Il Fatto Quotidiano

3 Settembre 2010
Pd, chi li capisce è bravo

Dr. Bersani e Mr. Hide. Dopo le lunghe epistole rivolte alla coalizione, arriva l’insulto più brutale e sorprendente al centrodestra: “Al di là delle denunce di un governo che si denuncia da solo – attacca il segretario del Pd – abbiamo visto in questo agosto terrificante come il secondo tempo del berlusconismo possa far regredire la politica alla fogna!”. Mentre lo dice la voce gli slitta di tonalità. Fogna!.
Una frase dal sen fuggita, o un cambio di passo e strategia comunicativa? Prima che gli analisti si mettano al lavoro è necessario ricordare che è la seconda volta. Già in un’assemblea del Pd, infatti, Bersani aveva usato parole grosse parlando del ministro della Pubblica Istruzione: “Io – aveva detto – sono per fare uscire da questa assemblea i veri eroi moderni, gli insegnanti che inseguono il disagio sociale in periferia e lottano contro la dispersione mentre la Gelmini gli rompe i coglioni”. Alè.
Il che sicuramente si presta a un dibattito sull’opportunità delle affermazioni più dure che si è aperto questa estate (è legittimo l’uso dell’ingiuria in politica, o meno?). Ma prima ancora pone un problema di schizofrenia sulla lingua del centrosinistra, che oscilla tra estremi opposti: a volte troppo leziosa, a volte troppo brutale.
Certo, anche il centrodestra offre una vasta letteratura ”ingiuriale”. Silvio Berlusconi, com’è noto diede dei “coglioni” agli elettori del centrosinistra; Umberto Bossi ha recentemente definito uno “stronzo democristiano” Pier Ferdinando Casini; Daniela Santanchè ha regalato a Gianfranco Fini questa classificazione: “Umanamente è una merda”.
Così c’è da chiedersi se il vistoso cambio di passo del leader del Pd sia dettato da qualche consigliere di immagine, per provare un brusco recupero di concretezza. Anche perché, quando ha dovuto parlare di coalizioni, il segretario è tornato scolastico: “Noi – ha detto – coerentemente con un quadro di alleanze con proposte politiche, dobbiamo dare una risposta con progetti, idee e proposte. Lavoreremo nelle prossime settimane. Per l’autunno – ha aggiunto – prepareremo una mobilitazione straordinaria per presentare le nostre proposte”.
Così resta il grande interrogativo. A che alleanza pensa, Bersani? Nell’ormai celeberrima lettera a Repubblica aveva detto: “Alla sinistra ora serve un nuovo Ulivo. Noi proporremo un’alleanza democratica per una legislatura costituente”. Il problema interpretativo è tutto qui: dove inizia il Nuovo Ulivo e dove l’Alleanza per la democrazia ? E cosa distingue queste proposte politiche da quelle del passato?
Frugando negli annali il manuale di zoologia fantastica delle coalizioni sperimentate a sinistra è assai variegato. Si cominciò nel 1994 con il rensemblement dei “progressisti”, passato alla storia con una battuta di Achille Occhetto alla presentazione della lista: “Abbiamo messo in piedi una gioiosa macchina da guerra…”. (meglio archiviare). Ferdinando Adornato propose una prima Alleanza Democratica, che doveva essere una coalizione (che comprendeva anche il Patto Segni di Mariotto Segni e Giulio Tremonti) e che poi finì per diventare solo un partito (peraltro senza quorum, malgrado l’indimenticabile inno degregoriano “Adelante Adelante!/ c’è un uomo al volante”).
Si proseguì poi con la non meno leggendaria “Desistenza” (da cui lo slogan parodiato inventato da Oliviero Diliberto: “Ora e sempre desistenza”), ovvero dal patto che legava la coalizione di Romano Prodi (il primo Ulivo) a Rifondazione comunista (il doppio binario era reso possibile, solo nei collegi, dalla legge uninominale). Incredibile la diatriba dell’età dalemiana. Da un lato il “Nuovo centrosinistra” (conio prodotto da Walter Veltroni per distinguersi da quello degli anni Sessanta Psi-Dc), e un’accesissima disputa nominalistica tra “centro-sinistra con il trattino o senza trattino” (il primo odiato, il secondo auspicato da Franco Marini, per indicare un ruolo più autonomo del centro).
Per quanto possa sembrare incredibile Cossiga pose come condizione per dare la fiducia a Prodi “Il passaggio dall’Ulivo al centrosinistra con il trattino”. Prodi rifiutò e il governo cadde. Poi ci fu un primo “Nuovo Ulivo” affidato a Francesco Rutelli. E dopo la sconfitta del 2001 un lungo dibattito sul fatto se fosse meglio “la Gad” (“Grande Alleanza Democratica”, che doveva comprendere tutti fino a Di Pietro) o la “Fed” (Federazione democratica che prevedeva anche un organismo di coordinamento tra i partiti).
L’unico a ricordare ancora queste sigle è Gad Lerner, ma solo per fatto personale: “Trovo curioso – disse scherzando, ma nemmeno troppo – che una coalizione prendesse il mio nome…”. Nel 2006 fu la volta dell’Unione(che comprendeva tutti i partiti di centrosinistra, più Rifondazione).
L’ambiguità dei nomi, come spesso capita, nasconde un problema politico: si può fare un unico patto che vada da Ferrero e Diliberto (oggi Federazione della sinistra) a Fini? Bersani oggi, almeno si è fatto capire. Speriamo che faccia altrettanto se parla della nuova coalizione.

Luca Telese

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Un commento »

  1. il Pd fa ancora l’intellettuale che parla solo agli intellettuali, senza rendersi conto che anche anche a sx gli intellettuali si son rotti i coglioni ad essere tali. Il cambiamento/rivoluzione pretende l’abbandono di astrazioni e la riaffermazione dei valori concreti in primis il parlare al “volgo”…. dopo naturalmente essersi capiti e messi d’accordo tra loro…altrimenti vedi che confusione?

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