di LUCA TELESE
Ecco, meno male che c’è il David Irwing di Arcore, per fortuna che c’è il geniale revisionismo berlusconiano che rimette le cose a posto quando le nostre certezze vacillano. Proprio nel giorno in cui saltano fuori dalle inchieste le prove materiali dei pagamenti bancari alle fanciulle dell’Olgettina, le tracce dei generosi flussi di denaro che si vanno a sommare ai già cospicui fondi stanziati dal welfare del silicone gestito dal sempre più ieratico ragionier Spinelli, proprio mentre sull’onda di questa contabilità satirisiaca stavamo per farci l’idea che il beneamato presidente del Consiglio avesse qualche cedimento pericoloso nel campo della sexual addiction lautamente retribuita, ecco, per fortuna è arrivato Bruno Vespa. Ogni epoca e ogni grande leader hanno il loro bardo, il loro fine letterato, il loro cantore. Silvio e l’Italia hanno avuto la fortuna di ritrovarsi lui. E non è certo rimasto con le mani in mano, Berlusconi, se è vero che l’ultimo capolavoro letterario dell’Omero azzurro viene anticipato con un numero quasi monografico del settimanale della casa editrice del premier, dedicato al premier, che anticipa un libro sul premier, pubblicato dalla casa editrice del premier. Vi siete persi? Spero di no. Ecco il titolo della primizia scritta dal Polibio di Segrate: “Io e le donne”. Esattamente come David Irwing ha il grande fascino persuasivo dei professionisti della riscrittura della memoria, e ha il talento raro di chi riesce a convincere qualcuno che le camere a gas erano degli impianti di ventilazione per dei forni da pizza, noi quando leggiamo Vespa restiamo incantati e ammirati e diventiamo capaci di credere ogni cosa. Irwing, prima di dedicarsi alla difficile impresa di dimostrare che Auschwitz era un parco a tema sul lavoro, era uno dei più brillanti storici della Seconda guerra mondiale. Vespa, prima di calarsi nella mission impossibile di dimostrare che Berlusconi è un distinto signore che quando parla di una delle sue escort dice: “La signora D’Addario”, era il direttore del Tg 1 dell’Italia democristiana. Ora l’editore di riferimento è cambiato, e la penna di Vespa vola. Prendete questo assaggio. Credevate che Berlusconi dedicasse troppo tempo alle sue cene eleganti? Ecco che arrivano le vite parallele dell’Erodoto di viale Mazzini. Da cui si evince che “Mitterrand ha avuto un numero di donne incalcolabile” e che ha nominato primo ministro “una favorita, Edith Cresson”, definita “una pupa nel serraglio”, nientemeno che da quel compassato osservatore delle cose francesi che risponde al nome di Jean Marie Le Pen. “Anche Jaques Chirac – aggiunge il Tolkien del biscione – era un professionista del sesso”. E quel vecchio porco di Martin Luther King, che Dio lo abbia in gloria, “Sarebbe stato protagonista di un’orgia – ci spiega Vespa – prima di pronunciare il discorso che lo avrebbe consegnato alla storia: ‘ I have a dream”. Povero Silvio: egli, spiega Vespa, è molto più morigerato di un reverendo, ma “la sua bulimia sessuale e le sue imprudenze sono imperdonabili”, spiega “perché non ha la protezione socio-istituzionale che hanno gli altri capi di Stato”. Subito dopo, il Tucidite di Palazzo Chigi illustra una meravigliosa tesi sulla fedeltà coniugale di Berlusconi (che tutti i mariti vorrebbero applicare, ma a cui forse anche la signora Vespa risponderebbe con il mattarello). Eccola: “L’affetto per Veronica portò il marito a manifestare ‘ il desiderio ’ per altre donne. Credo – aggiunge il Lewis Carroll della Rai – che ci sia stato un patto di reciproca libertà, vincolato tuttavia a una discrezione che il Cavaliere ebbe qualche difficoltà a rispettare”. Segue un impietoso scavo biografico: “Nell’arco dei suoi sessant’anni di vita sessuale Berlusconi non è mai stato monogamo”. Dopo il celebre 25 aprile a Onna, “Dove Berlusconi con al collo il fazzoletto della Brigata Maiella chiosa giustamente il Claudio Pavone di Casalecchio sul Reno – pronunciò un discorso unitario da autentico statista”, accade il fattaccio: “Purtroppo l’indomani andò a festeggiare il diciottesimo compleanno di una ragazza”. Ma ecco che il Berlusconi del revisionismo vespista chiarisce subito tutto: “Non ho mai sfiorato Noemi”. E Tarantini? “Non avevo nessun motivo per diffidare di lui. Frequentava la migliore società barese, era accreditato presso gli amici di D’Alema, era vicino al presidente della regione Sandro Frisullo”. In pratica un Lord. “Persino intimidito”, come spiega un altro testimone impietoso della storia evocato da Vespa “Alfredo Pezzoti, 48 anni, da un ventennio maggiordomo di Berlusconi a Palazzo Grazio-li”. Fantastico, Alfredo: “Che io ricordi, degli ospiti di Tarantini, qui si è fermato solo la signora D’Addario”. E Ruby? “Lei stessa – dice il Berlusconi alla doppia panna di Bruno – ha giurato di non aver avuto da me neppure una avance”. La Minetti? “Aveva l’incombenza di sentire Ruby per sapere se stesse bene”. La Carfagna? “Se non fosse stata mia amica, forse, non sarebbe diventata ministro”. Attendiamo trepidanti il prossimo best seller dell’evangelista di Porta a Porta: “Gesù Cristo è morto di freddo”. Molto più che un novello Sant’Agostino, Bruno Vespa è già diventato un Apicella in prosa.
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