di LUCA TELESE
"Ho Paura di fare la fine di Davide e di Stefano Cucchi". Parla così – dal suo rifugio clandestino, in una clamorosa intervista – Arturo Equabile, il giovane latitante di 24 anni che i Carabinieri inseguivano la sera in cui è morto Davide Bifolco, il diciassettenne ucciso la settimana scorsa da un carabiniere dopo in drammatico inseguimento per le vie di Napoli.
Fa impressione vedere la rabbia che si è scatenata in queste ore contro le forze dell'ordine, le immagini della rivolta di piazza, gli slogan di fuoco, della rabbia contro "lo stato che uccide". È una che rabbia si spiega, ma che non si può giustificare. Un prete anticamorra come Don Manganiello lo ha detto con parole semplici ma durissime: "Perché nessuno è sceso in piazza a danneggiare le macchine dei camorristi che ammazzano napoletani innocenti?".
Per questo, la prima cosa che voglio dirvi, stasera, è che non si può accettare il paragone avvelenato tra la morte di Davide a quella di Stefano Cucchi, né la responsabilità del carabiniere che ha sparato a quella di chi ha picchiato un ragazzo inoffensivo in carcere. Una cosa è una esecuzione a freddo, o un abuso premeditato. Un'altra un conflitto di strada, anche se segnato da un errore drammatico, perché in certe strade di Napoli si va in guerra, con il colpo in canna, e si rischia la vita ogni giorno.
Per questo sono convinto che il gesto del comandante che si toglie il cappello di fronte ai manifestanti non sia una manifestazione di resa, ma un segnale di pacificazione.
Ma bisognerà forse ricordare che in 25 anni sono state 30 gli uomini, le donne, e addirittura i bambini, uccisi in strada dalla camorra per errore. Trenta vittime che non hanno suscitato rivolte di piazza. Voglio portarvi al funerale di
Pasquale Romano 29 anni, ucciso dalla Camorra nel 2012. E voglio farvi sentire le parole della sorella Lucia e di sua cugina, amareggiate e disilluse:
"C'è omertà…."
Per Pasquale, crivellato di colpi in piazzetta Marianella dopo uno scambio di persone, nessuno ha assaltato le staffette della Camorra, nessuno ha gridato davanti alle finestre dei Boss. Ed è ancora più sconvolgente vedere come si passeggiava con indifferenza intorno al corpo caldo di Mariano Bacioterracino, appena freddato da un killer.
È perché c'è paura, certo. Perché se protesti con i camorristi ti sparano, e se lo fai con le forze dell'ordine, gli ufficiali si tolgono il cappello.
Ma è anche perché dietro quella rabbia c'è un sentimento antico, un senso di ribellione atavico, una cultura distorta.
Venite a vedere il corpo di Mariano Bottari, ucciso poco più di un mese fa. In questo funerale mesto, senza grida, abbiamo visto il dolore e la dignità dei parenti, non la rabbia di un popolo.
Venite a vedere il funerale di Emanuele Di Caterino, studente modello, accoltellato al cuore, senza colpa, per una vendetta tribale. Guardate l'immagine spettrale di sua madre che accarezza la bara nel silenzio della Chiesa. Anche qui non ci sono urla, nè ingiurie, solo dolore. Quante vittime dimenticate, dall'opinione pubblica, dalla società civile.
È scomodo dirlo, ma quando lo Stato sbaglia si piange la vittima di un assassinio, e quando sbaglia la Camorra e' solo un angelo andato in cielo per una fatalità.
Per questo l'Italia non potrà essere un paese civile finché tutti i morti non ritorneranno uguali e finchè non si gridera' "Assassino!" anche davanti alle finestre di Gomorra.
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