di LUCA TELESE, da Genova
PROLOGO. Se vuoi farti un'idea di che tipo di carattere abbia Marco Doria, la cosa migliore da fare era entrare ieri sera alle sei dentro gli studi del Tg nord di Genova. L'intervistatore, Davide Lentini é uno di quelli che non hanno peli sulla lingua: "Lo sa che gli scajoliani dicono che ora la città rischia di finire nelle mani di un comunista, cioè lei?". Doria non si scompone nemmeno un po': "Guardi, questi pensano ancora in bianco e nero: io non sono Peppone. E loro non assomigliano a don Camillo nemmeno da lontano. Non fanno miracoli". L'ultima domanda é ancora più dura: "Sa cosa dicono? Adesso con Doria e il suo protettore don Gallo Genova diventerà la città dei viados, dei transessuali e delle prostitute. Cosa risponde?". Qui la maschera di Doria sembra ancora britannica e imperturbabile: "Grazie per la domanda. Mi offre l'opportunità per ringraziare don Gallo per tutto quello che ha fatto per me, e soprattutto per gli ultimi in questa città". Lentini da buon giornalista non molla l'osso: "E i viados?". Il candidato: "Il problema, viados o no, é rispettare le regole. Lo dovrebbero fare tutti. E spesso, anche in questa città, sono i più ricchi, non i più poveri a non essere in regola".
STORIA. "Il giorno dopo" di Marco Doria era iniziato nella sede del suo comitato (che fra l'altro é una libreria dell'usato) all'angolo con piazza Fontane Marose. Doria é stato la grande sorpresa, un mister Smith alla Frank Capra che mette al tappeto le "professioniste" della politica, un Forrest Gump della societá civile. Le due portavoci Carla Scarsi e Ludovica Schiaroli bastano a malapena per fronteggiare l'alluvione di richieste di intervista per il neoletto candidato sindaco del centrosinistra, il trionfatore delle primarie che, con il 46% ha raccolto (da solo) poco meno delle due rivali del Pd (messe insieme). Il problema é che lui fino alle 15.00 non c'é. I giornalisti non ci credono, temono che stia rilasciando interviste altrove. Ludovica sospira: "É all'università, come quasi tutte le mattine, anche durante la campagna elettorale". Gli hanno chiesto in tutti i modi di liberare l'agenda ma non c'é stato nulla da fare.
Eppure chi si era impegnato 24 ore al giorno non ha di che gioire. Roberta Pinotti, dopo la chiamata di congratulazioni, nella notte, é rimasta in silenzio. La Vincenzi, invece, ieri ha attaccato su twitter, risparmiando Doria, ma non Don Gallo: "Se non c'é la sua benedizione…".. Quando arriva in sede il candidato del centrosinistra taglia ogni polemica: "In una città con ogni tipo di problemi ce ne vorrebbero cento come lui! É il primo che ho voluto chiamare, nella notte della vittoria". I cronisti locali lo inseguono per chiedergli cosa pensa delle dichiarazioni dei dirigenti dell'Udc che minacciano di creare un nuovo Polo con gli ex Pdl: "Parlano una lingua politica così vecchia che la gente se ne frega della loro passione per le poltrone e per la piccola politica". Eppure Doria Rifiuta l'etichetta dell'antipolitica: "Ho un grandissimo rispetto per i partiti. Il problema – dice – é la concezione della politica come strumento di potere che molti politici hanno messo in pratica, anche qui, che fa fuggire le persone da questi partiti. Considero la mia vittoria come un segnale che si deve cambiare". Se gli chiedi chi vorrebbe in giunta tra le sue ex sfidanti torna il Doria antiretorico: "Nessuna delle due: ci sono tante persone nuove e competenti da mettere alla prova! La Pinotti è senatrice… Quanto alla Vincenzi: la rispetto, ma non metterei in giunta chi era già affermato quando i miei studenti non erano ancora nati. i grandi dirigenti del Pci – osserva Doria – insegnavano che si può contribuire anche senza incarichi". Gli chiedo se per caso vada tutte le mattine all’università per fare immagine. Lui mi guarda quasi male: "Non potevo abbandonare i miei laureandi. Ma mi faceva anche bene alla testa. Restare con i piedi nel mondo reale -spiega – ti aiuta a evitare che la politica faccia di te un marziano". Prende un respiro: "Vuole che le racconti una delle soddisfazioni più grandi del mio lavoro? Ho ritrovato come studente all'universitá un ragazzo di una famiglia popolarissima, che era mio alunno quando ero vicepreside all'istituto tecnico di Molassana. era venuto da me dopo il primo anno di corso dicendomi: 'Vado male perché non capisco tutte le parole delle lezioni'. Lo abbiamo aiutato, oggi è manager in Europa. L’istruzione pubblica, oggi più che mai – dice Doria – è la differenza fra la povertà e il benessere delle persone. Aiutare “gli ultimi”, che in questi anni stanno soffrono di più. La comunità di don Gallo è una straordinaria finestra sul disagio". Fino a un mese fa non aveva il telefonino: "Non mi serviva: o ero a casa o all'università". Adesso lo usa. Ama leggere saggi e narrativa, ma anche la sua collezione ("Completa!") di Tex Willer e i due maghi del fumetto genovese Berardi e Milazzo. É Astemio (cosa che.- Belín! – ha sconvolto molti fan). Per tutta la sua infanzia lo credevano ricco ed era "povero" perché il padre (diseredato per la sua iscrizione al Pci) aveva uno stipendio da funzionario. Quando tutti si sono convinto che malgrado il titolo di Marchese fosse "solo" un professore, alla morte del nonno é arrivata la Legittima. Ma il grande palazzo dei Doria, nella monumentale via Garibaldi é affittato, e lui abita in un vicoletto impervio della Maddalena, il quartiere che corre verso il porto, dove ha preso il 70%: "Ma li – si schermisce – mi conoscono tutti". Ha vinto nei quartieri operai e ha fatto cappotto nei quartieri ricchi del Castelletto e del Levante: "Curioso, no? Se votano a destra dicono che sono 'i moderati'. Se votano per me li definiscono radical chic: la verità é che quella é la borghesia produttiva che ha fatto grande Genova". Ma ce la farà a vincere? "Chi mi conosce sa che del potere per il potere non ho nessuna attrazione: o riesco a mettere in moto nuove energie, oppure torno ai miei studenti e…". Mi guarda: "E in quel caso spengo il telefonino".
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