Lo storico scudetto conquistato dal Cagliari il 12 aprile 1970, 50 anni fa, porta la firma di uno dei più grandi campioni del calcio italiano: Gigi Riva. Luca Telese in «Cuori rossoblù» (Solferino libri) emoziona perché è il più emozionato di tutti e si diverte a svelare retroscena, incontri, confidenze, che arricchiscono una storia che sconfina nel mito. Gigi Riva entra ed esce per rientrare ancora in ogni pagina, proprio come quando giocava: palla a lui, al suo magico sinistro, e il sogno si avverava.
…Quando Riva era partito dalla Lombardia lo zio gli aveva detto: «Se ti trasferiscono lì, qualcosa di male devi pur averlo fatto». E quando Riva iniziò ad affermarsi, a suon di gol, nacque un rapporto strano e asimmetrico con Graziano Mesina, uno dei massimi esponenti del banditismo sardo, che non avrebbe mai incontrato negli anni Sessanta ma che con regolarità metodica da tifoso sfegatato gli scriveva lettere dalla latitanza (firmate con il suo nome) prima di ogni partita. L’aneddoto sublime in proposito è stato raccontato tante volte da Pierluigi Cera, amico e capitano.
Riva era preoccupato per questa corrispondenza e aveva deciso di consultarsi con lui in merito a quello strano rapporto epistolare, anche se unidirezionale: «Che cosa devo farci con tutte queste lettere di Mesina, Piero?» chiede Gigi. E Cera, molto pragmatico e inappellabile: «Bruciale!». E così fece. Dei sequestri dell’Anonima sono piene le pagine dei giornali di quei roventi mesi tra il 1969 e il 1979: industriali, dirigenti, vip, uomini e donne, vecchi e bambini. Nessuno viene risparmiato.
Fabrizio De André, che quella Sardegna la abita per scelta, come Gigi, dentro questo incubo un giorno ci si ritroverà chiuso dentro… Nell’agosto del 1979 lui e sua moglie Dori Ghezzi vengono rapiti dall’Anonima sequestri… Fabrizio e Dori restano imprigionati per quattro mesi, poi — solo dopo il versamento di un imponente riscatto, 550 milioni di lire — vengono rilasciati…
…E c’è proprio Fabrizio De André tra le pochissime persone che Gigi Riva vuole ardentemente conoscere. Alla fine dell’estate del 1969, Gigi approfitta della partita fuori casa del Cagliari contro la Sampdoria e organizza l’incontro. Fabrizio è uno sfegatato tifoso del grifone, e Riva usa come «ambasciatore» Beppe Ferrero, un suo ex compagno di squadra, che dopo un’esperienza in Sardegna è approdato proprio a Genova. L’immagine di questo unico folgorante incontro tra due miti, per noi, varrebbe come quella di Malcolm X e Martin Luther King per Spike Lee in «Fa’ la cosa giusta».
Ma provate a chiudere gli occhi e a figurarvi la scena: i due uomini del silenzio, che arrivano da due mondi completamente diversi, chiusi, introversi, che si incontrano senza essersi mai visti prima, nel nome della stima reciproca e della terra che li ha accolti. Una registrazione di questo dialogo non esiste, ma un bellissimo racconto sì, e lo ha fatto attraverso la testimonianza di Riva La Nuova Sardegna, grazie alla penna ispirata di Enrico Gaviano. Nell’intervista è Gigi a ricostruire con le sue parole quella giornata: «All’inizio tirammo fuori sì e no tre parole a testa. Servì un contributo di quattro bicchieri di whisky e non so quante sigarette per sbloccare la situazione».
…Continua Riva: «Fabrizio iniziò a parlare di Georges Brassens. E ancora mi disse della sua grande amicizia con Luigi Tenco e della lunga notte in cui scrisse per lui “Preghiera in gennaio”». Riva si ferma un attimo. E riparte: «“Preghiera in gennaio” è anche la mia canzone preferita. Un vero inno all’amicizia».
…Il bomber ascolta De André mentre gli dice che lui si alza all’ora di pranzo perché solo la notte trova l’ispirazione per scrivere le canzoni. Vanno avanti fino all’alba, non si lasciano prima che l’amicizia sia suggellata da uno scambio di tesori. De André regala una chitarra a Gigi, lui contraccambia con la leggendaria maglia bianca numero 11…
…È l’incontro di due comete che seguono la loro traiettoria viaggiando in universi distanti. Con una punta di malinconia, Gigi racconta a Gaviano: «Non ho più rivisto Fabrizio». Resterà solo un filo sottile a legarli, quei saluti che di volta in volta arrivavano a uno o all’altro tramite comuni conoscenti. «Ma le sue canzoni ho continuatoasentirle e ad amarle».
Al giornalista della Nuova Sardegna, Riva racconta che «Bocca di rosa» o «La canzone di Marinella» erano la colonna sonora nelle trasferte della squadra. Riva sedeva a fianco all’autista e si impadroniva del mangianastri, appena poteva inseriva le canzoni di De André. E quando si materializzava nel pullman la sua inconfondibile voce, come sappiamo spesso dolente, poteva capitare che da dietro qualcuno dei compagni protestasse. Sorriso di Riva: «Io facevo finta di niente, tenevo duro e andavo avanti». Ma non cercò mai più il cantautore, nemmeno in terra sarda: «A Tempio sono andato spesso, e ogni volta pensavo: Be’, ora provo a fare un salto all’Agnata. Poi invece cambiavo idea. Perché? Non volevo disturbare».
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