di LUCA TELESE
Come le vertebre di una schiena che si rimette in piedi. Un corteo verticale, come un corpo umano, che si solleva come per rispondere a una chiamata. Che genio quel lavoratore che distribuiva dei bigliettoni di carta verdina, stampati da lui stesso, con sopra l’effigie dentata di Silvio Berlusconi e la scritta: “Buono evasione fiscale”. Sotto l’intestazione: “Questo buono dà diritto ad evadere il fisco per un ammontare non superiore a tre milioni di euro”.
Te ne vai alla manifestazione dello sciopero generale organizzato dalla Cgil per capire chi sono i nuovi indignati italiani, e scopri che prima ancora di capire la loro identità, si rivela il loro obiettivo: gli evasori. Cammini su e giù per il corteo che ha riempito le vie di Roma, e scopri che questa manovra è come un missile a più stadi. Fa incazzare tutte le categorie, una a una, e alla fine le riunisce tutte, con capolavoro politico che vede sfilare insieme sia il sindacato di Susanna Camusso sia i Cobas che la contestano. Già, la Camusso. Tutto si può dire, su questa manifestazione, ma di sicuro c’è una vincitrice. Lei. Ieri la Cgil ha calamitato i partiti, e soprattutto il gruppo dirigente del Pd, recalcitrante, fino all’ultimo. Il fiuto autoconservativo del segretario Pier Luigi Bersani ha avuto ragione dei rapporti di forza. Ieri la Cgil ha vinto ogni resistenza, se non altro perché il lungo appello degli striscioni, delle associazioni e dei manifestanti, ha visto una febbrile ed entusiastica adesione, di un popolo di sinistra che da anni si sentiva tradito nella sua rappresentanza, e che ieri è tornato in piazza e si è cementato intorno alla parola d’ordine: “Che la festa la paghi chi se l’è goduta”.
Da Milano arrivano i metalmeccanici della Fiom, con le buste paga stropicciate, e spianate davanti agli striscioni. Buste di redditi avari, sventolate con rabbia. Da Torino arriva la fiumana delle fabbriche Fiat, a Mirafiori, grida Giorgio Airaudo, “Alla Fiat Siamo al 75 per cento di adesioni! Numeri che a volte non si raggiungono nemmeno con gli scioperi confederali”. Aggiunge Nichi Vendola: “La Cgil oggi è il principale presidio di democrazia in questo paese”.
Cerchi in questo corteo romano l’identikit dei nuovi indignados italiani, e – paradossalmente – trovi l’appello di tutti quelli che negli anni scorsi avevano gettato la spugna. Ci sono le categorie del sindacato, ci sono i lavoratori della scuola, ci sono i dipendenti pubblici. Ci sono persino i dipendenti delle Assicurazioni Generali, con uno striscione che dice tutto: “Generali: 19 milioni di euro a Geronzi, 550 euro al mese ai lavoratori”. E che dire del sindacato pensionati, presente in massa, da tutta Italia, e raccolto dietro un altro striscione, con un omino nudo: “Ci avete messo in mutande”?
Qualcuno pensava che in queste piazze si sarebbe prodotta una nuova alchimia antropologica, e invece c’è un blocco sociale poderoso e antico che riemerge imponente come un galeone che riaffiora dal mare. Ci sono i ragazzi dei Cub che diffondono volantini contro l’accordo del 28 giugno e contro “La libertà di licenziamento”, è vero.
Ma poi ci sono le Camere del lavoro, i sindacati di categoria, le mamme degli asili nidi, e le maestre, che protestano contro l’aumento delle rette, l’elevazione del numero di bambini per classe. Le riconosci perché hanno in testa le creste arancioni dei galletti: “No ai nidi pollaio”, dicono. Oppure: “Polverini, Polverini, giù le mani dai bambini”. Ci sono quelli della Cgil di Frosinone, capitanati dalla battagliera Bruna, la segretaria locale. Tutti come lei con il cappellino da Robin Hood in testa. E c’è Pina, che si sgola, dei comitati popolari di lotta per la casa. Ci sono quelli dell’Istituto del Commercio estero, Ice, molte donne, tutte furibonde: “Ci hanno cancellato e smembrato. Hanno distrutto il lavoro che facciamo per 30 mila imprese italiane, per dividerci fra due ministri che volevano una fetta di potere”. Quante donne.
Percorri questo corteo, e ti rendi conto che è una colonna vertebrale in cui la struttura ossea è disegnata sulla linea dei tagli orizzontali, delle razionalizzazioni irrazionali, dei frammenti di stato sociale demoliti dalla manovra. Oggi, gli indignati italiani, sono il pezzo di Italia a cui questa Finanziaria toglie la benzina. Sono le vertebre più antiche della galassia sindacale che dopo anni di rospi mandati giù ricominciano a camminare in posa eretta. Ad accendere la miccia sono state le due piazze convocate questa estate dalla Fiom. E il presidio simbolico acceso ieri notte davanti a Piazza Affari, dall’organizzazione di Maurizio Landini. Poi c’è stato lo strappo della Camusso. Ma a far deflagrare la bomba ci sono madri, padri e nonni. Quando arriverà anche la protesta fantasiosa e spontanea dei giovani che oggi ancora mancavano, quando alla forza antica della Cgil si aggiungerà il tam tam nelle scuole, per il governo e per i sindacati incatenati al crepuscolo del berlusconismo, sarà un problema serio.
Foto | Flickr
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