Il processo a Bossetti

14 Novembre 2015
Battaglia del Dna: tra un mese si deciderà il destino di Bossetti
Secondi. Solo pochi secondi dall’ inizio dell’ udienza e la Pm si infiamma: esattamente mentre scuote il ciuffo argenteo brizzolato e pronuncia la terza parola. È come quando in una partita di serie A, alla prima azione ci si picchia in area e tutti alzano le mani invocando il rigore.
«Scusi Presidente, ma l’ istanza della difesa non va bene!
Non va bene proprio!».
– In cosa, pubblico ministero?.
-Fin dalla premessa!
– E perché, cos’ ha la premessa? Scusi Pubblico ministero, non capisco.
– No, avvocato Salvagni, lei lo sa benissimo! Già nella premessa chiedete che «tutti» i dati grezzi relativi all’ indagine siano consegnati alla difesa. Cosa vuol dire «tutti»?
– (Braccia aperte, sorriso) Ehhhh… «Tutti» vuol dire «tutti»… – (La Ruggeri scuote la testa).
Eh no! Questo non è possibile!
– (Smorfia di Salvagni) Purtroppo mi aspettavo questa resistenza, da lei… Ma è necessario che sia fatto. E lo sa bene!
– (la Ruggeri alza la voce) Non è necessario per niente, avvocato!
– (Salvagni ora grida) È stato prescritto da questa Corte, lei lo sa. Ma me l’ aspettavo! Me l’ aspettavo!
– Anche noi ce lo aspettavamo avvocato Salvagni! Tant’ è vero che lei è arrivato a dirlo persino in televisione che voleva tutti dati. Ed è impossibile!
– Non si permetta. Io sono la difesa e vado dove mi pare.
Non si permetta di dirmi dove devo andare, chiaro? Cosa è possibile e cosa no, per fortuna, non lo decide lei!
Di nuovo guerra sul Dna. Di nuovo i capitani dei Ris – quelli che hanno fatto l’ esame più importante – che si ritrovano a fare scena muta, davanti alle richieste della difesa (e in parte anche della Corte). Di nuovo una proroga sulla richiesta di consegna dei dati (la terza!
) questa volta sostenuta con forza, come avete visto, dal Pubblico ministero Letizia Ruggeri.
Sembra Ricomincio da capo, quella meravigliosa commedia dove Bill Murray si sveglia tutte le mattine nella stessa sperduta cittadina di provincia, e rivive la stessa festa della marmotta. Mentre accusa e difesa si scambiano fendenti con il consueto sovrappiù di acrimonia, i due ufficiali, pietrificati nella stessa posa in cui si trovavano sette giorni fa, restano muti, senza proferire parola.
Per un attimo li guardo negli occhi, i due capitani dei Ris, Nicola Staiti e Fabiano Gentile, seduti e immobili sul banco dei testimoni: a dirla tutta mi sembrano più imbarazzati, che sollevati, per questa granitica difesa. Non dicono nulla. Fanno parlare la Ruggeri, ma si vede che la linea che la pm segue, evidentemente per prendere tempo, in qualche modo li imbarazza, perché la Pm deve lasciare intendere che i due non siano in grado di trovare i dati dei loro stessi esami, nei referti che essi stessi hanno fornito: «Presidente» dice infatti la Ruggeri, «voglio spiegare questo: per i due capitani, andare a recuperare tutti i dati grezzi è davvero impossibile!» (brusio dell’ aula). La pm continua: «Ne hanno consegnato una parte alla difesa, nel dischetto. Ma non è escluso che ce ne siano altri…. che possano saltare fuori dall’ archivio dopo la data che verrà fissata per l’ udienza».
Pausa. La Ruggeri tiene per ultima la cosa più importante: «Dovete sapere che i laboratori dei Ris svolgono un numero importante di analisi, di tanti diversi casi, e per questo motivo è difficile estrarre tutti i Raw data relativi a quel caso. I Ris custodiscono insieme i referti di oltre 16mila Dna!».
Altra pausa, poi l’ affondo: «Dunque chiedo che sia tolto questo aggettivo – “tutti” – dal documento della Difesa!». La richiesta della pm è questa: «Deve essere a cura e discrezione del laboratorio mettere a disposizione della Corte gli altri dati grezzi che eventualmente dovessero emergere».
Perché è così importante questo ennesimo battibecco?
Perché il venerdì prima la testimonianza dei due ufficiali dei Ris si era interrotta proprio su questo punto, quando Stati e Gentile, giunti al controinterrogatorio, avevano alzato le mani sostenendo che per rispondere alle domande che gli venivano poste dalla difesa, sarebbe stato necessario «uno sforzo mnemonico sovrumano».
Mi era sembrata una scusa, e proferita – per di più – a denti stretti. Ieri, poi, per un puro caso, una ufficiale del reparto della polizia scientifica, la dottoressa Paola Asili, poco dopo, nel corso della propria testimonianza, esaltando con legittimo orgoglio l’ efficienza del suo laboratorio, aveva involontariamente ridicolizzato le asserite difficoltà dei Ris: «Siamo uno dei quattro laboratori che ha il massimo accreditamento riconosciuto a livello internazionale», dice con legittimo orgoglio.
«Ogni caso da noi diventa un fascicolo, di cui facciamo doppia copia, perché a ogni documento elettronico aggiungiamo una stampata cartacea».
Non solo: «Abbiamo realizzato la tracciabilità totale di ogni reperto, ogni dato viene catalogato attraverso un software dedicato, attraverso un numero e un codice a barre». Fantastico.
Ecco il quadretto: i cugini della polizia super efficienti, mentre due dei più stimati ufficiali scientifici di Parma non riescono a trovare tutti i dati richiesti nemmeno in sei mesi? Impossibile.
Evidentemente la settimana prima di questo racconto picaresco, l’ immagine dei dati del delitto Yara introvabili perché confusi con quelli degli altri casi, come nel retrobottega di una drogheria, era un male necessario: serviva a prendere tempo perché in quel momento gli avvocati stavano martellando sul nodo decisivo, il cosiddetto “campione G20”, ovvero il campione preso sulla mutandina della ginnasta di Brembate dove è stata trovata la traccia di ignoto numero uno: è il reperto più importante, la chiave di volta di tutto il processo.
Possibile che in quella udienza i Ris non ricordassero nemmeno quante volte avevano esaminato la traccia? Possibile che non potessero ricordarlo nemmeno ieri? Il perito della difesa, Marzio Capra, aveva letto nei “dati grezzi” che i Ris avevano fatto “solo” quattro amplificazioni sulla traccia di Ignoto numero uno. Il che – con i kit dell’ epoca – a suo parere bastava a fare un esame, ma non una controprova di adeguato valore processuale. Ieri, mentre volavano questi fendenti (con tanto di battuta caustica sul fatto che Salvagni avesse auspicato pubblicamente in tv – secondo la Ruggeri in modo inopportuno – che i dati arrivassero senza intoppi), i capitani sembravano quasi rassegnati.
Così, tra un colpo e l’ altro deve intervenire la presidente, Antonella Bertoja. La presidente è una donna elegante, bionda, con le mani affusolate, gli orecchini d’ oro e l’ aria angelica di una dama ottocentesca. Che però, quando serve, tira fuori una grinta da sceriffo nel saloon: «Io desidero che in questo tribunale siano seguite fino in fondo tutte le regole della convivenza! Se sento un altro mormorio, di qualsiasi tipo, faccio svuotare l’ aula e procedo a porte chiuse!». E poi, sulla contesa, dando per una volta ragione agli avvocati: «Quello che accade fuori da qui non ci interessa!». Prende la palla al balzo Salvagni: «Sono d’ accordo con lei.
Ma tutti noi» dice l’ avvocato, «siamo rimasti sconvolti dalle affermazioni circa la conservazione precaria di questi dati, stupefatti dal caos totale che a detta della Pm regnerebbe nel laboratorio dei Ris! Questo» conclude, «è di una gravità assoluta. Non possiamo accettare che l’ accusa produca i dati a rate! Vogliamo tutte le radiografie che spiegano i referti contenuti nella consulenza di Staiti e di Gentile!». L’ atmosfera è così grave che si alza anche Paolo Camporini, l’ uomo che tra i due avvocati è “il poliziotto buono”. Camporini è un “proceduralista” convinto che non mette mai in discussione il processo. Stavolta il più adirato sembra lui: «Siamo» esordisce, «a una lesione gravissima del diritto di difesa! Abbiamo accettato una limitazione alle nostre domande. Abbiamo accettato, responsabilmente di circoscrivere le richieste a slip e leggins…». Camporini prende un respiro, come per rallentare il ritmo dell’ invettiva: «Per ben cinque volte, cinque! – leggete a pagina 111 del verbale – a mia domanda specifica, i capitani hanno risposto che quelli erano tutti i dati! Tutti! Lo hanno detto loro, non io!». Anche l’ avvocato si tiene un petardo per la fine: «Voglio credere che su questa traccia non sia possibile far apparire dati diversi. Se questo accadesse domanderemo una perizia per verificare i sistemi informativi. È chiaro?». Camporini prende un altro respiro: «La pazienza l’ abbiamo avuta finora, adesso è finita!» (Gong).
La Bertoja sospende ancora una volta l’ udienza, per consultarsi. Presidente e giuria si ritirano in Camera di consiglio per pochi, lunghi minuti. Poi torna, con una nuova mediazione. I Ris dovranno rispondere solo alle domande sui campioni che contengono ignoto numero uno. Ma sulla consegna dei dati grezzi il suo tono non pare conciliante: «I consulenti si pronunceranno su tutti i dati, che allo stato attuale sono tutti quelli esaminati. Il loro ruolo di pubblici ufficiali imporrà loro di render noti tutti i dati che troveranno. La Corte giudicherà». A chi ha datto ragione? Lo scopriremo solo nell’ udienza clou, perché da lei arriva anche la data dell’ ultimo duello: «I capitani faranno in modo di consegnare la risposta alle domande della difesa per il nove dicembre. L’ undici verranno controinterrogati».
Così, tra poco meno di un mese, per la terza volta, i Bill Murray dei Ris si risveglieranno in Aula per rispondere sui loro esami. Se arriveranno nuovi Raw-data la difesa salirà sulle barricate e potrebbe impugnare i verbali delle testimonianze rese sotto giuramento, e contestare dati grezzi nuovi e quindi ai suoi occhi “sospetti”.
Ma questa volta sarà l’ ultima, niente tempi supplementari.
Una partita decisiva per il processo. Si attendono nuovi colpi di scena.
LUCA TELESE
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