di LUCA TELESE
Lo dico senza giri di parole: in America quelli che ieri alla Camera hanno votato per salvare il Porcellum sarebbero già finiti in una pubblica lista di proscrizione. In America le responsabilità parlamentari sono sempre personali e mai genericamente “politiche”. In Italia è esattamente il contrario: nessuno risponde mai per quello che ha votato, a partire dal Porcellum, oggi disconosciuto da tutti quelli che lo hanno materialmente trasformato in legge dello Stato. E allora sarebbe il caso di cambiare metodo e di rovesciare la clessidra.
Oggi bisogna tessere le lodi di Roberto Giachetti (e dei 139 santi che hanno votato con lui) e di andare a chiedere risposte a tutti gli altri che si sono intruppati nell’ordine di scuderia inciucista, e hanno preferito la conservazione delle alchimie di maggioranza al buonsenso. Trovo ridicolo che qualcuno oggi dica (come molti democratici fanno per giustificarsi) “ma quella di Giachetti era una manovra di Renzi per mettere in difficoltà Letta”.
Io ribalterei esattamente l’argomento: se per conquistarsi uno spazio politico Renzi sposa alcune delle battaglie giuste e vitali per la democrazia in questo paese, ben venga Renzi. Fra l’altro: ieri il sindaco di Firenze era stato molto tiepido, durante la puntata di Otto e mezzo, su questo voto. Non era quindi Renzi che imponeva a Giachetti un suo capriccio, ma Giachetti, che consegnava a Renzi, e ai suoi parlamentari, una grande opportunità.
Non era una mozione nata da una logica correntizia, ma una mozione contro le correnti. È davvero incredibile che nello stesso partito in cui 101 franchi tiratori non si sono fatti nessuno scrupolo di impallinare Prodi, quando si è trattato di rispondere a una emergenza democratica scatti una disciplina blindata. Questa mozione, come racconta Giachetti, era stata depositata quindici giorni fa, prima delle elezioni amministrative, prima di qualsiasi retro-pensiero, e non rappresentava nulla di più della trascrizione di quello che a parole anche il presidente del Consiglio aveva detto dopo il seminario dell’Abbazia di Spineto. Ma la politiche ha le ambe così corte, che inizia a temere anche il rapporto con quello che proclama.
Il vero problema è che in questo Parlamento, al contrario di tutti gli altri, una maggioranza per cambiare quella legge-vergogna, unendo Pd, Sel, M5s e pidiellini illuminati (come Antonio Martino), adesso ci sarebbe. Ma se invece l’accordo con Berlusconi viene fatto prevalere su qualsiasi altra ragione, e senza nessun motivo (la legge elettorale è appannaggio del parlamento, non del governo) non solo sulla legge elettorale, ma anche sui diritti civili, nessun voto progressista sará possibile. Ci pensino i democratici, prima di consegnarsi definitivamente nelle mani del Caimano.
(da linkiesta.it)
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