di LUCA TELESE
Ve lo immaginate cosa accadrebbe se l’inquilino di albergo che deve liberare la stanza entro le 12 dicesse al portiere: primo, me ne vado quando voglio io. Secondo, prima di andare via mi prendo i rubinetti che mi servono. Se ci raccontassero questa storia diremmo che quell’inquilino è un matto. Prendi invece uno come Tidei, dirigente democratico, dna dalemiano, sindaco di Civitavecchia, parlamentare della repubblica. Tidei è stato eletto sindaco pochi giorni fa e il suo nuovo incarico è incompatibile con quello parlamentare. LUI ERA deputato e si dovrebbe dimettere immediatamente, al suo posto deve subentrare il primo dei non eletti nella stessa lista. Tutto molto chiaro, tutto molto semplice. Però lui se ne frega, semplicemente non lo fa. E giustifica il ritardo inventandosi scuse inverosimili. Come questa: “Deciderò sulle mie dimissioni in base a due considerazioni: primo salvare il tribunale di Civitavecchia, secondo farmi dire dal ministro che la discarica di Allumina non si farà più. Ed essendo parlamentare della Commissione giustizia, dove si decide sul tribunale, sono determinante”. È la nuova moda istituzionale, il chissenefrega di Stato. Prendete Tidei, ma potete prendere la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro che fa la spesa con il “carrello blu” (copyright di Mattias Mainiero) della sua scorta all’Ikea. Prendete tanti altri casi di questi giorni: il popolo di quelli che ancora non hanno capito, i tardivi. Sembrano solo dettagli ma non lo sono. A esempio, nel caso del primo cittadino di Civitavecchia: non è solo grave che un sindaco esordisca annunciando di voler violare una legge dello Stato e dica che lui se ne frega di quello che deve entrare al suo posto. Non è solo la legge che gli chiede di fare un passo indietro, è il buonsenso, che lo esige. Tidei sarà sommerso dalle incombenze del suo nuovo lavoro, ha scritto sui muri della sua città per un mese che vuole fare solo quello (!): procrastinare un atto dovuto, restare in carica appellandosi a cavilli e procedure temporeggiando che senso ha, visto che comunque te ne devi andare? Può avere solo una finalità, che mette i brividi. Portare a casa il suo stipendio da parlamentare ancora per un po’, magari sommandolo con quello di primo cittadino che percepirà da subito. Il bello è che ha già maturato la pensione, la liquidazione, tutto. LA DOMANDA È: possibile che nel suo partito, salvo alcuni eroiche eccezioni, nessuno glielo faccia notare? Possibile non si renda conto che ci perde la faccia? Possibile. Come tanti altri politici di questo finale di repubblica un po ’ se ne rende conto, un po ’ no, Un po’, forse, pensa che se porti a casa un buon gruzzolo si può perdere anche un po ’ di faccia, perché poi il tempo è galantuomo e tutti dimenticano. Passiamo alla capogruppo del Pd. Quando gli hanno fatto notare che usare gli uomini che la tutelano come camerieri ha risposto: “Avere la scorta per me non è un piacere. Mi è stata imposta e nonostante ciò provo a fare una vita normale, anche da Ikea”. Per carità. Ma qui forse è il caso di fare un discorso delicato. Primo: siamo sicuri che gli agenti che sono impegnati nella gestione delle padelle aderenti siano operativi in caso d’emergenza sicurezza? Qualche dubbio ce l’ho. La Finocchiaro dice che la scorta le è stata imposta, ma c’è anche chi, come il sindaco Ippazio Stefàno, è incorso nel pasticcio della pistola infilata nella cintura proprio perché la scorta l’ha rifiutata. E non sarà solo il caso della Finocchiaro, per carità. Ma sappiamo bene che molti politici non disprezzano la tutela. Perché porta con se non solo lo status symbol del lampeggiatore, ma anche il trasposto ad alta velocità, la possibilità di fare giri elettorali con tempi ristretti, che con un’auto civile non sono possibili. Il caso cult è quello di Gustavo Selva, che finse un malore per farsi accompagnare con l’ambulanza di palazzo Chigi negli studi de La 7. Stefàno ha chiesto scusa. Se avesse avuto la fondina, fra l’altro non se ne sarebbe accorto nessuno. Che il caso di Tidei non sia isolato lo dimostra Vincenzo Bernazzoli, che resta imbullonato alla poltrona di presidente della provincia, malgrado le premesse. “Ci devo pensare”, ha detto, viva la sincerità. E Persino la senatrice Soliani, del suo partito s’è lamentata: “Poteva dare un segnale”: Ma il segnale non è arrivato. I tardivi arrivano tardi a fare quello che non vogliono: hanno altre priorità.
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