di LUCA TELESE
La politica in coda per il pieno, con il leader del Pd che impugna la pistola (quella erogatrice, però). Leggete questa notizia, pensando, solo per un attimo, che cosa sta producendo l’americanizzazione della campagna per le primarie dentro e fuori il Pd: immaginate che rivoluzione culturale e comunicativa se Pier Luigi Bersani veste i panni dell’Oil man, come se saltasse fuori da un film dei fratelli Coen, o da un grande idillio di Clint Eastwood, e usa la mistica degli idrocarburi per opporsi al potere fascinatorio del camper. Gianfranco Fini ci ha messo venti anni per far dimenticare la pompa di benzina di suo padre, e i pomeriggi passati a fare rifornimento alle macchine, da ragazzo, per arrotondare la paghetta. Lì il gioco era allontanarsi dalla pompa di benzina e dalla ca- setta ad Anzio per avvicinarsi alla seconda carica della Stato. Qui Bersani – invece – sceglie come clamoroso punto di ripartenza simbolico della sua campagna proprio la pompa di benzina fino a ieri più misconosciuta, quella di Bettola, il suo paese di origine in provincia di Piacenza: quella dove lavorava il suo, di padre. C’è in questo scambio di origini, e di scelta di appartenenza il primo capitolo (potenzialmente potentissimo) di quello che gli americani chiamano storytelling, ovvero l’arte di raccontare le storie al grande pubblico, di costruire un’aura di narrazione intorno al leader. Nel momento in cui il segretario del Pd deve opporsi al tour in camper di Renzi, ripercorre la sua vita, ne estrae una pagina biografica dimenticata, la trasfigura nel capitello di una nuova cattedrale. Una prova, se non altro, che la squadra del segretario, nelle riunioni di progettazione di questo nuovo viaggio in Italia, ha sentito il bisogno di aggiungere qualcosa. Non più solo i fondali rossi, e quello slogan che abbiamo visto l’altroieri, «L’Italia bene comune», ma tutta una costruzione poetica nuova. Il ritorno alla pompa di benzina delle origini sarà il pre- testo per un discorso dell’autogrill padano, immaginato da Roberto Speranza e dagli uomini dello staff come il discorso di una nuova frontiera, il «pezzo di asfalto da correre» della poetica di Luciano Ligabue, «Lambrusco e pop coooòrn / non è così facile…». Chi conosce la passione del leader del Pd per i vinili, la musica rock, e quella branca iniziatica della musica leggera italiana che sono i rocker e i cantautori emiliano-romagnoli, può immaginare quanto Bersani ami questa ambientazione sentimentale. Un giorno ero andato a intervistarlo (non era ancora segretario), e gli avevo chiesto di quella autostazione. Lui mi rispose con un aneddoto esilarante: «Ero ancora ministro dello Sviluppo economico, quando mi ritrovai una delegazione dei sindacati dei benzinai agguerriti». Bersani iniziava a sorridere: «Era gente esperta di trattative, tutti sindacalisti di lungo corso, era un momento difficile e mi sparavano tutto addosso… A un certo punto io faccio: “Ohé, mi sa che intorno a questo tavolo l’ultimo che ha servito a una pompa di benzina sono io”. Scoppiarono tutti a ridere». Così gli avevo chiesto se gli fosse mai capitato di parlare con Fini di quelle origini in comune. Anche qui Bersani scoppiò a ridere: «No, mai. Ma allora quella di Fini doveva essere una pompa dell’Agip». Gli avevo chiesto come mai, e lui mi aveva sorriso: «Perché noi eravamo della Esso. La Esso era più progressista. Sa, anche in quel campo lì c’è il bipolarismo, eh, eh, eh». Adesso c’è la sfida fra la mistica del camper e la poetica del benzinaio. Il discorso della piazzola immaginato con Stefano Di Traglia e Roberto Speranza, come dialogo con l’Italia che corre sulla via Emilia, l’Italia del lavoro, dei tir, dei prezzi e delle code. Chissà che cosa si dovrà inventare Nichi Vendola per tenere testa. Come minimo un treno.
Rispondi