gennaio 2009, quando George sara’ solo un ex presidente.
    E’ solo una delle tante differenze tra la sinistra e la destra:
    noi votiamo per i professori, voi per gli alcolizzati ed adulteri (Bush) e per i ladri e puttanieri (Berlusconi e Mussolini).

  4. …sento un ronzar di mosche…pardon, di mosconi.

    Lorenz

  5. Andrea Insabato

    Clamoroso a Denver: Obama si è candidato! Ha preso la cosa alla LETTERA e con un bianchetto si è sbiancato.
    Fa ancora caldo.

  6. Andrea Insabato

    Propongo di nominare la Carfagna Matrimonio dell’umanità.

  7. Signor Liguori, quindi??

  8. Andrea Insabato

    “UNA LEGGEREZZA” “CHIEDO SCUSA”.
    Queste le parole di Fini, che avrebbe voluto pronunciare da anni, che gli giravano in testa come liberatori contro i corvi funesti fra le nubi dei pensieri, poi quando ha fatto l’invasione di campo subacqueo a Giannutri queste parole gli sono uscite finalmente ma sottintendevano a ben altra colpa!
    E ora, dopo aver visto il documentario trasmesso dalla terza rete RAI ieri sera, lunga interminabile gloriosa apologia del fascismo, dei successi mussoliniani, della vittoria di un’Italia moderna sull’arretratezza ottocentesca, il neo Presidente della terza Camera, si sarà detto ancora una volta “quale leggerezza!” “l’aver definito il, Fascismo male assoluto, fra un poco mi smentiranno anche i libri di scuola per le elementari!”
    L’insostenibile leggerezza dell’essere lo attanaglierà nuovamente.

  9. Giuseppe Liguori

    IL DISCORSO DI OBAMA

    È con profonda gratitudine e grande umiltà che accetto la vostra nomination per la presidenza degli Stati Uniti.Lasciate anzitutto che ringrazi i miei avversari nelle primarie e in particolare colei che più a lungo mi ha conteso la vittoria – un faro per i lavoratori americani e fonte di ispirazione per le mie figlie e le vostre – Hillary Rodham Clinton. Grazie anche al presidente Clinton e a Ted Kennedy, che incarna lo spirito di servizio, e al prossimo vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden.

    Il mio amore va alla prossima First Lady, Michelle Obama e a Sasha e Malia. Vi amo e sono fiero di voi. Quattro anni fa vi ho raccontato la mia storia, la storia di una breve unione tra un giovane del Kenya e una giovane del Kansas, persone qualunque e non ricche, ma che condividevano la convinzione che in America il loro figliolo potesse realizzare i suoi sogni. È questa la ragione per cui mi trovo qui stasera. Perchè per 230 anni ogni qual volta questo ideale americano e’ stato minacciato, gli uomini e le donne di questo Paese – studenti e soldati, contadini e insegnanti, infermieri e bidelli – hanno trovato il coraggio di difenderlo.

    Attraversiamo un momento difficile, un momento in cui il Paese e’ in guerra, l’economia e’ in crisi e il sogno americano e’ stato ancora una volta minacciato. Oggi molti americani sono disoccupati e moltissimi sono costretti a lavorare di più per un salario inferiore. Molti di voi hanno perso la casa. Questi problemi non possono essere tutti imputati al governo. Ma la mancata risposta e’ il prodotto di una politica fallimentare e delle pessime scelte di George W. Bush. L’America è migliore della nazione che abbiamo visto negli ultimi otto anni.

    Il nostro Paese è più generoso di quello in cui un uomo in Indiana deve imballare i macchinari con i quali lavora da venti anni e vedere che vengono spediti in Cina e poi con le lacrime agli occhi deve tornare a casa e spiegare alla famiglia cosa è successo. Abbiamo più cuore di un governo che abbandona i reduci per le strade, condanna le famiglie alla povertà e assiste inerme alla devastazione di una grande città americana a causa di un nubifragio. Stasera agli americani, ai democratici, ai repubblicani, agli indipendenti di ogni parte del Paese dico una cosa sola: basta! Abbiamo l’occasione di rilanciare nel ventunesimo secolo il sogno americano. Siamo qui stasera perchè amiamo il nostro Paese e non vogliamo che i prossimi quattro anni siano come gli otto che abbiamo alle spalle.

    Ma non voglio essere frainteso. Il candidato repubblicano, John McCain, ha indossato la divisa delle forze armate degli Stati Uniti con coraggio e onore e per questo gli dobbiamo gratitudine e rispetto. Ma i precedenti sono chiari: John McCain ha votato per George Bush il 90% delle volte. Al senatore McCain piace parlare di giudizio, ma di quale giudizio parla visto che ha ritenuto che George Bush avesse ragione più del 90% delle volte? Non so come la pensate, ma a me il 10% non basta per cambiare le cose.

    La verità è che su tutta una serie di questioni che avrebbero potuto cambiare la vostra vita – dall’assistenza sanitaria all’istruzione e all’economia – il senatore McCain non è stato per nulla autonomo. Ha detto che l’economia ha fatto «grandi progressi» sotto la presidenza Bush. Ha detto che i fondamentali dell’economia sono a posto. Ha detto che soffrivamo unicamente di una «recessione mentale» e che siamo diventati una «nazioni di piagnucoloni». Una nazione di piagnucoloni. Andatelo a dire ai metalmeccanici del Michigan che hanno volontariamente deciso di lavorare di piu’ per scongiurare la chiusura della fabbrica automobilistica. Ditelo alle famiglie dei militari che portano il loro peso in silenzio. Questi sono gli americani che conosco.

    McCain sarà in buona fede ma non sa come stanno le cose. Altrimenti come avrebbe potuto dire che appartengono al ceto medio tutti quelli che guadagnano meno di 5 milioni di dollari l’anno? Come avrebbe potuto proporre centinaia di miliardi di sgravi fiscali per le grandi aziende e per le compagnie petrolifere e nemmeno un centesimo per oltre cento milioni di americani? Da oltre due decenni McCain è fedele alla vecchia e screditata filosofia repubblicana secondo cui bisogna continuare a far arricchire quelli che sono già ricchi nella speranza che qualche briciola di prosperità cada dal tavolo e finisca agli altri. Perdi il lavoro? Pura sfortuna. Non hai assistenza sanitaria? Ci penserà il mercato. Sei nato in una famiglia povera? Datti da fare.

    È ora di cambiare l’America. Noi democratici abbiamo del progresso una idea completamente diversa. Per noi progresso vuol dire trovare un lavoro che ti consenta di pagare il mutuo; vuol dire poter mettere qualcosa da parte per mandare i figli all’università. Per noi progresso sono i 23 milioni di nuovi posti di lavoro creati da Bill Clinton quando era presidente. Noi misuriamo la forza dell’economia non in base al numero dei miliardari, ma in base alla possibilità di un cittadino che ha una buona idea di rischiare e avviare una nuova impresa. Vogliamo una economia rispettosa della dignità del lavoro.

    I criteri con cui valutiamo lo stato di salute dell’economia sono quelli che hanno reso grande questo Paese e che mi consentono di essere qui stasera. Perchè nei volti dei giovani reduci dell’Iraq e dell’Afghanistan vedo mio nonno che andò volontario a Pearl Harbour, combattè con il generale Patton e fu ricompensato da una nazione capace di gratitudine con la possibilità di andare all’università. Nel volto del giovane studente che dorme appena tre ore per fare il turno di notte vedo mia madre che ha allevato da sola mia sorella e me e contemporaneamente ha finito gli studi. Quando parlo con gli operai che hanno perso il lavoro penso agli uomini e alle donne del South Side di Chicago che venti anni fa si batterono con coraggio dopo la chiusura dell’acciaieria.

    Ignoro che idea abbia McCain della vita che conducono le celebrità, ma questa è stata la mia vita. Questi sono i miei eroi. Queste sono le vicende che mi hanno formato. Intendo vincere queste elezioni per rilanciare le speranze dell’America. Ma quali sono queste speranze? Che ciascuno possa essere l’artefice della propria esistenza trattando gli altri con dignità e rispetto. Che il mercato premi il talento e l’innovazione e generi crescita, ma che le imprese si assumano le loro responsabilità e creino posti di lavoro. Che il governo, pur non potendo risolvere tutti i problemi, faccia quello che non possiamo fare da soli: proteggerci e garantire una istruzione a tutti i bambini; preoccuparsi dell’ambiente e investire in scuole, strade, scienza e tecnologia.

    Il governo deve lavorare per noi, non contro di noi. Deve garantire le opportunità non solo ai più ricchi e influenti, ma a tutti gli americani che hanno voglia di lavorare. Sono queste le promesse che dobbiamo mantenere. È questo il cambiamento di cui abbiamo bisogno. E sul tipo di cambiamento che auspico quando sarò presidente voglio essere molto chiaro.

    Cambiamento vuol dire un sistema fiscale che non premi i lobbisti che hanno contribuito a farlo approvare, ma i lavoratori americani e le piccole imprese. Il mio programma prevede tagli fiscali del 95% a beneficio delle famiglie dei lavoratori. In questa situazione economica l’ultima cosa da fare e’ aumentare le tasse che colpiscono il ceto medio. E per l’economia, per la sicurezza e per il futuro del pianeta prendo un impegno preciso: entro dieci anni sarà finita la nostra dipendenza dal petrolio del Medio Oriente. Da presidente sfrutterò le nostre riserve di gas naturale, investirò nel carbone pulito e nel nucleare sicuro. Inoltre investirò 150 miliardi di dollari in dieci anni sulle fonti energetiche rinnovabili: energia eolica, energia solare, biocombustibili. L’America deve pensare in grande.

    È giunto il momento di tenere fede all’obbligo morale di garantire una istruzione adeguata a tutti i bambini. Assumerò un esercito di nuovi insegnanti pagandoli meglio e appoggiandoli nel loro lavoro. È giunto il momento di garantire l’assistenza sanitaria a tutti gli americani. È giunto il momento di garantire ai lavoratori il congedo per malattia retribuito perché in America nessuno dovrebbe scegliere tra mantenere il lavoro o prendersi cura di un figlio o di un genitore ammalato. È giunto il momento di realizzare la parità salariale tra uomini e donne perché voglio che le mie figlie abbiano esattamente lo stesso trattamento dei vostri figli.

    Molti di questi programmi richiederanno grossi investimenti ma ho previsto la copertura finanziaria per ogni progetto di riforma. Ma realizzare le speranze americane comporta qualcosa di più del denaro. Comporta senso di responsabilità e la riscoperta di quella che John F. Kennedy definì «la forza morale e intellettuale». Ma il governo non può fare tutto. Nessuno può sostituire i genitori. Il governo non può spegnere il televisore nelle vostre case per far fare i compiti ai figli e non è mpito del governo allevare i figli con amore. Responsabilità personale e collettiva: è questo il senso delle speranze americane.

    Ma i valori dell’America vanno realizzati non solo in patria, ma anche all’estero. John McCain dubita delle mie capacità di fare il comandante in capo. Mi ha sfidato a sostenere un dibattito televisivo su questo tema. Non mi tirerò indietro. Dopo l’11 settembre mi sono opposto alla guerra in Iraq perché ritenevo che ci avrebbe distratto dalle vere minacce. John McCain ama ripetere che è disposto a seguire bin Laden fino alle porte dell’inferno, ma in realtà non vuole andare nemmeno nella grotta in cui vive. L’Iraq ha un avanzo di bilancio di 79 miliardi di dollari mentre noi sprofondiamo nel deficit eppure John McCain, testardamente, si rifiuta di mettere fine a questa guerra insensata. Abbiamo bisogno di un presidente capace di affrontare le minacce del futuro e non aggrappato alle idee del passato. Non si smantella una rete terroristica che opera in 80 Paesi occupando l’Iraq. Non si protegge Israele e non si dissuade l’Iran facendo i duri a parole a Washington. Non si può fingere di stare dalla parte della Georgia dopo aver logorato i rapporti con i nostri alleati storici. Se John McCain vuol continuare sulla falsariga di Bush, quella delle parole dure e delle pessime strategie, faccia pure, ma non è il cambiamento che serve agli americani.

    Siamo il partito di Roosevelt Siamo il partito di Kennedy. E quindi non venitemi a dire che i democratici non difenderanno il nostro Paese. Come comandante in capo non esiterò mai a difendere questa nazione. Metterò fine alla guerra in Iraq in maniera responsabile e combatterò contro Al Qaeda e i talebani in Afghanistan. Rimetterò in piedi l’esercito. Ma farò nuovamente ricorso alla diplomazia per impedire all’Iran di dotarsi di armi nucleari e per contenere l’aggressività russa. Creerò nuove alleanze per vincere le sfide del ventunesimo secolo: terrorismo e proliferazione nucleare; povertà e genocidio; cambiamento climatico e malattie. E ripristinerò la nostra reputazione morale perchè l’America torni ad essere per tutti il faro della speranza, della libertà, della pace e di un futuro migliore. È questo il mio programma.

    Sono tempi duri, la posta in gioco è troppo alta perchè si continui a demonizzare l’avversario. Il patriottismo non ha bandiere di partito. Amo questo Paese, ma lo ama anche John McCain. Gli uomini e le donne che si battono sui campi di battaglia possono essere democratici, repubblicani o indipendenti, ma hanno combattuto insieme e spesso sono morti insieme per amore della stessa bandiera. Il compito che ci aspetta non è facile. Le sfide che dobbiamo affrontare comportano scelte difficili e sia i democratici che i repubblicani debbono abbandonare le vecchie, logore idee e la politica del passato. Negli ultimi otto anni non abbiamo perso solamente posti di lavoro o potere d’acquisto; abbiamo perso il senso dell’unità di intenti.

    Possiamo non essere d’accordo sull’aborto, ma certamente tutti vogliamo ridurre il numero delle gravidanze indesiderate. Il possesso delle armi da fuoco non è la stessa cosa per i cacciatori dell’Ohio e i cittadini di Cleveland minacciati dalle bande criminali, ma non venitemi a dire che violiamo il secondo emendamento della Costituzione se impediamo ai criminali di girare con un kalashnikov. So che ci sono divergenze sul matrimonio gay, ma sono certo che tutti siamo d’accordo sul fatto che i nostri fratelli gay e le nostre sorelle lesbiche hanno il diritto di fare visita in ospedale alla persona che amano e hanno il diritto a non essere discriminati. Una grande battaglia elettorale si vince sulle piccole cose.

    So di non essere il candidato più probabile per questa carica. Non ho il classico pedigree e non ho passato la vita nei Palazzi di Washington. Ma stasera sono qui perchè in tutta l’America qualcosa si sta muovendo. I cinici non capiscono che questa elezione non riguarda me. Riguarda voi. Per 18 mesi vi siete impegnati e battuti e avete diffusamente parlato della politica del passato. Il rischio maggiore è aggrapparsi alla vecchia politica con gli stessi vecchi personaggi e sperare che il risultato sia diverso. Avete capito che nei momenti decisivi come questo il cambiamento non viene da Washington. È Washington che bisogna cambiare. Il cambiamento lo chiedono gli americani.

    Ma sono convinto che il cambiamento di cui abbiamo bisogno è alle porte. L’ho visto con i miei occhi. L’ho visto in Illinois dove abbiamo garantito l’assistenza sanitaria ai bambini e dato un posto di lavoro a molte famiglie che vivevano con il sussidio di disoccupazione. L’ho visto a Washington quando con esponenti di entrambi i partiti ci siamo battuti contro l’eccessiva invadenza dei lobbisti e quando abbiamo presentato proposte a favore dei reduci. E l’ho visto nel corso di questa campagna elettorale. L’ho visto nei giovani che hanno votato per la prima volta, nei repubblicani che non avrebbero mai pensato di poter scegliere un democratico, nei lavoratori che hanno scelto di auto-ridursi l’orario di lavoro per non far perdere il posto ai compagni, nei soldati che hanno perso un arto, nella gente che accoglie in casa un estraneo quando c’è un uragano o una inondazione.

    Il nostro è il Paese più ricco della terra, ma non è questo che ci rende ricchi. Abbiamo l’esercito più potente del mondo, ma non è questo che ci rende forti. Le nostre università e la nostra cultura sono l’invidia del mondo, ma non è per questo che gente di ogni parte del mondo viene in America. È lo spirito americano – quella promessa americana – che ci spinge ad andare avanti anche quando il cammino sembra incerto. Quella promessa è il nostro grande patrimonio. È la promessa che faccio alle mie figlie quando rimbocco loro le coperte la sera, la promessa che ha indotto gli immigranti ad attraversare gli oceani e i pionieri a colonizzare il West, la promessa che ha spinto i lavoratori a lottare per i loro diritti scioperando e picchettando le fabbriche e le donne a conquistare il diritto di voto. È la promessa che 45 anni fa fece affluire milioni di americani a Washington per ascoltare le parole e il sogno di un giovane predicatore della Georgia.

    Gli uomini e le donne lì riuniti avrebbero potuto ascoltare molte cose. Avrebbero potuto ascoltare parole di rabbia e di discordia. Avrebbero potuto cedere alla paura e alla frustrazione per i tanti sogni infranti. Ma invece ascoltarono parole di ottimismo, capirono che in America il nostro destino è inestricabilmente legato a quello degli altri e che insieme possiamo realizzare i nostri sogni. «Non possiamo camminare da soli», diceva con passione il predicatore. «E mentre camminiamo dobbiamo impegnarci ad andare sempre avanti e a non tornare indietro». America, non possiamo tornare indietro. C’è molto da fare. Ci sono molti bambini da educare e molti reduci cui prestare assistenza. Ci sono una economia da rilanciare, città da ricostruire e aziende agricole da salvare. Ci sono molte famiglie da proteggere. Non possiamo camminare da soli. In questa campagna elettorale dobbiamo prendere nuovamente l’impegno di guardare al futuro. Manteniamo quella promessa – la promessa americana. Grazie. Che Dio vi benedica. Che Dio benedica gli Stati Uniti d’America.

    Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

    Pubblicato il: 29.08.08

  10. Giuseppe Liguori

    IL FASCISMO MALE ASSOLUTO

    Mi dispiace che ci sia ancora qualcuno che nega, come fa Insabato, che IL FASCISMO SIA IL MALE ASSOLUTO. Quando si massacrano gli ebrei, quando si uccidono gli oppositori politici (l’on. Matteotti, l’on. Amendola), quando si assassinano i sacerdoti (don Minzoni), quando non c’e’ liberta’ d’espressione, non c’e’ il diritto di sciopero, non c’e’ il multipartitismo, le elezioni sono truccate ed al governo c’e’ un assassino, un ladro ed un ignorante come Mussolini, siamo di fronte al MALE ASSOLUTO.
    Al sig. Aldo rispondo: e’ ora d’insegnare a tutti i giovani italiani che non bisogna votare per i partiti fascsiti: Forza Nuova, La Destra, ecc., ne’ votare per candidati fascisti che si nascondono nel PDL (Alessandra Muswsolini). E’ chiaro che ognuno puo’ votare per chi vuole, ma e’ anche vero che, con l’informazione in mano ad Emilio Fede e Bruno Vespa, i giovani possono essere facilmente ingannati.
    NO A BERLUSCONI, NO AL FASCISMO. SI A VELTRONI, SI ALLA DEMOCRAZIA.

  11. Liguori fucksista!

  12. frascarelli giulio

    Egr. sig. Liguori, a parte il fatto che anche dalla sua parte di assassini (Stalin), pazzi (Lenin) e visionari (Mao) ce ne sono stati parecchi, senza contare quel gentiluomo uccisore di donne e bambini dell’ egregio Ernesto Guevara, che avete trasformato in icona del BENE ASSOLUTO, dissento con lei in alcune cose: Innanzitutto i dittatori sono tutti uguali, di qualsiasi colore siano (Castro e Pinochet insegnano senza tornare troppo indietro nel tempo); lei è un illuso ( lo dico senza intento offensivo) se crede che il fascimo esista ancora. Il fascismo è morto con il suo fondatore e nessun uomo è mai stato all’ altezza di ciò che lui ha fatto (ha notato, non ho scritto “lui” maiuscolo), anche perchè le condizioni storiche che hanno portato un semplice agitatore SOCIALISTA a diventare una delle figure più analizzate e discusse del ’900 non sono assolutamente ricreabili. Lo “spettro” del Fascismo ( questo si maiuscolo) serve solo a lei ed alla gente come lei per poter trovare ragione di presentarsi in televisione, nelle radio, nei salotti buoni della cultura, direi quasi per vivere. Il pericolo degli ex missini di Fini al Governo, l’ ODIO contro il guerrafondaio amico di Bush Berlusconi, l’ inneggiare isterico dei cortei dei Centri Sociali che gridavano alla deriva neo-fascista, sono state le cause della vittoria di Prodi alle penultime elezioni; una massa raccogliticcia ed eterogenea di partiti e persone che la pensavano diversamente su tutto tranne che su Berlusconi: E’ stato l’ odio che vi ha permesso di creare danni incalcolabili per 2 anni, l’ odio che vi ha fatto vivere e propsperare. Solo di questo sapete parlare e solo questo sapete fare, ODIO ma non sapete costruire niente, solo distruggere.
    Distinti saluti
    Frascarelli Giulio

  13. frascarelli giulio

    Dimenticavo l’ informazione, mi perdoni paziente sig. Liguori ma stavolta sono d’ accordo con lei: molto meglio un’ informazione in mano all’ equilibrato Santoro e la cultura in mano al duetto Fò-Rame, quelli che scrivevano appelli al Capo dello Stato e lettere di solidarietà all’ assassino di Falvella. Sempre la solita cultura dell’ odio, del ” se lo facciamo noi và bene, gli altri no”

  14. Andrea Insabato

    La democrazia ha massacrato milioni di bambini con l’aborto e con gli ostacoli alle nascite, ha assassinato fiori di giovani facendo dilagare droga ed altavelocità senza controllo, ha assassinato gli ideali e messo al suo posto l’ipod, permette l’insulto alla religione cristiana con una rana crocefissa che altro non è che una riproduzione di un rito satanico già messo in atto da Alister Crowley, pederasta omosessuale depravato che il nostro beneamato duce scacciò dall’italia.
    La stella della repubblica (reprivata) italiana è un simbolo satanista.

  15. frascarelli giulio

    non conosco tale Crowley, mi documenterò. Grazie, è sempre bene allargare la propria conoscenza

  16. Andrea Insabato

    Aleister Crowley per l’esattezza, l’uomo che riuscì a putrefarsi prima di morire, a differenza dei santi che rimangono intatti dopo morti.
    Un uomo che nato oggi in un sano paese islamico di sani principi sarebbe stato impiccato ai primi exploit.
    Con ciò libertà di pensiero, ma se questa si traduce in fatti come di regola è, non si può lasciar fare pratiche perverse, quali l’uccisione di creature innocenti.
    La realtà è che un potere satanico governa parte del mondo, il suo simbolo è la stella.
    I bambini abortiti sono la cartina tornasole di quello che sto dicendo.

  17. Sig Liguori, prendo nota della sua risposta, ma chiedo nuovamente quindi?
    Credo si sia scordato di dire che probabilmente anche Caino era fascista, come lo era sicuramente Erode e sicuramente anche Torquemada e la Santa Inquisizione. Indubbiamente era stata provocata volutamente dai fascisti anche la peste bubbonica e la lebra ha chiare origini fasciste. Sembrerebbe fascista di origine anche Jack Lo Squartatore e tutti i serial killer della storia erano ispirati dal fascismo. Anche Stalin, anche se nato in quel splendido paesino di Gori, era indubbiamene fascista, perche’fasciste erano le sue idee che gli americani, ingiustamente e in maniera scorretta, hanno definito comunista.
    Ah, si e’anche dimenticato del fatto che anche l’AIDS e’stato creato a laboratorio dai fascisti, per annientare negri e omosessuali.

  18. signor liguori lei non è quella stessa persona che si mandava minacce su questo blog firmandosi ”manipolo fascista” più di un anno fa? noto con dispiacere il suo ritorno.

  19. Giuseppe Liguori

    NO AL FASCISMO, NO ALLO STALINISMO

    Sig. Carmelo, un’indagine della polizia postale di Vicenza ha dimostrato che c’era un gruppo di fascisti che minacciava me ed i miei genitori (il cosiddetto Manipolo fascista, che e’ di recente tornato a scrivere su questo blog).
    Non dica dunque delle stupidaggini: non sono un mitomane.
    Al sig. Frascarelli, che ringrazio per la pacatezza del suo intervento, dico subito che io sono contro lo stalinismo. Sono di formazione cattolica ed i miei punti di riferimento non sono Stalin e Mao, ma Francesco d’Assisi e Madre Teresa.
    Se vogliamo parlare di politici onesti ed illuminari, cito Giorgio La Pira e don Dossetti, ai quali affianco due eroi socialisti: Giacomo Matteotti e Sandro Pertini.
    Il fascismo non esiste piou’? Venga con me in Uganda (ci sono stato tre anni) ed ascolti i discorsi del dittatore fascista Yoweri Museveni. Faccia un giro a Gibuti, visiti la prigione di Gabode ed ascolti i deliri del dittatore Ismail Omar Guele.
    IL FASCISMO ESISTE ED UCCIDE ANCORA OGGI.
    Per fortuna in Italia ci sono 5 milioni di antifascisti pronti a sbarrare la strada ad un nuovo Mussolini.

  20. Giuseppe Liguori

    STRAGE DI BRESCIA, LE FOTO CHE AIUTANO LA VERITA’

    Il primo dei tanti depistaggi sulla strage di piazza Loggia a Brescia lo fece Il Secolo d’Italia. Per il giornale dell’Msi il 28 maggio 1974 in piazza c’era Renato Curcio, fondatore delle Br. «Volevano intorpidire le acque», racconta Manlio Milani, presidente dell’associazione familiari delle vittime, che quella piovosa mattina perse la moglie Livia. «Sapevamo che quella era una strage fascista e decidemmo di fare qualcosa». La reazione della città, ancora affranta dal dolore per gli 8 morti e il centinaio di feriti, fu immediata. «Pensammo che la cosa migliore era fare un appello: portateci foto della strage, riconoscetevi in quegli scatti». E Brescia rispose «con un impegno senza eguali, un impegno che ci fece sentire in dovere di lottare contro i depistaggi e per la verità».
    Il “depistaggio Curcio” fu poi subito smentito da Giancarlo Caselli: «Arrivarono sul mio tavolo delle foto che sembravano di Curcio e che, se la memoria non m’inganna, erano di una commemorazione della strage di Brescia. La somiglianza c’era, ma già il profilo la metteva in forse. Riuscimmo poi ad individuare l’uomo e a smentire definitivamente quella versione».
    Più di vent’anni dopo, in una delle migliaia di foto raccolte, un volto sullo sfondo colpì i magistrati Di Martino e Piantoni, che aprirono l’ultima inchiesta nel 1993. Lo scatto immortala lo strazio di Arnaldo Trebeschi. Piange il fratello Alberto, militante del Pci, il cui corpo è coperto alla buona da una bandiera. Dietro di lui, da un improvvisato cordone di sicurezza, spunta il caschetto di uomo. I magistrati ci vedono subito Maurizio Tramonte, la “fonte Tritone” dei servizi segreti, uomo che ha scritto e riscritto il corso delle indagini. Nel 2001 affidano la perizia per il riconoscimento al professor Luigi Capasso, ordinario di Antropologia a Chieti. Attraverso accurati confronti antropometrici, Capasso giunge ad un «un positivo giudizio d’identità».
    La perizia fa parte degli atti dell’istruttoria che ha portato al rinvio a giudizio lo scorso maggio dello stesso Tramonte, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi e Pino Rauti con il via al processo previsto per il prossimo 25 novembre. Un impressionante mare di documenti in cui la verità potrebbe essere stata annegata dai tanti depistaggi. Un mare che la Casa della memoria di Brescia ha ora raccolto. «È stato un lavoro durissimo che ci è costato 45 mila euro. Ora è tutto digitalizzato e consultabile, grazie ai finanziamenti del Comune e della Provincia, co-fondatori con la nostra associazione della Casa della memoria».
    Una Casa piena di foto. «I primi furono i fotografi: lo studio Cinelli e lo studio Eden, da cui è tratta la foto di Tramonte. Entrambi i titolari sono morti. La figlia di Cinelli ci ha donato l’intero documentario. Poi molti cittadini portarono le foto a noi perché della Questura non si fidavano». E facevano bene. A guidare la prima inchiesta fu proprio il generale Francesco Delfino, ora rinviato a giudizio. Fu lui ad accreditare subito la falsa pista del trafficante Buzzi.
    «Io vivo a Roma», spiega Lorenzo Pinto, che di Milani nell’associazione delle vittime è il vice e che a Brescia perse il fratello Luigi, «eppure sono sempre colpito dall’impegno della città: qualche anno fa il famoso Ken Damy decise di fotografare tutti coloro che erano in piazza quel giorno e poi ne fece una bellissima mostra».
    La perizia sulla foto rafforza le possibilità di arrivare finalmente ad uno straccio di giustizia. «Preferiamo lasciar parlare i fatti e non commentare – conclude Manlio Milani -. In questi 34 anni di delusioni ne abbiamo avute troppe, basta pensare a tutti gli indagati morti o uccisi (Buzzi fu il primo) a pochi giorni dalle deposizioni. La cautela ci deriva dalla storia, ma siamo almeno contenti di aver portato per la prima volta a giudizio ben due uomini dei servizi segreti: Tramonte e Delfino. A testimonianza del fatto che i depistaggi nella storia dello stragismo nero ci sono eccome e sono compravati anche grazie all’impegno civico del popolo della nostra città».

    Pubblicato dal sito dell’Unita’ il 30.08.08

  21. Giuseppe Liguori

    IL MONITO DEL PAPA ANTIFASCISTA

    Da una parte all’altra dell’Atlantico la Chiesa cattolica mette sotto accusa le rigide regole contro l’immigrazione clandestina. A Roma, domenica all’Angelus, l’attacco è del papa Benedetto XVI, in America il direttore della Conferenza episcopale. Il Pontefice per la prima volta chiama in causa tutti paesi europei perché sviluppino strutture di aiuto e accoglienza degli immigrati irregolari. E ricorda le recenti tragedie della speranza nelle traversate del Mediterraneo.

    «I Paesi europei e comunque quelli meta di immigrazione – ha detto il Pontefice – sono, tra l’altro, chiamati a sviluppare di comune accordo iniziative e strutture sempre più adeguate alle necessità dei migranti irregolari». «Allo stesso tempo – ha detto ancora il Pontefice – questi ultimi, poi, vanno pure sensibilizzati sul valore della propria vita, che rappresenta un bene unico, sempre prezioso, da tutelare di fronte ai gravissimi rischi a cui si espongono nella ricerca di un miglioramento delle loro condizioni e sul dovere della legalità che si impone a tutti».

    «La migrazione – ha detto ancora il Pontefice – è fenomeno presente fin dagli albori della storia dell’umanità, che da sempre, pertanto, ha caratterizzato le relazioni tra popoli e nazioni. L’emergenza in cui si è trasformata nei nostri tempi, tuttavia, ci interpella e, mentre sollecita la nostra solidarietà, impone, nello stesso tempo, efficaci risposte politiche».Un appello al «senso di responsabilità» dei Paesi d’origine per contrastare il dramma delle morti in mare di tanti migranti costretti a lasciare le proprie terre.

    Per Benedetto XVI, si deve lottare contro la ctiminalità legata all’immigrazione clandestina ma si deve tenere presente che «l’emergenza in cui si è trasformata nei nostri tempi, tuttavia, ci interpella e, mentre sollecita la nostra solidarietà, impone, nello stesso tempo, efficaci risposte politiche. So che molte istanze regionali, nazionali e internazionali si stanno occupando della questione della migrazione irregolare: ad esse va il mio plauso e il mio incoraggiamento, affinché continuino la loro meritevole azione con senso di responsabilità e spirito umanitario».

    Il discorso pronunciato dal papa a Castel gandolfo fa il paio con il monito che viene dagli Usa ai candidati alla Casa Bianca sul tema dell’immigrazione. Norme troppo rigide sull’immigrazione, che di fatto puntano a blindare le frontiere, favoriscono l’immigrazione clandestina, creano una «situazione immorale», e vanno perciò riviste: è l’invito fatto dai vescovi americani ai candidati alla Casa Bianca.«Il sistema legislativo americano è inadatto per affrontare il fenomeno», ha scritto il direttore dell’Ufficio per la politica migratoria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, Kevin Appleby, in un articolo apparso sabato sulla stampa americana e riportato domenica dalla Radio vaticana. «Negli ultimi 15 anni – spiega il rappresentante dei vescovi Usa – il governo federale ha speso miliardi di dollari per rinforzare la vigilanza alle frontiere; nello stesso periodo però il numero di immigrati senza documenti è più che raddoppiato». Del resto – precisa – circa l’80% di chi giunge nel territorio statunitense trova lavoro, e questo incoraggia nuovi arrivi. «È come se la politica – ha affermato – avesse creato le condizioni per la violazione delle regole».

    Pubblicato il: 31.08.08

  22. Noto con piacere che c’e'un lettore dell’Unita’, il Sig.Liguori, la nuova diretrice e la redazione saranno molto contenti di aver acquisito fra i lettori un antifascista di tale spessore.

  23. Dott. Liguori, ma Lei pensa veramente che il blog sia stato creato per ospitare i suoi copia e incolla?

  24. Ma perchè il mitomane Liguori deve scrivere a tutti i costi stronzate in questo blog di Fascisti? Tanto non ci redimi Don Liguori, anche perchè il movimento rivoluzionario Fascista i preti se li mangiava!!

    Guido “Farinacci” Arduini

  25. Questo non è un sito di fascisti. Ma nemmeno un sito di coglioni. Lo dico perchè tutti si possano regolare. Quanto alla foto di Brescia ne vorrei discutere a parte. L’ho guardata e riguardato, dubito che da mezzo ciuffo si possa identificafre chissà chi.
    Luca

  26. Luca!! Pazzo!! Inimicarti così l’educando, seminarista, politically correct, solidarista. Sei stato avventato e adesso ti sorbirai l’ira della curia immaginaria tutta! Probabilmente non siamo più fascisti, ma nemmeno idioti da indottrinare con gli articolessi dell’Unità…ma c’è chi non se ne accorge e persevera. Perseverare è diabolico, non misericordioso, e il nostro ‘personale poverello d’Assisi tascabile’, diabolicamente non se n’è accorto.

    Un saluto, Lorenz

  27. Giuseppe Liguori

    LUCA TELESE, CHI SONO I COGLIONI ?

    Caro Luca, non e’ chiaro se ti rivolgi a me quando parli di coglioni che scrivono in questo sito. Forse anche tu, come Berlusconi, definisci coglioni tutti quelli che non votano per il Cavaliere ? In questo caso, essere coglione e’ un merito ed un vanto.
    A Lorenz rispondo che e’ meglio essere un poverello d’Asssisi piuttosto che essere un fascista.

  28. I forti di Forte Coraggio

    Liguori, nessuno si permetterebbe di pensare che tu sia un coglione, eventualmente un testicolo

  29. …poverello d’Assisi, ma tascabile…d’altronde è anche meglio nella società del tamagochi, per fare proselitili bisogna essere maneggievoli. Con reverenza monsignor Liguori

    Lorenz

  30. Caro Sig. Liguri, non posso che farLe i miei piu’ vivi e sinceri complimenti!!!!

    Lei rappresenta l’esemplare perfetto del COMUNISTA!!! … Ha la verità assoluta nelle sue illuminate parole. Posso permettermi di ricordarle che si è di menticato di aggiungere ” uccidere un fascista non è reato ” Le era forse sfuggito?? Non tema , lo aggiugo io come vede…
    Signori, non continuate a definirlo mitomane.. il Sig. Liguori casomai è un MITO e basta!!!!
    Grazie di esistere!!!

    Almeno siamo certi che per molti anni ( spero mai ) non tornerete a governare ( si fà per dire ) questa nostra amata Patria.
    ( Noti bene ho detto PATRIA )!!

  31. e che commento devo lasciare… ? Solo una correzione :
    Duce si scrive maiuscolo !

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