di LUCA TELESE
E venne il giorno del “Cavalier sbadiglio”. Dodici appisolamenti del tuo miglior alleato, al tuo fianco, dodici crolli di attenzione: di fatto un epitaffio. L’uomo-ovunque che cuciva i limoni sugli alberi a Pratica di mare, il leader coreografo che faceva il casting delle gambe sulla prima fila del congresso pidiellino a Roma, il capo che regalava lo spray per l’alito ai parlamentari affetti da fiatata sulfurea, è drammaticamente caduto sul suo primo postulato – l’immagine – marchiando a fuoco il proprio discorso con la rappresentazione plastica della sonnolenza. Ti arrampichi sulla tribuna stampa di Montecitorio per assistere all’ultimo ruggito del Re Leone. Pensi a tutti i precedenti, alle ovazioni, agli sfottò, alle invettive rivolte all’opposizione, alle trovate studiate a tavolino, come quel giorno che nel 1994 si alzò platealmente per stringere la mano a Giorgio Napolitano. E va bene che glielo aveva suggerito Giuliano Ferrara, che in quei mesi sarebbe arrivato a girare con il gesso tra banchi del governo, ed era ministro dei Rapporti con il Parlamento. Però nessuno poteva negarglielo: l’omaggio a Re Giorgio era una berlusconata che spiazzava.
Guizzi, flirt e bottoni: addio
Adesso le trovate non ci sono più, persino l’originario antiparlamentarismo sembra addomesticato, il dietrista inquadrato nella diretta televisiva è Umberto Bossi, e l’unica cosa che ci ricorderemo di questo discorso sono i dodici, terrificanti sbadigli a scena aperta del senatùr. Dodici sbadigli in dodici minuti: una catastrofe. Le agenzie discettano sulla definizione tecnica: “Sbadiglio. Atto involontario accessorio della respirazione caratterizzato da una abnorme apertura della bocca”. Un tempo non era così: che dire di quella volta che i fotografi – nella seduta inaugurale – scoprirono, con un abile gioco di teleobiettivi, il bigliettino premuroso scritto per due deputate del Pdl? Era il primo giorno della legislatura e il premier scriveva euforico: “Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene!”. E nel retro: “Molti baci a tutte e due !!! Il ‘Vostro’ presidente”. C’era persino un Berlusconi gaffeur, ma simpatico, come quella volta che aveva detto, sicuro: “Adesso do la parola al ministro Martino!”. Dimenticandosi, però del fatto che la parola la dà il presidente della Camera, ma non un membro del governo. Un’altra volta Berlusconi si era lamentato con un cronista: “Cosa dovrei andare a riferire? Non mi faccia più certe domande!”. Un’altra volta si era lamentato: “Non è piacevole passare una giornata in Parlamento a schiacciare bottoni”. Disse una volta Oscar Luigi Scalfaro: “Berlusconi non sa cos’è il Parlamento!”. Ma l’imperizia, la rottura del galateo, le papere regolamentari erano pur sempre energia, vita, rispetto al cloroformico dibattito di ieri. Berlusconi diceva: “I parlamentari la tirano così a lungo con le leggi, perché devono dimostrare ai figli e alla moglie che non vanno a Roma solo perché lì hanno l’amante”. Adesso, invece, scopriamo che l’aula può servire per addormentare gli amici.
Anche stavolta il consigliere è Giuliano Ferrara. Faceva una certa impressione sentire Berlusconi dire “chiedo scusa per la bocciatura del Rendiconto”, fotocopiando, di fatto, l’editoriale de Il Foglio di ieri. Un tempo avremmo versato fiumi di inchiostro, adesso non ce ne accorgiamo nemmeno, perché non si riesce a staccare gli occhi dal leader della Lega, quando fra le 11:15 e le 11:20 tracolla, prova disperatamente a mettere la mano davanti alla bocca per mascherare lo smascellamento. Ma non ci riesce. C’è chi sbadiglia di mattina, perché ancora non ha preso conoscenza, chi di primo pomeriggio perché si abbatte come una mannaia la fase post-prandiale, chi di sera, perché crolla stremato per la stanchezza. Nessuno, fino a oggi, aveva avuto il tracollo di metà mattina. Ma questi sono il Bossi e il Berlusconi di oggi. Il lettore di un discorso precotto e l’uditore sofferente.
Un fantasma, anzi due
Poi, però, se ci pensi meglio, mentre la guardi dall’alto, quest’aula semivuota, con emiciclo in cui risuona l’eco, con Bobo Maroni che se ne va in gita goliardica sui banchi dipietristi, se la guardi dall’alto, la scena, improvvisamente ti pare di capire qualcosa di più. In questi anni di crisi, il berlusconismo ha mascherato il suo svuotamento con la teologia del nemico, ha supplito al tradimento dei suoi sogni con il tonico della tirata apocalittica, il corpo a corpo, la sfida. Ora, mentre l’aula vuota rende mezzo Parlamento desertificato, e la curva sud piediellina diventa inutile, è come se Berlusconi fosse costretto a combattere contro il suo fantasma, come se dovendo ascoltare se stesso perdesse le energie. Umberto e Silvio, 145 anni in due. Risorto dopo il suo tracollo, ieri Bossi sembrava tornato a ruggire: “Domani sera – diceva – il governo ci sarà!”. Non c’è motivo di dubitarne. A patto, però, che riesca a restare sveglio.
Rispondi