di LUCA TELESE
Immauel Kant diceva di voler vivere sempre con «Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me». Marco Travaglio, invece, meno liricamente, ci ha informato ieri, con il suo editoriale: «Ho sempre amato fare a modo mio, non tollerando altre regole che quelle del Codice Penale».Non mi avrebbero colpito, forse, queste parole, se in questi giorni non stesse prendendo forma un polo Giustizialista e peronista che intorno al nuovo Il Fatto trova – legittimamente – il suo cuore propulsivo. E se – altrettanto legittimamente – ieri Marco Travaglio non avesse scelto la prima pagina de Il Fatto, per difendere come un foglio di sostegno bolscevico della terza internazionale il Movimento al cui servizio sta mettendo il suo giornale.La terza cosa stupefacente è che – perdendo la sua nota lucidità – per compiere queste due operazioni politiche, Travaglio arriva a tradire se stesso e i principi che ha sempre affermato. Il tradimento più grave è questo: dopo aver combattuto tutta la vita per la libertà di stampa e contro gli editti liberticidi che attentavano alla libertà di stampa, oggi Marco arriva a minimizzare, contraffare, e addirittura travisare un vergognoso comunicato con cui Beppe Grillo attacca tre giornalisti. Non solo li attacca: li insulta, li insolentisce, li ridicolizza.Aizza le folle contro di loro – al pari di quello che fa contro i dissidenti del suo partito – al punto che, come sempre, saltano fuori il turpiloquio di genere contro le donne, e persino le infamità antisemite contro gli ebrei. Il commento antisemita è stato ritirato da Beppegrillo.it, ma non per questo è meno imbarazzante per l’animus e la sottocultura che rivelano. Il fatto ancora più grave, e che si tratta, ovviamente, di tre uomini che Marco conosce molto bene. Il primo: Gad Lerner, di Marco è anche suo amico. I due hanno elegantemente duettato proprio da Fabio Fazio, su politica e antipolitica (sentendo quel duello dentro di me pensavo: «Ha ragione Gad»).Il secondo: lo stesso Fabio Fazio, ha idee e stile lontani anni luce dal mio, ma – santoddìo – quando ho letto che Grillo gli dà del «venduto» mi sono indignato perché è una infamia. Il terzo: Corrado Formigli, un altro che sia io che Marco abbiamo sempre considerato amico, è un giornalista così venale che, quando il Fatto era appena nato, non aveva soldi, e non era à la page, ha scritto paginate gratis (pagato nulla o non pagato) solo per aiutarci. Abitavamo in via Orazio, non eravamo una lobby, avevamo molto entusiasmo: ho raccontato quei giorni irripetibili in Gioventù amore e rabbia, e sono contento di aver vissuto quell’avventura con Marco, Antonio Padellaro, e tutti i ragazzi splendidi di quella redazione. Però rimango gelato quando leggo che Marco difende frasi oscene di Grillo come: «Chiunque sa che i giornalisti televisivi sono lì per grazia ricevuta (e stipendio ricevuto) dai loro editori».E ancora: «E sa che i loro editori sono i partiti insieme alle lobby che li sostengono». E anche: «Queste macchiette fanno comizi politici (ma il termine antipolitici è più appropriato in quanto fanno gli interessi di gruppi politici o economici) tutti i giorni, dal mattino presto a notte fonda spacciandoli per informazione». Di più: «Uomini di alta e autoproclamata cultura che, dall’alto dei loro valori morali, etici, sociali e soprattutto di appartenenza – scrive Grillo – sono pagati profumatamente per il servizietto pubblico al Bersani, al Renzi, al Casini di turno».È dopo questa sequenza da birreria di Monaco, con la risciacquatura di banalità e stereotipi antiintellettuali tipici dei movimenti populisti degli anni venti, che si arriva alla Fatwa: «Lerner, Fazio, Formigli, per citare solo alcuni della truppa cammellata che imperversa nel piccolo schermo, sono le nuove fate smemorine il cui compito – scrive Grillo – è trasformare delle zucche vuote in statisti e attaccare con qualunque mezzo e ferocia chi mette in discussione il Sistema (del quale sono i pretoriani) e proteggere il loro portafoglio». Ma avrei pensato che dopo queste parole maldestre, l’ex giornale indipendente, oggi organo del partito Giustizialista, invece che sorvolare sulle cazzate del suo guru (come accadeva agli organi dei partiti seri) sarebbe sceso con il manganello in strada, per accanirsi contro i bersagli della fatwa e non contro il suo autore: «Grillo è un privato cittadino – scrive Travaglio – non controlla nemmeno una tivvù di quartiere, non ha mai chiesto di cacciare un conduttore o di chiudere un programma».E ancora, con una frase davvero incredibile: «Grillo – prosegue Travaglio – ha detto semplicemente ai suoi di non andare ai talk show». Peccato che, come abbiamo appena visto, questa sia una vera e porpria falsificazione: Grillo abbia definito Fazio, Lerner e Formigli, «truppa cammellata», «fate smemorine», «pretoriani del sistema», «protettori del loro portafoglio», «giornalisti pagati profumatamente per fare servizietti ai partiti».Il trucco di Travaglio, poi è un classico. Per convincere i suoi lettori, sempre più dubbiosi, che questo sia vero, tira fuori dei «cattivi» – L’Unità, Pierluigi Battista – per dire che attaccano Grillo ma sono supini con il governo Monti. Io non so se «Editto ligure», lo abbiamo coniato noi od altri. So che è l’unico modo in cui si può definire quella sconcezza. Speriamo che Marco domani si ricordi che scriveva e chieda scusa. Prima ai suoi amici. E poi a chi crede in lui. Si possono far danni anche senza infrangere il codice penale. Ma vorrei ricordare Marco che anche la diffamazione di Grillo contro Lerner Fazio e Formigli è un reato.
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