di LUCA TELESE
Dal regale e imperioso “lei non sa chi sono io”, all’emergenziale e clandestino “Lei non sa chi non sono io”. Ci voleva la penna arguta e l’occhio da esperto raccontatore di Palazzo di una firma della Stampa come Fabio Martini, per fotografare l’immagine che racconta il passaggio di epoca: quella dell’onorevole della Seconda Repubblica e mezzo che per strada nega la sua funzione, la sua identità, la sua immagine, nei tempi della grande crisi. Abbiamo visto passare due Repubbliche in cui i parlamentari esibivano il proprio orgoglio, ci prepariamo a una terza in cui aspirano alla clandestinità. Un motivo, un motivo brutale, matematico, immediato, per spiegare questa repentina mutazione di status, in effetti c’è. La manovra più pazza del mondo, quella che balla ogni giorno la sua danza tra Camera e Senato annunciando nuovi balzelli e variando i propri totali, annunciava sfracelli, e ha partorito un topolino. La Casta ha annunciato e propagandato i propri sacrifici, ha raccontato il senso responsabile del martirio autoimposto e dei tagli di bilancio. E ha partorito l’ennesima piccola grande truffa, un balletto di cifre taroccate, che nascondono l’invarianza dei saldi.
Un esempio? Il contributo di solidarietà raddoppiato che preoccupava tanto l’onorevole Paniz (“Se va bene prenderò solo 300 euro!”), in realtà si applicherà solo ai parlamentari che guadagnano di più (presidenti, vicepresidenti e presidenti di commissione). Quanti? Su quasi mille, secondo i calcoli dei due inchiestisti anti-Casta, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, si applica sì e no a trenta persone.
Tutti coloro che vogliono leggere una fotografia vivida, impietosa e persino feroce di questa ennesima operazione gattopardistica, non devono fare altro che leggere l’ultimo libro della premiata ditta Stella-Rizzo. Si intitola Licenziare i padreterni (Rizzoli, 180 pagine 9 euro), ed è un instant book che documenta in diretta i conti fallimentari dello Stato e la velleità dei tanto sbandierati tentativi di (auto)riforma. “Padreterni”, non è una recente ingiuria tratta dall’arsenale di qualche profeta dell’antipolitica, ma una definizione ironica tratta dalla penna alata di un padre della Repubblica come Luigi Einaudi: “A Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali si sono persuasi, insieme con qualche ministro, di avere la sapienza infusa nel vasto cervello. Bisogna licenziare questi padreterni orgogliosi, persuasi di avere il dono divino di guidare i popoli nel procacciarsi il pane quotidiano. Troppo a lungo li abbiamo sopportati”.
Volete scaldarvi con una raffica di numeri emblematici tratti dal breve e caustico saggio? Eccone alcuni che fanno riflettere. Stella e Rizzo hanno passato allo scanner i conti della politica. Per scoprire, ad esempio, che sulle donazioni che hanno prodotto sconti fiscali, ogni 100 mila euro, 392 euro vanno a enti benefici e ben 19 mila vanno ai partiti politici. Hanno riaggregato le fumose voci di bilancio del Palazzo per scoprire che la Camera dei deputati è passata da 291 milioni di euro del 1983 a un miliardo e 59 milioni del 2011. Totale dell’aumento, attualizzando il calcolo? La percentuale calcolata da Stella e Rizzo fa fare un salto sulla sedia: più 41,28% di spesa, alla faccia dei proclami moralizzatori e degli inviti all’austerità. E il Quirinale? Nel 2001 spendeva 140.476 milioni di euro. Nel 2011 ne spende 228 milioni, con un aumento del 62% (!). E che dire del Senato? Passa da 154,7 milioni del 1983 a 574 milioni del 2011. Totale dell’aumento di bilancio? Una cifra mostruosa, più 65%. Ma messi in rapporto al Pil i numeri si fanno ancora più inquietanti: l’aumento delle spese correnti della Camera è pari al 367%. D’altra parte, si fa presto ad aumentare le spese, se è vero che, solo per gli affitti dei Palazzi di Montecitorio spende 411 milioni di euro. Tutto è cresciuto: gli immobili, i dipendenti, i budget. E che dire del 31esimo stormo della Presidenza del Consiglio, quello che assicura i cosiddetti voli di Stato? Stella e Rizzo raccontano il piccolo capolavoro di tenacia che è costato mettere insieme quei dati. Nel 2005, gli autori de La Casta avevano elaborato una media inquietante secondo cui la flotta dei voli blu aveva volato – in media – per 37 ore al giorno (!). Quest’anno, bombardando Palazzo Chigi per tre mesi di seguito, i due autori hanno finalmente ottenuto una risposta. Rielaborando i numeri esce fuori che oggi le ore sono addirittura aumentate del 20%. Stella e Rizzo sono andati a caccia delle singole cifre. Lo stipendio medio di un dipendente pubblico è 36.135. Quello di un dipendente Camera della 131.586 euro. E che dire delle piccole grandi vergogne? Che dire di Giuseppe Bova, ex vicepresidente (diessino) del consiglio regionale calabrese che si vantava dicendo: “Io non uso l’autoblu!”. Stella e Rizzo hanno trovato la cifra che Bova ha ottenuto come rimborso per l’uso dell’auto privata: 211 mila euro per quattro anni. Vogliamo aprire la piaga del finanziamento pubblico? E che dire del pugliese Giovanni Copertino, ex democristiano ed ex berlusconiano, esponente di punta delle giunte Fitto? Dopo venti anni di assemblea regionale ha incassato 492 mila euro di liquidazione. Qui le piccole storie si riverberano in quelle grandi, e le cifre ballano. Stella e Rizzo hanno calcolato quanto hanno percepito i partiti di finanziamento pubblico in 36 anni: 5 miliardi e mezzo di euro. Licenziare i padreterni è un racconto godibile e indignato, ma anche un libro di autodifesa. Finché quel frammento di società politica che viene definito Casta non ridurrà la sproporzione fra gli annunci e la realtà, la rabbia della società civile sarà difficile da placare.
Foto | Flickr
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