Che cosa si nasconde dietro l’ennesima notizia di uno spogliarello alla Festa democratica? Che cosa raccontano le gonne che si sollevano nelle locandine, i reggiseni che volano sui palchi, le dirigenti che si nascondono dietro le mascherine hard e i dibattiti sullo strip sì strip no, innescato dall’ennesimo caso giornalistico?
Ieri su Repubblica, Antonello Caporale ci ha raccontato divertito, ma con la penna intinta nel vetriolo, della festa di Campiano, un paese alle porte di Ravenna, dove è andata in scena la polemica (con invito al boicottaggio) fra le donne del partito – che volevano impedire lo show nel nome del buon gusto – e i dirigenti della federazione, che volevano procedere allo spogliarello nel nome del tutto esaurito.
E ci ha raccontato di una grottesca par condicio, quella che ha portato uno spogliarellista maschio, tale Manuel detto “il vichingo”, a pareggiare il conto aperto dalla ballerina Jessica, salendo sul palco per la gioia delle osservatrici del gentil sesso. E le cronache ci hanno raccontato, persino di un’ipotesi di alternativa bocciata, ovvero la proiezione del (bel) documentario di Lorella Zanardo su Il corpo delle donne, da cui la giovane intellettuale ha anche tratto un saggio (edito dalla Feltrinelli).
Questo caso, segue di poco altri segnali ammonitori, come il dibattito sul perizoma-sì perizoma-no, e come l’annunciato – e poi ritirato – invito a una pornostar durante la festa di Campi Bisenzio del 2009. All’epoca, ad organizzare un dibattito sul sesso era stato l’assessore Pier Natale Mengozzi (con delega alle politiche della salute abitativa), che voleva sul palco l’attrice hard fiorentina Laura Panerai. “Aveva confermato la sua presenza fino all’ultimo – spiegarono gli organizzatori dell’evento – ma alla fine ha dato forfait senza spiegazioni.
Eppure il nostro sarebbe stato un dibattito normalissimo”. Segno dei tempi: all’epoca quindi era stata l’autocensura a prevalere sul piacere della dissacrazione. Ma era pur sempre per un dibattito. Mentre poco più di un mese fa, “lo scandalo” (si fa per dire) era deflagrato a San Miniato dove si era scoperto che una dirigente del partito di Pier Luigi Bersani divideva la passione per la politica con quella per l’hard.
E il cortocircuito fra le due vite era diventato inconciliabile quando una giovane segretaria di un circolo Pd della provincia di Pisa aveva deciso di girare un film porno. Indossava una mascherina durante le scene roventi, ma era stata riconosciuta confrontando le immagini del film intitolato E’ venuto a saperlo mia madre con quelle del suo profilo su Facebook. Ieri qualche buontempone ha titolato: “È venuto a saperlo Bersani”.
Eppure, in questo slittamento progressivo verso la frontiera dell’hard c’è qualcosa che dovrebbe far riflettere.
Ancora nel 1989, la rigidità del puritanesimo comunista faceva sì che la festa di Cuore di Montecchio venisse occupata da una rappresentanza di una sezione del partito locale, e che un compagno prendesse il microfono apostrofando duramente Michele Serra (raccontò lui stesso l’episodio): “Come può l’Unità contribuire all’edificazione del socialismo se il supplemento che tu stesso dirigi ospita parolacce tette, culi e turpiloquio?”.
In realtà, quella di Cuore era davvero satira e la “Classifica dei culi e delle tette”, pubblicata dal settimanale era un esercizio di vigilanza algebrico sulle copertine scollacciate dei settimanali. La festa dell’Unità era però intrisa di pedagogia e anche i fondali della gara del tappo venivano vagliati dalla commissione organizzatrice delle feste.
Adesso i controlli sono saltati, le Feste democratiche si fanno (“Democratic party”) la pedagogia scompare perché non si sa bene cosa insegnare, e gli spettacoli della porno-politica inseguono il gusto del pubblico. Questo però, mentre nel resto del mondo cresce la domanda di erotismo e crolla quella di spogliarello. A Parigi il Moulin Rouge rischia la chiusura e si dibatte sui tagli, il pubblico diserta gli spettacoli e lo striptease diventa davvero un retaggio archeologico, la risposta dello star system alle pruderie del secolo Novecento.
Lo spogliarello democratico, dunque, non dovrebbe suscitare nessuna reazione moralistica e nemmeno toni indignati, ma nemmeno essere considerato come un normale segno dei tempi, uno spettacolo come gli altri. Parlino pure di sesso, i democratici, se vogliono, dibattano e mostrino il cinema erotico, ma non degradino il palcoscenico delle feste, che hanno segnato la cultura del paese, a una ribalta di avanspettacoli da festa strapaesana. Fuori tempo massimo.
di Luca Telese
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