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8 Settembre 2016
«Per un equivoco sul sisma minacciano di ammazzarmi»

Daniela, sei finita nel ciclone per il tuo post su Amatrice.
«Non l’ ho scritto io, sono vittima di un linciaggio».
Non sei stata tu?
«No, lo posso giurare».
Ti sei messa nei guai con la battuta sul karma.
«Io ho denunciato alla polizia postale chi ha scritto quel post. Le responsabilità si vedranno».
Quindi non sei stata tu?
«Diversi miei account sono stati inquinati. Non so cosa sia successo davvero quel giorno».
Se ammettessi non sarebbe meglio?
«Non posso fornire elementi sulla denuncia: appena fanno luce li darò».
Quella del karma è una cosa che pensi, però.
«Sbagli. Non potrei mai essere felice della morte di 300 persone.
Sarei un mostro».
Potrebbe esserti sfuggito?
«No. Però ho subito un attacco mediatico folle».
Eri in America.
«Peggio. Ho subito minacce, persino telefonate al console italiano».
I matti sono dappertutto.
«È stata annullata una mia serata per precauzione. Sono entrati nella mia vita privata, lavorativa. È incredibile. Come se avessi ucciso io».
Daniela Martani, 43 anni, ex hostess Alitalia, ex concorrente del Grande Fratello, vegana integrale, pasionaria, polemista, da anni al centro delle polemiche. La conosco dal 2001, un giorno l’ ho vista piangere in autostrada perché le passava davanti un camion carico di vitelli. Merita una intervista – se non altro – perché rappresenta un frammento di società (oltre il 6%) che la pensa come lei. In questi giorni vive nel terrore, ma – come vedrete – non rinuncia alle sue idee.
Come nasci?
«Mio padre era rappresentante di articoli da regalo, madre casalinga, ma non voglio coinvolgere la mia famiglia. Siamo già tutti nel mirino».
Dove sei cresciuta?
«A Roma. Quartiere Prati.
Ho fatto il liceo classico al Tacito… Non farmi dire troppi dettagli».
Poi l’ università.
«Giurisprudenza, poi Sociologia, poi Scienze della comunicazione. Non trovavo una strada».
E poi?
«A 24 anni faccio domanda in Alitalia, vinco il posto. Ma avevo un problema: paura di volare. Una fobia terribile».
E volevi fare la hostess!?
«Sì. Chi non risica non rosica. Infatti studiando la dinamica del volo, lavorando su me stessa l’ ho superata. Ne sono orgogliosa».
Dove lavoravi?
«A Malpensa ho “pendolato” con Roma per otto anni».
Però in parallelo coltivavi la tua passione per il mondo dello spettacolo.
«Ho studiato canto e recitazione. Nel 2001, quasi per gioco, faccio il provino per “Chiambretti c’ è”».
E lo superi.
«Sì, dopo un colloquio con Boncompagni e un giovane Signorini – che faceva l’ autore – di cui non ricordo nulla».
Due stagioni tra le “laureate” di Piero.
«Io fra l’ altro – come molte – non lo ero. Ma faccio questa esperienza, bellissima, in aspettativa non retribuita dalla compagnia. Poi qualcosa a “Domenica in” con Giletti. Ma torno a fare l’ hostess».
Di nuovo torni protagonista – in tv e sui giornali – con la vertenza 2008. Hai la trovata del cappio, la tua foto fa il giro del mondo.
«In realtà avevo visto una immagine della protesta dei nostri colleghi di terra di Napoli.
Avevano cappi in mano, anche loro. Invento un gioco di parole, aggiungo un cartello: “Questa è la vera cordata italiana”».
Ti chiama Santoro.
«Sì. Vado ospite da lui a dire ai politici “è una svendita”. Per come sono andate le cose ho avuto ragione. Ho avuto una visibilità enorme ma non prevista. Guadagnavo 1400 Euro mese con il part time, stavo bene».
Poi ti chiamano al Grande Fratello e ricominciano i guai.
«Nuovo provino, mi prendono. L’ Alitalia stava per fallire, mi dico: “Ci provo”».
Chiedi di nuovo l’ aspettativa, non retribuita.
«Per una azienda in crisi che dichiara esuberi avrebbe dovuto essere normale darla!».
E invece?
«Me la negano dicendo: la vecchia compagnia non può deliberarla. Allora la chiedo alla Cai. Mi rispondono “Non esistiamo ancora”».
Possibile?
«Ero diventata un simbolo della protesta, ero visibile, andavo punita».
La cosa finisce sui giornali.
«Sì. Io in questo limbo ero già nella Casa, usando le ferie».
Loro ti preannunciano il licenziamento.
«E a quel punto esco, per non perdere il posto, dopo 22 giorni. Passano dieci giorni e mi arriva la lettera di licenziamento. Ho pianto».
Hai pagato per il cappio?
«Ne sono convinta. Punirne una per educarne cento».
Periodo nero.
«Mio padre muore di tumore. Dolore terribile. Devo lavorare, continuavo a fare serate per mantenermi».
Cantavi?
«Lo faccio ancora: gran repertorio. Un trio acustico con due chitarristi blues rock».
Il nome?
«Non lo dico: non voglio mettere a rischio altri».
Poi inizia la tua conversione vegana.
«Non è esatto. Avevo smesso di mangiare carne a 17 anni.
Per istinto. Poi – come tanti – ho avuto ricadute».
E cosa ti ha folgorato?
«Rimango sconvolta, quattro anni fa, da Report sugli allevamenti intensivi per animali da latte. Non ci dormivo. Alla fine mi sono detta: non sarò complice di questo crimine».
Ora cosa mangi?
«Quel che dovremmo magiare tutti. Cereali, legumi, frutta e verdura, pasta. Mai presi raffreddore o febbre. Anzi avevo un problema di acne molto forte, mai risolto malgrado cure e pomate. È sparito con l’ abolizione dei latticini».
Non ti limiti a te stessa: fai proselitismo.
«Esageri. Organizzo aperitivi vegani, questo sì».
Hai detto a Carrara che vorresti chiudere le macellerie e persino le yougurterie!
«È conseguenza di quel che dico».
È fanatismo, anche. Vuoi mandare la gente per strada.
«No, vorrei riconvertirli. Dovrebbero diventare tutti negozi di frutta. È la modernità. A Los Angeles ovunque trovi locali e opzioni vegane. Mica c’ è una dittatura, lì».
Hai detto, testualmente: “Se uno tiene una dieta carnivora non deve lamentarsi se prende un tumore”.
«Luca, non lo dico io! Lo scrive l’ Organizzazione mondiale della sanità».
Ma tu manipoli quel report.
«Per nulla. Ho letto e cito a memoria. Ci sono i teschi e le indicazioni di rischio sui pacchetti di sigarette. Le carni hanno, per l’ Oms, la stessa incidenza tumorale delle sigarette. Se fumi e ti viene un tumore è colpa tua! Se mangi carne idem.
Se io mangio carne tutti i giorni e mi viene un tumore, non posso dire che è ‘inquinamento.
Lo dicono anche i medici, se glielo chiedi».
Devi dire anche che i bambini vegani rischiano, allora.
«Io conosco decine di bambini che senza la carne vivono be-nis-si-mo. Tutte balle!».
Il veganesimo è anche un business, oggi.
«Significa mangiare le cose più naturali. Poi, come per tutto, c’ è un mercato».
Non ti fanno schifo i finti wurstel?
«Mi capita anche di mangiare quelli di soia. Non è ridicolo per chi fatica a abbandonare le abitudini. Aiuta a uscire dai condizionamenti».
E funziona?
«Tanti, diventano vegani e stanno meglio».
Sei andata a protestare in Spagna, con un topless irrorato di sangue.
«A Pamplona. Una manifestazione commovente organizzata da Anima naturalis e Peta in difesa della vita dei tori».
Augurando la morte ai toreri. Non proprio commovente.
«Un toro ha diritto a vivere come un uomo. Ma se un un uomo caccia un toro, può lamentarsi se viene incornato?
Uccidere per gioco è abominevole».
Giuseppe Cruciani a Radio 24 ti ha inchiodato dicendoti: “Per te un nutria vale come un bambino!”.
«Anche una nutria ha diritto a vivere. Per quale motivo dovrei sentirmi superiore? Noi abbiamo meno arroganza di voi: ogni vita conta».
Non hai risposto se una nutria per te vale come un bambino.
«Ma che domande fai? Cruciani la fa strumentalmente.
Quando mai devi scegliere fra un topo e un bambino?».
Ad esempio se va derattizzata una scuola per salvare i bimbi dai topi.
«L’ istinto di sopravvivenza deve prevalere. Se rischio posso difendermi, solo se non c’ è alternativa».
Ma è vero che non ti fidanzeresti con un carnivoro?
«Per stare insieme bisogna condividere i principi base».
C’ è qualcosa di fanatico, in questo.
«Ti ricordo che Vissani ha detto: “Ammazzerei tutti i vegani”. Nessuno si è scandalizzato. Applicate due pesi e due misure».
Io non ammazzerei nessuno. Ma non ho pregiudizi su chi mangia soia e fagioli.
«Luca, non è una dieta! Noi combattiamo contro sofferenza e morte, la lobby più potente della storia. Vogliono farci passare per sovversivi, pazzi, fuori di testa. Anche tu, in qualche modo. La violenza la sto subendo io».
Come chiunque abbia posizioni molto radicali.
«Ricevo continue minacce di morte».
Hai avuto anche tanti messaggi di solidarietà.
«Sì, ma forse dovranno arrabbiarsi con chi ad Amatrice non ha messo in sicurezza le case. Che accade quando trovano i responsabili? Spareranno?».
Non stai esagerando?
«I locali dove ho lavorato sono terrorizzati. Non pensavo che una frase sul mio profilo – per giunta non mia – potesse avere una risonanza così potente».
Però continui a cantare.
«Ho delle date. Non ti dico dove né con chi. Per ovvi motivi. Io non sono la colpevole della morte di 300 persone».
Capisci la rabbia, però.
«Dovrebbero dare il Daspo per quelli che scrivono ingiurie sui social».
Ma tu hai detto più volte che un macellaio è un assassino.
«Che c’ entra questo?».
Subisci stupita l’ intransigenza che applichi agli altri.
«Non c’ è paragone. L’ animale è un essere senziente, che fa il macellaio? Gli taglia la gola».
Allora anche le piante di cui ti cibi sono senzienti.
«Non metterti a questo livello. Sono le argomentazioni più imbecilli dei carnivori».
Ripeto: “macellaio assassino” è una offesa.
«Non è considerato reato, ma quel che fa è uccidere».
Un animale.
«Luca, provo ad innalzare il livello. In America 1100 attivisti sono stati uccisi perché denunciano la distruzione della foresta amazzonica per gli allevamenti intensivi. Combattiamo anche per questo».
Da dove arriva il dato?
«”Cowpiracy”, il documentario prodotto da Di Caprio».
Ci credi?
«Sono fatti. L’ industria della carne è tra le più potenti del mondo e chi si oppone a questo modello viene screditato».
Vedi un complotto?
«No, è tutto alla luce del sole.
Noi combattiamo contro interessi enormi. Voi fingete di preoccuparvi delle piante ma vi curate degli animali. Noi ci preoccupiamo degli animali e quindi degli uomini e della natura.
C’ è una bella differenza».

LUCA TELESE

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