È un terremoto: siamo passati da temi come escort e consumi, alla drammaturgia dell’angoscia sullo spread e sui dilemmi dello sviluppo. Cambia tutto per la politica, ma – soprattutto – per l’informazione e per il giornalismo”. Carlo Freccero, come tutti sanno, non è solo il direttore di Rai 4, ma uno dei massimi esperti italiani di comunicazione mediatica. Freccero ama la provocazione e l’iperbole e quando parla del giornalismo televisivo nell’era del post Berlusconi ipotizza il passaggio a una nuova stagione. Freccero, proviamo a spiegare cosa sta cambiando nella nostra tv? La prima cosa che si nota è il cambiamento di agenda. Sembra passato un secolo, anni luce, da quando il Parlamento, in piena crisi economica internazionale, era impegnato a votare sul caso Ruby e sulla sua credibilità come nipote di Mubarak. E questo perché, secondo te? Il governo di oggi rientra nei ranghi della modernità e restituisce al potere il suo legame con il sapere. Basta questo? Non sto facendo un ragionamento politico, ma una constatazione. Oggi il premier è autorevole e competente, mentre Berlusconi tendeva a mimetizzarsi con l’uomo qualunque. Cosa intendi? La filosofia di Berlusconi, parlo delle intenzioni, era inclusiva. Aveva l’aspirazione di comprendere tutti gli italiani nel suo racconto. E oggi, invece? Il tempo dei tecnici e dei sacrifici sposta tutto il contendere su chi deve essere escluso o incluso dal benessere. Anche nel rapporto con i poteri Berlusconi puntava all’inclusione… In realtà aveva colonizzato ogni settore del Paese, dall’economia alla cultura e alla comunicazione, e quindi sommato ogni forma di potere nella sua persona. La tv era metafora di questo? Per usare termini catodici possiamo dire che Monti ha l’autorevolezza del primo servizio pubblico televisivo: è pedagogico e “sobrio”, mentre Berlusconi era l’espressione della sua televisione commerciale, divertente, disimpegnata, costruita direttamente dal pubblico. Abbiamo parlato per venti anni di veline e di propaganda… E oggi invece torna al centro del dibattito un tema da tempo rimosso: il lavoro. Le figurine del calciatore, della escort, della velina e del cantante sono sostituite dal lavoratore e dal cassintegrato, proprio perché il lavoro manca. Se è cosi i talk show sono impreparati… E infatti tornano in forma drammatica perché il lavoro non c’è più e cominciamo a renderci conto che lo spettacolo non può sostituire la produzione. E anziché occuparsi dei casting, le famiglie devono fare i conti con la sopravvivenza quotidiana. Però la Lega torna allo spartito dei puri e duri. Ieri era vitale, oggi anacronistico. Perché? Come tutti i movimenti dialettici continua ad avanzare ritornando al passato, ma si torna al passato in forme nuove. Questo governo è autorevole come il governo di una Repubblica normale e ha la freschezza che gli è conferita dal tornare alla normalità dopo due decenni di puro spettacolo. Quello che ieri era noioso è oggi credibile perché siamo stanchi di un governo la cui comunicazione era paradossalmente sempre all’opposizione e in cui una vera opposizione era assente. Pensi che la protesta non paghi? No. La Lega deve recuperare le proprie radici di contestazione ruspante, replicando in Parlamento le manifestazioni eccessive che, alle proprie origini, esibivano nelle piazze e nei talk show come Profondo Nord di Lerner. Ma se ieri la loro protesta poteva apparire volgare, ma vitale e nuova, oggi appare falsa, semplicemente fuori luogo. Cosa consiglieresti, allora, ai politici? Provo a dire per immagini: ritornano la centralità della competenza e dell’intelligenza, a scapito della bellezza, spesso costruita dal bisturi. Sino a ieri improbabili parlamentari ci impartivano dai media la lezione che, per una donna, la bellezza è l’unico valore, citando inconsapevolmente il discorso di Marylin Monroe ne Gli uomini preferiscono le bionde. Oggi tutto questo appartiene a un remoto passato. Sembra che i tecnici siano tutti rose e fiori, per te. Sto descrivendo il nuovo campo da gioco. Non lo esalto. Certo è che la Fornero a sinistra, battezzata dalle sue lacrime mediatiche e Passera per il centrodestra, sono due potenziali Papi neri del futuro. E Monti? Un potenziale presidente della Repubblica, anche nella cifra con cui comunica. E la cosiddetta Casta? Non comunica più. È incapace di capire la complessità. Il talk show che era il luogo della Casta e della semplificazione invecchia di colpo. La sinistra è compresa in questa tua analisi? Da un lato emerge il pensiero tecnocratico, dall’altro quello radicale. Ma solo se sorretto da analisi e risposte. Quello che è in mezzo si è obsoletizzato. Esempio? La drammaturgia dello spread ha sostituito l ’ infotainment. La dialettica primaria non è più destra e sinistra, ma potere-antipotere Il Potere economico prevale su quello politico, non è detto che sia un bene. È vero. Ma per questo l’oppositore e l’indignato devono essere competenti, non tifosi. Toni Negri ha da dire più dei Cobas. Sai che la finanziarizzazione è iniziata nel 1979, assieme alla tv commerciale? E adesso che il processo arriva a compimento? La democrazia rappresentativa delegata per procura ai poteri politici viene spazzata via. La televisione che è sismografo di tutto ha corroso la Casta e l’oppositore ideale deve essere come il Pci parlamentare di una volta, competente e autorevole. I tg e Vespa contano come prima? Se Monti avesse presentato la manovra da Vespa prima di passare dal Parlamento sarebbe stato un errore clamoroso. Dal punto di vista comunicativo la cornice quasi funerea della nuova sala stampa è stata un set perfetto per illustrare la Finanziaria lacrime e sangue. Finito il tempo degli scudieri e delle amazzoni berlusconiane vedo già i nuovi Richelieu, come Giarda. Tutto bene, allora? No, affatto. Sta emergendo tutta la crudeltà del pensiero unico, liberista ed escludente. Solo che se lo vuoi raccontare, o abbattere, devi riscrivere tutti i codici e tutte le mappe.
di LUCA TELESE
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