«No, non è vero! non ho mai detto questo fatto lì! Mai! Mai!». Accento bergamasco, un po’ intubato. Rabbia. Sconcerto. Per sette mesi la faccia di Massimo Bossetti è rimasta un enigma pietrificato, una maschera ineffabile, quasi inespressiva.
Una sfinge per tutti: giornalisti e inquisitori, difensori e investigatori, colpevolisti e innocentisti, per tutti coloro che sono accorsi a scrutarlo in gabbia, nel grande circo di Bergamo, era un animale a sangue freddo. Per sette mesi nemmeno una parola. Per sette mesi e due ore, ad esser pignoli, fino a ieri mattina. Sono seduto casualmente solo tre posti dietro di lui, sto contemplando il suo profilo immobile, aguzzo, che mi pare come quello di un iguana al sole.
Poi improvvisamente, pochi minuti dopo la pausa pranzo, quando sta parlando il suo ex socio Ennio Panzieri, il muratore di Mapello si anima, si colorisce, esplode. Tutto rosso in viso scatta in piedi sorprendendo i due piantoni che si stringono su di lui, il consulente della difesa Roberto Bianco che gli è seduto vicino, la presidente Bertoja, che con grande eleganza lo tranquillizza, e gli concede la possibilità delle dichiarazioni spontanee, con un tono quasi materno: – «Aspetti, Bossetti, faccia finire il teste, poi potrà parlare….».
– «Non è vero che….».
– «Stia tranquillo, però! Ce lo dirà tra breve». Suspence in Aula. Cosa lo avrà mai turbato?
E dire che di mattina sul banco dei testimoni del Tribunale di Bergamo si erano alternati in tanti: furgonisti, floricultrici, cameriere, tutti chiamati dall’ accusa, anche per minuzie, purché negative, per tratteggiare il quadro a più voci di un bugiardo cronico e mitomane. Tutto questo zelo produce simpatia per l’ iguana che in dieci anni (pare) ha raccontato qualche cazzatella (come un’ operazione inesistente e un’ ordinanza restrittiva dei carabinieri mai ricevuta). Bossetti tace persino davanti a un teste che per l’ accusa è molto importante, Federico Fienili, un genitore compìto che dice di aver incrociato un furgone simile a quello di Bossetti mentre parcheggiava: «L’ Iveco è sfrecciato a settanta all’ ora, a Brembate, per questo mi è rimasto impresso». Nulla, l’ interessato lo guardava, ma come da un altro pianeta. Aveva testimoniato anche una cameriera, Antonella Ornago, di cui negli interrogatori gli inquirenti avevano ipotizzato – una provocazione per il prigioniero? – addirittura una (inesistente) relazione con l’ imputato. Nulla.
La testimonianza (a favore dell’ accusa) è lunga, tormentata, ma anche in questo caso, nulla. Bossetti, immobile, come una sfinge. La pm Letizia Ruggeri picchia duro. Parla apertamente con i testi di dissidi familiari, ne chiede conto ai muratori che avevano lavorato con Bossetti. Ma anche lì nulla da fare: l’ occhio sbarrato del muratore-iguana, la sua proverbiale calma non erano state scalfite. Poi arriva Panzeri, un bergamasco tarchiato, con un cipiglio mascagnato che interrogato dai carabinieri aveva detto peste e corna dell’ ex collega, e che invece – a sorpresa – sotto le domande della pm, desiderosa di ripetere i virgolettati, si mostra molto avaro.
– Ruggeri: «Lei ha detto che Bossetti è un cinico, un….».
– Camporini (inviperito): «Obiezione, vostro onore: la pm può constatare fatti e circostanze, non giudizi morali!».
– Bertoja: «Obiezione accolta».
– Ruggeri (sempre più determinata): «È vero che Bossetti era un tipo che non rispettava gli impegni!?
» – Camporini: «Fatti, deve parlare di fattiiii!!!!!
» – Ruggeri (infastidita): «Sto parlando di fatti…
» – Panzeri (titubante): «Non c’ è nulla che io possa dire di lui….».
– Ruggeri (arrabbiata): «Ma come? Lei ha detto…
» – Camporini (inviperito pure lui): «Ma insomma, depone lei o il teste???!!!».
E alla fine, lo sventurato Panzeri, ripete quello che aveva detto alla pm nell’ interrogatorio. Aveva litigato con Bossetti perché dopo aver lavorato due anni con lui, confidava nel suo aiuto per il cantiere di una casa in Val di Taro. E Bossetti, «quindici giorni prima», gli aveva risposto: «Non la faccio». Il costruttore si era imbufalito: «Da allora non ci siamo parlati più». Nella sua insignificanza l’ aneddoto mi fa pensare: può essere questo un fatto importante in un processo per omicidio? Quanti verrebbero a scaricare il proprio rancore su di me, o su voi che leggete? Il tempo diacronico di Bergamo ti fa pensare anche a questo, senonché ecco la fiammata imprevista, innescata dal martellare della pm: – Ruggeri (davvero spazientita): «Ma lei ha detto di Bossetti….».
– Camporini (a piena voce): «Obiezioooooneeeee! Non può imboccarlo».
– Ruggeri (tutto d’ un fiato): «Lei ha detto: Bosssetti è un tipo che non ci pensa due volte a sotterrare qualcuno!».
Panzeri (imbarazzato): «Ho detto… Che… Il signor Massimo cercava sempre di avvantaggiare la sua parte a scapito degli altri…. Come molti uomini… Peraltro».
E qui si arriva al punto di non ritorno: – Ruggeri: «E cosa le diceva dei suoi fatti…?».
– Panzeri: «Nel 2006, credo, passò un periodo molto brutto, aveva picchiato sua moglie, litigato con lei, si voleva separare….».
Ed è proprio questa evocazione di Marita a fare infuriare il muratore: salta su in piedi, tutto rosso, tende il braccio stringendo l’ indice e il pollice, come per piantare un chiodo nell’ aria: – Bosetti: «Ma quando?
Non è vero…».
– Panzeri (sorriso di soddisfazione): «Aveva questi problemi con la moglie, era, aveva uno stato d’ animo sottoterra…. Voleva divorziare… In cantiere lo chiamavano il favola, perché diceva delle bugie…. Ad esempio di essere stato operato al setto nasale…».
Ma qui è la Bertoja che interviene: «Mi dispiace, ma di questi fatti personali, della moglie, non ci importa proprio nulla!». Come promesso la presidente dà la parola all’ imputato. Silenzio di piombo in aula. Nemmeno una mosca. Quando arriva quella voce, alle orecchie di tutti, sembra che venga da un altro corpo, un poltergeist di Brembate.
– Bossetti: «Non è affatto vero che io gli abbia fatto queste confidenze. Non è vero che mi avessero dato quel soprannome. Lui me lo aveva dato, lui! Era lui che instillava queste storie contro di me: io quella casa non l’ ho costruita per un motivo semplice…. Non mi pagava i lavori da mesi! E se non ci crede presidente, lo richiami dentro, quello lì, e gli chieda dei soldi!!». Ma già che c’ è Bossetti risponde anche alla questione che aveva prodotto un’ ora di interrogatorio della cameriera. Lei aveva o meno parlato con «un certo Rudi» (sic!), incontrato una volta davanti al bar, e «di un giorno in cui i due si erano messi a parlare di quando da ragazzi andavano alla discoteca Sabbie Mobili di Chignolo». Un dettaglio non da poco, essendo il luogo dove era stato trovato il corpo di Yara.
La ragazza aveva negato questa affermazione (attribuita a lei), e anche Bossetti pare granitico: «Mai stato alle Sabbie mobili. Da ragazzo frequentavo il Gabbiano». E si parla della fine degli anni Ottanta. Può contare anche questo dettaglio precaduta del muro di Berlino? Bossetti che balla i Duran Duran con l’ amico Rudi? Ma anche gli altri testimoni vengono sollecitati su questo punto. Ad esempio il muratore Giovanni Gherardi: – Ruggeri: «Che diceva?
» – Gherardi: «Si lamentava che la moglie lo tradiva… Mi parlò dell’ idea del divorzio….». La Ruggeri è molto interessata: «Quindi lui…». Parte del pubblico rumoreggia.
Claudio Salvagni grida: «Ma è incredibile!». La Bertoja risolve la situazione a suo modo, con un tocco geniale. Prima con una sonora risata, e poi con una esclamazione che fa venire giù la sala. Si rivolge alla pm: «Lei non sa quante volte io vorrei divorziare da mio marito!!!».
Nell’ hellzapoppin di una giornata incredibile si celebra con questa stoccata imparabile il duello tra le due donne di questo processo: la presidente che sa passare dallo scalfarese all’ ironia. E la Pm che non ride mai. I colpevolisti si chiedono come mai Bossetti sia esploso per una questione di bisticci coniugali. I bossettiani si entusiasmano per l’ iguana che diventa umano e leonino per la sua Marita.
L’ equivalente delle tifoserie si annulla nel mistero di un processo che non risparmia nemmeno un frammento del privato.
Luca Telese
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