di LUCA TELESE
La voce dell'ex ministro era risuonata limpida e gioviale nel mio auricolare: "buongiorno, Telese! ma lo sa che lei é un bel figlio di puttana?". E poi ecco la risata sonora -inconfondibile – di Claudio Scajola.
Di solito i giornalisti occultano questo lato non del tutto gradevole del loro lavoro, quello in cui si incassano le "Lodi" (ma sarebbe meglio dire le ingiurie) per gli articoli pubblicati. Io su Scajola, su questo giornale, ne avevo scritto almeno quattro dotati di un contenuto per lui "sensibile". Ognuno di questi, per mia fortuna (o sfortuna, a seconda dei punti di vista) avrebbe potuto farmi guadagnare quell'epiteto. Per esempio: Ero nella sede del ministero delle attività produttive la mattina dell'indimenticabile conferenza stampa di dimissioni di Scajola. Proprio quel giorno in cui aveva pronunciato la leggendaria frase: “Se dovessi acclarare di abitare in una casa che è stata in parte pagata da altri senza saperne io il motivo, il tornaconto e l'interesse – aveva detto quella mattina – i miei legali eserciteranno le azioni necessarie per per l'annullamento del contratto di compravendita. Non potrei come ministro della repubblica accettare abitare in una abitazione pagata in parte da altri!”. Amen. C'era da immaginarseli i legali di Scajola che inseguivano le venditrici, le ormai celeberrime sorelle Papa, per convincerle a riprendersi l'appartamento con vista sul Colosseo.
Nella registrazione video di quella giornata, il giorno dopo, avrei addirittura scoperto una voce che gridava il none del ministro mentre lui fuggiva da un'uscita laterale della sala senza rispondere alle domande, dopo aver letto una dichiarazione scritta, a metá fra il comico e il reticente. La voce che gridava il suo nome era la mia. Adesso – invece – Scajola sorrideva, e diceva cose inversamente proporzionali alla gravitá delle parole che aveva appena pronunciato su di me: "Lei é un bel figlio di puttana, davvero! E voi del Fatto mi avete levato la pelle, con una operazione di chirurgica ferocia. Sa perché vi rispetto, malgrado tutte le terribili cose che avete detto e scritto di me, tra lei, Lillo e non parliamo nemmeno di Travaglio?". La domanda era telefonata, nel senso che Scajola aveva giá pronta una sua risposta. Ero tutt'orecchi ad ascoltarla: "Perché voi – aveva detto sicuro l'ex ministro – non avete secondi fini. E quando io le avrò spiegato tutto quello che ho trovato nelle carte, sarete proprio voi de Il Fatto a riabilitarmi davanti all'opinione pubblica! Perché siete figli di puttana, certo, ma anche intelligenti. E soprattutto, al contrario di altri, privi di secondi fini e onesti".
Nei giorni in cui avveniva questa conversazione Scajola stava tornando in campo per la terza (o quarta volta) in vita sua, con l'indimenticabile associazione Cristoforo Colombo. Sembrava euforico. Se svelerò il piccolo retroscenadi quella telefonata, dunque, e la conversazione che ne era seguita, é perché da quando i giornali scrivono che sará proprio lui – Scajola – il Dino Grandi del Berlusconismo, l'uomo che propizierá il cambio di regime, quelle parole che mi ero appuntato su un blocco notes, il giorno della telefonata, da un lato ridiventavano interessanti, e dall'altro riaccendevano la mia inquietudine. Di sicuro, quello di cui Scajola si era convinto in quelle ore, ha a che fare con quello che sta facendo oggi. E quindi devo trascrivere anche il tono di spavalderia con cui ripeteva: "Io ho passato mesi senza dormire. Ho riletto ogni singola carta di quella inchiesta, e oggi non ho alcun dubbio: qualcuno ha provato a fregarmi!!".
Per completare il quadro, bisogna dire che Luigi Crespi, il sondaggista che fu il demiurgo di Silvio Berlusconi oggi fa anche il consulente per l'immagine (mestieri che bisognerebbe indagare meglio). Da Mara Carfagna a Gianfranco Fini, a Stefania Prestigiacomo, a Gianfranco Micciché, metá del parlamento é (o è stato) nel suo portafoglio. E il cliente più complesso l'avevo scoperto prima dell'estate quando Crespi – cui certi non difetta il senso del teatro – mi aveva detto al telefono: "ti passo un amico, eh eh…". Scajola, appunto. Quella mattina gli avevo chiesto come poteva pensare che qualcuno avesse potuto mettere in piedi una macchinazione tanto complicata solo per colpire lui. E Scajola aveva risposto: "Questo deve dirmelo lei! Ma sta di fatto che se nemmeno i magistrati hanno ritenuto di dovremo indagare, vuol dire che le prove a mio carico non erano così lampanti come si é fatto credere, che dice?". Evidentemente in quei giorni il deputato del Pdl era graniticamente convinto che non sarebbe stato rinviato a giudizio (come invece é accaduto, nemmeno un mese fa) per la casa di via Fagutale. E così mi bombardava con i suoi rovelli: "Ma si rende conto? I soldi sarebbero stati affidati a un corriere che in passato aveva truffato il suo padrone? Per fare l'operazione avrebbero usato assegni circolari? Le sorelle Papa non hanno detto mai di aver avuto i soldi da me? L'architetto Zampolini non ha mai affermato di avere informato me di quello che stava facendo! Capisce? Per quanto possa sembrare incredibile – mi diceva l'ex ministro – quello che é scritto nelle carte processuali non corrisponde minimamente a quello che é stato scritto sui giornali e che – gridava con passione Scajola – ha contribuito a formare anche la sua opinione tanto sfavorevole nei miei confronti!!". A quel punto lo avevo interrotto: "Ma scusi, lei nega o no che quei 900mila euro siano finiti dentro il rogito del suo appartamento?". A questo punto l'ex ministro aveva fatto una pausa: "Mi crede se le dico sul mio onore che quei soldi io non li ho mai visti?". Allora gli avevo detto: "Però lei sa bene che c'erano. Quindi l'unica possibilità sarebbe che lei é stato vittima di un gigantesco complotto". Lo dicevo per schiacciare l'ex ministro su un'ipotesi paradossale e assurda. E invece di nuovo Scajola era rimasto per un attimo in silenzio: "Questa parola la sta usando lei. Ma guardi che é lo stesso dubbio che attanaglia me! Si chieda però a chi é convenuto fare fuori un ministro dell'interno come il sottoscritto!". Avevo chiesto a Scajola se stava provando a convincermi che il caso della sua casa al Colosseo fosse un complotto ordito nel centrodestra per cambiare gli equilibri politici del Pdl. Lui a questo punto aveva dismesso la maschera del democristiano ridanciano, per indossare quella dello statista corrucciato: "Mi creda. É la stessa domanda che mi sto facendo io".
Adesso, nelle ore in cui molti a sinistra sono pronti ad ammazzare il vitello grasso pur di conquistare un voto contro Berlusconi bisogna non dimenticare che Scajola é stato Non un semplice fante, ma l'architetto di Forza Italia, il ministro dell'interno che si vantava di aver dato disposizione di sparare a Genova ("Fui costretto a dare l'ordine di sparare se avessero superato la zona rossa "), che é davvero la stessa persona che aveva definito una vittima delle Brigate rosse come Marco Biagi "un rompicoglioni". E che é anche il principale beneficiario, come ha dimostrato una bella inchiesta di Corrado Formigli, della tratta Albenga Roma, istituita purtroppo a nostra insaputa, sovvenzionata con denaro pubblico, ed efficacemente ribattezzata "Scajola Airlines" per l'indubbio servizio reso all'allora ministro. Il giorno delle dimissioni un brillante giornalista, Mattia Feltri, disse di lui: “Correva un grande rischio. E ha preferito passare per imbecille piuttosto che per ladro. Dopotutto è peggio". Io invece mi sono convinto che forse c'é una possibilità che Scajola abbia ottenuto davvero quella casa come una regalia, e senza averne piena contezza. Sarebbe un caso incredibile. Ma se Scajola – dopo tanti sforzi – dovesse risultare più imbecille che ladro non sarebbe un buon viatico per la politica italiana. Il trasformismo non é solo la banale acquisizione di personale politico eletto altrove. Il trasformismo é l'acquisizione, per motivi di opportunità politica, dei conflitti di interesse altrui. Sarebbe grottesco se Berlusconi dovesse essere messo in condizione di battersi contro i simboli della stessa questione morale che lo ha messo in crisi.
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