di LUCA TELESE
Una risata vi seppellirà”, profetizzavano gli anarchici nel secolo Novecento. Ma nel farlo immaginavano che il potere sarebbe stato rovesciato da una risata catartica, ribelle, liberatoria, la risata delle foto color seppia con gli scioperanti che si opponevano a braccia disarmate contro la polizia. Mai nessuno avrebbe immaginato – invece – che Silvio Berlusconi sarebbe stato sepolto da una risata affilata, sarcastica e feroce, una euro-risata avvelenata, una sarko-risata. Ovvero: dalla manifestazione plateale della sfiducia che la lingua della diplomazia non poteva esplicitare, e che quella del corpo ha reso invece un punto senza ritorno nella storia del crepuscolo berlusconiano.
Cosa dice, all’opinione pubblica di mezza Europa, il sorriso di Sarkozy? Se la domanda era “Lei crede che l’Italia rispetterà i suoi impegni?”, la risposta disegnata da quel sorriso era un plateale no. Ed è davvero curioso, dopo anni in cui Berlusconi ha provato ad affermare in politica estera una sua lingua informale, che quel sorriso sia un contravveleno omeopatico, un atto di diplomazia altrettanto informale, aggressiva e anti-protocollare.
Il bluff delle Finanziarie
Ma se la risata di Nicolas Sarkozy e di Angela Merkel è letale per la nostra diplomazia e per la nostra credibilità, lo è perché il premier di Arcore, in questi anni, ha aperto con le sue stesse mani la breccia attraverso cui ha ricevuto il colpo. E lo è anche perché questa estate, con l’epopea delle cinque Finanziarie (in cinque giorni) ha minato le basi stesse della propria credibilità. Il sorriso di Sarkozy è figlio di quel “contributo di solidarietà” presentato, dibattuto e poi ritirato come se nulla fosse. Ed è figlio di quella ridicola ed eterna diatriba sulle pensioni da tagliare, anzi da non tagliare perché Bossi si arrabbia, anzi sì, forse no. Quel sorriso è figlio della saga delle province cancellate con un tratto di penna, poi in realtà solo le meno popolose, poi anche le meno estese e meno popolose, e poi nessuna, finché non si tocca la Costituzione. L’Europa ha cominciato a ridere di Berlusconi (e non ha più finito) quando ha visto un premier che non riesce a mantenere più nemmeno gli impegni che prende con se stesso.
È curioso anche un altro paradosso della risata sarkostica (o sarkastica). A seppellire la credibilità del governo italiano, sono i due leader che politicamente gli dovrebbero essere più vicini: il gollista di centrodestra e la popolare, ovvero i genitori delle due famiglie europee a cui il Pdl vorrebbe ancorare la sua storia. Almeno questo sottrae ogni possibile alibi allo scenario del complotto di qualche fantomatica internazionale ulivista o socialdemocratica: non sono stati Tony Blair o il detestato José Luis Rodríguez Zapatero a dare lo sfratto al premier, e nemmeno “l’abbronzato” Obama. Ma quelli che gli avevano concesso il loro credito.
Emma: “Risolini inaccettabili”
Ieri le fonti diplomatiche del governo tedesco provavano a tappare la pezza con un rammendo più esteso del buco: “Le allusioni italiane sul sorriso scambiato ieri in conferenza stampa tra Merkel e Sarkozy sono basate su un equivoco”. Un equivoco a cui nessuno potrebbe credere, dopo quel filmato. E ieri facevano più male le manifestazioni di solidarietà che gli attacchi, ad esempio la solidarietà di Emma Marcegaglia che, definendo “inaccettabili quei risolini”, non facevano che sottolineare la gravità irreversibile del “sarko-sorriso”. In questi giorni, per capire come Berlusconi ha metabolizzato l’euro-sgarro di Bruxelles, bastava gettare l’occhio sui telegiornali Mediaset e sull’informazione minzoliniana: il sorriso era stato sbianchettato. Il Tg4 non lo faceva vedere. Il Tg5 diceva che l’Europa riconfermava la fiducia all’Italia. E il Tg1 di Minzolini si esibiva in un capolavoro di taglia-e-cuci. Prima mossa: far scomparire la domanda della giornalista (senza cui il Sarko-sorriso non aveva senso). Seconda mossa: accorciare il lungo imbarazzato silenzio, l’occhiata di Sarkozy, lo scambio di silenziosa complicità tra i due leader. Terza mossa: far partire il servizio dalle risate. Il clima goliardico era dovuto all’irritualità della domanda, e non al suo contenuto.
La vendetta dello smalto
Ma se vuoi capire cosa direbbe Berlusconi, se non ci fossero le forbici dei suoi zelanti chierici, basta leggere la prima pagina de Il Giornale, dove Feltri e Sallusti (in questo facendo giornalismo senza pecette o censure) davano corpo a quello che il premier pensa davvero: “Sarkozy come Zidane”. Sottotitolo: “Il marito di Carla Bruni ci offende ridendo di noi. Così imita il calciatore che aggredì Materazzi con un colpo basso. Una ripicca per non aver liberato il posto di Bini Smaghi alla Bce. Berlusconi lo gela”. Ecco, Il Giornale – sia pure con toni di patriottico alzabandiera, spiega che l’ultima patacca rifilata dall’Italia all’Europa è l’eurobanchiere imbullonato che – come ha scritto Eugenio Scalfari – mette in difficoltà il suo paese per difendere la sua poltrona. Ma se si allarga lo sguardo, e si consultano i precedenti, ci si rende subito conto che la Sarko-risata è una legge del taglione con cui Berlusconi paga le sue corna ai ministri spagnoli, i suoi “Mr Obamaaa!”, il suo Cucù alla Merkel, il suo “lavitolese” sulla “culona inchiavabile”, la sua diplomazia panamense che è perfetta per il Sudamerica, ma fuori da ogni senso nell’Europa dei parametri econometrici inviolabili. Non è bello che il premier abbandoni per un commissariamento internazionale, che sia squalificato con un cartellino rosso e un sorriso di scherno. Ma, da ieri – con buona pace di Minzolini – è semplicemente quello che sta accadendo.
Foto | Flickr
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