Il Giornale

6 Febbraio 2009
Morucci a Casa Pound: “Sono vostro nemico ma vi riconosco la dignità di uomini”

L’ex brigatista nel centro sociale nero. Valerio Morucci a Casapound. Il dibattito impossibile suscita dibattito prima ancora di celebrarsi. E così, da tre giorni, i giornali pubblicavano articoli su questo evento. Ieri, nel centro sociale di destra più famoso d’Italia, a Roma, c’era una folla maivista. Sala piena, circuito chiuso, persone che s’affollano nei corridoi per carpire qualche frammento del dibattito. A discutere con l’ex telefonista delle Br, un parterre molto assortito: un intellettuale eretico come Giampiero Mughini, uno studioso della destra radicale proveniente da Potere operaio come Ugo Maria Tassinari, un intellettuale di destra della generazione trentenne come Angelo Mellone. Ma la tensione è così alta che appena Morucci prende la parola una ragazza sviene per un calo di zuccheri. Il dibattito, a quel punto della sera, era già iniziato da un’ora. Una lunga attesa che Morucci non delude. Inizia a parlare molto lentamente, dosa le parole, ma arriva subito al nodo: «Io sono qui perché sto combattendo una battaglia per la libertà di parola». La prima notizia è che il primo intervento dell’ex brigatista viene salutato dalla platea – prevalentemente composta da ragazzi di destra – da tre applausi a scena aperta. Dice Morucci: «Io sono qui, e devo spiegare perché. Io sono un uomo, ma anche un ex terrorista. Per la società non conta il mio presente, ma conta il mio passato». Un’altra pausa, più lunga: «Sono qui come nemico perché le vostre proposte per cambiare la società sono opposte alle mie idee. Io sono qui e rappresento solo me stesso. E un’altra cosa: la mia storia, che però su questo argomento ha un certo peso». Morucci racconta che cosa è successo dopo che è stato contattato dai ragazzi di Casapound: «La decisione è stata facile, la scelta un po’ tribolata. Ci sono stati degli ostracismi…». Poi, con un cambio di passo, una battuta: «Non ne ho tenuto conto. So che qui si usano altre locuzioni storicamente più note, ma io non le uso». È un riferimento al me ne frego, la platea coglie l’ironia e parte il primo applauso. Il ghiaccio è rotto, ma Morucci torna al registro serio: «È un discorso difficile quello di stasera. Ci sono troppe tragedie, troppi morti, non si possono usare parole fuori luogo. La mia è una testimonianza, non mi pongo sopra gli eventi, serve ad offrire delle interpretazioni degli eventi a cui ho preso parte». Poi, un passaggio autocritico che riscuote un altro applauso: «Non ho mai avuto remore. Quando la mia libertà di pensiero e di critica è entrata in conflitto con la mia fede, io ho rotto con la mia fede». Tutti capiscono che Morucci parla del suo abbandono delle Brigate rosse, la rottura sulla scelta di uccidere Moro. E lui ricorre a un piccolo colpo di teatro. Solleva la fotocopia di un vecchio giornale, Il Messaggero del ’79: «Io, in un volantino firmato Brigate rosse, criticavo l’omicidio di Guido Rossa: questa è la pagina, guardate». Poi una polemica con lo storico Miguel Gotor che sulla Stampa, il giorno prima dell’incontro, aveva detto che quello di Morucci era il ritorno a casa di un dannunziano: «Andatelo a dire a quello storico…». Poi, un altro passaggio pronunciato con tono di voce basso, con grande lentezza: «Io che ho discriminato e che ho ostracizzato sono venuto a dire che nessuno deve essere ostracizzato e discriminato». E, quindi, una personale spiegazione sulle ragioni del conflitto degli anni di piombo: «La discriminazione arriva a cancellare l’identità dell’altro fino al punto di annullare la dignità del nemico. A quel punto la sua dignità non è più nulla, è una sottospecie umana e porta alla soppressione del nemico». Un’altra pausa: «Io ho aderito a questo schiacciamento nel nulla dell’identità del nemico. Sono qui per dolermi di avervi aderito e ovviamente per lanciare un guanto di sfida». Poi, un altro strappo: «Era una guerra? Io credo di no. Era – rincara la dose Morucci – una pratica di pulizia etnica. Non si è ucciso solo il nemico che si aveva di fronte, ma si è andati a cercarlo nelle case». La fine di questa riflessione viene salutata da un altro applauso. Ed anche gli altri relatori portano provocazioni e spunti diversi per il dibattito. Mughini: «Non ci penso neppure a dirmi antifascista, non so nemmeno cosa significhi. Ma se l’antifascismo oggi è l’idea che bisogna togliere la parola a qualcuno, mi chiedo, allora che cazzo di antifascismo è?! È solo cretineria». Mughini interloquisce senza peli sulla lingua: «Noi siamo qui anche per dire che Valerio nel ’72 era un cazzone sesquipedale. Ma che oggi nel duemila punto nove è una persona diversa, che ha pagato un prezzo per le sue scelte». Il polemista più noto della tv italiana dice che si sente a casa fra i poster di Brasillach, di Evola, di Berto Ricci e di Luciano Bianciardi che decorano la sala del dibattito. E aggiunge: «Non ha senso chiedere di mettere gli ex brigatisti sulla sedia elettrica, ma bisogna ascoltare la loro testimonianza. Superare la tragedia degli anni di piombo – continua – significa superare l’idea della violenza». Provoca Mellone: «Per me gli anni ’70, sono stati anni brutti, anni in bianco e nero. L’incontro di oggi dovrebbe essere salutato come un gesto di liberazione». Tassinari: «La ferocia della violenza politica degli anni di piombo aveva un senso, tutti si assumevano il dolore delle proprie cattiverie. Quella del branco di oggi no». Mughini insorge, Morucci scuote la testa. Il dibattito è iniziato da appena un’ora, c’è tutta una notte per discutere.

*****

«Io a Casapound non ci sono andata. E se ci fossi andata… mi sarei avvelenata». Barbara Zicchieri, sorella di Mario, un ragazzo missino ucciso nel 1975 a Roma, spiega perché lei e sua madre, Maria Lidia sono scandalizzate per l’incontro fra l’ex brigatista e i giovani del centro sociale della destra romana. Ieri Barbara ha scritto una mail molto appassionata per spiegare il suo disagio: l’ha inviata alle agenzie, ai Tg e diversi giornalisti, fra cui chi scrive. Perché condanna quel dibattito? «Vede, mio fratello è stato ucciso da un gruppetto che ha fatto la sua prova del fuoco su due ragazzini, sparando con un fucile a pompa. È morto dissanguato. Per quel delitto sono stati processati un gruppo di militanti del cosiddetto Co.co.ce, una formazione extraparlamentare che agiva nelle periferie romane. Il principale imputato era Valerio Morucci». Che però fu assolto. «Condannato in primo grado, assolto in secondo. Ma tra i due processi, precipitò il caso Moro». Perché lo vuole ricordare? «Ai magistrati Morucci serviva – e infatti lo fece – per ricostruire la dinamica del sequestro Moro. Visto che i giudici ignorarono i testimoni oculari che lo avevano riconosciuto, ci siamo convinte, io, mia sorella e mia madre, che, data la sua dissociazione dalle Br e la sua collaborazione, lo abbiano giudicato con un occhio più benevolo». Quindi volete perseguitare Morucci? «Al contrario. Vorremmo solo verità da lui. Pensi che mia madre gli fece un’offerta pubblica: se avesse detto tutto quello che sapeva sulla morte di Mario, si sarebbe battuta per la sua riabilitazione, fino a mettersi in strada con i cartelli». E come andò a finire? «Con una gelida dichiarazione di Morucci all’Adn Kronos contro mia madre: “Dicesse, dicesse…”. Sembrava una presa in giro, non ce lo siamo dimenticate». Perché secondo voi Morucci non ha detto tutto? «Quando una volta lo sentii dire di mio fratello: “Zicchieri? Non mi ricordo questo ragazzo, ne sono morti tanti…”, mi vennero i brividi. Ma come, era stato processato per quel delitto e non se lo ricordava? Sono convinta che protegga qualcuno, qualcosa, forse se stesso, forse dei suoi ex compagni». E non comprende un atteggiamento come questo? «No. Credo che sia omertoso. E che sia un ostacolo alla risoluzione del problema che questo Paese ha, con la memoria degli anni di piombo». Lei cosa ha fatto? «Ho scritto persino a Fini. Ma solo per un bisogno simbolico: Mario era sua amico». Che cosa chiedete ai ragazzi di destra? «Di non celebrare la memoria di nostro fratello e degli altri ragazzi caduti solo negli anniversari. Di non mettere anche loro le vittime nel dimenticatoio, e i carnefici sugli altari». Ma ha provato a spiegarglielo? «Ho scritto ai dirigenti di Casapound una mail. Mi hanno risposto: “Ci abbiamo parlato noi, Morucci è sincero”». Ne sono convinti, evidentemente. «Temo che in questo modo non si faccia giustizia. Noi non vogliamo vendette. Ma nemmeno una amnistia maldestra in cui ci si lava le mani fra ex nemici, con un gesto che non è coraggioso né nobile: perché trascura ciò che ci sta più a cuore: la verità».

 

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2 commenti »

  1. A me pare una ottima iniziativa: non so se darà frutto, e temo che sembrerà soltanto qualcosa di un po’ bizzarro a chi si arrovella sul problemone “se PD o PDL”. Però mi sembra interessante osservare questa destra giovane che spesso anche nel passato recente ci ha abituati altrove a cadute di stile e che in casi come questo dimostra invece grande lucidità, credo maggiore dei loro corrispettivi a sinistra. Mi piacerebbe che a sinistra si cominciasse a promuovere -con le dovute differenze che ci pare, d’accordo- iniziative analoghe, così che torni ad essere importante mettere la faccia sulle proprie idee e al tempo stesso portarle avanti criticamente, cosa che al momento mi sembra molto carente nei due massimi partiti: è preoccupante che a promuovere questo tipo di analisi della storia recente e non recente debbano essere gruppi attivi ma statisticamente meno rappresentativi, e viene da chiedersi perchè tutto ciò non possa essere fatto analogamente presso il PD o il PDL, che avrebbero in teoria maggiori numeri e mezzi per farlo.

  2. ho letto attentamente le parole di morucci sembra che oggi a distanza di tempo sia un “uomo” diverso, ha pagato ilsuo debito con al giustizia ? Forse ,ma non con le con i parenti delle vittime . Dovremmo credere ad un morucci nuovo, io non so se credere in questa redenzione però un suggerimento potri darlo a morucci- ascolta bene , dici di non essere più lo stesso , che hai abbandonato la fede al quale aderivi e per la quale hai versato del sangue, bene allora un se ti sei redento e non sei più lo stesso non avere paura dilli sti nomi , cognomi , paesi si fedele alla verità accogline le conseguenze , sii uomo ammetti gli errori e di la verità quella vera incondizionata perchè solo questo ti renderà un uomo libero.

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