“Se vogliamo fare il partito degli onesti, e io ci credo davvero, dobbiamo dare dei segnali forti che la legalità è un nostro riferimento importante e cruciale: il che significa approfondire le richieste che vengono dai giudici sebbene riguardino dei colleghi. Inoltre, credo sia opportuno selezionare accuratamente la classe dirigente, tenendo le antenne dritte, percependo i segnali, approvando un serio codice etico”.
Se non avete già fatto un salto sulla sedia, fatelo ora. Perché a parlare così, con grande nettezza è una parlamentare del Pdl, una di quelle in maggiore ascesa, una deputata giovane e un volto noto al pubblico televisivo come Nunzia De Girolamo. Non l’esponente di una minoranza in odore di eresia, ma una deputata considerata molto vicina a Berlusconi. Ecco perché, la conversazione che la De Girolamo accetta di fare con il Fatto contiene tanti elementi di discontinuità rispetto al passato, ed è ricca di implicazioni politiche. Talmente netta da prefigurare un grande dibattito dentro tutto il centrodestra (e non solo): “Io sono convinta che, come ha detto Alfano, il caso di Silvio Berlusconi sia una storia a sé, perché dal punto di vista politico e simbolico evoca i tratti della persecuzione giudiziaria e dell’accanimento monomaniacale di alcuni pm… Ma per tutti gli altri esponenti del nostro partito e della nostra coalizione – aggiunge la De Girolamo – devono valere le leggi e i principi che valgono per tutti i comuni mortali. Non è possibile che facendosi scudo del caso Berlusconi, unico e irripetibile, qualcuno cerchi di farsi scudo per presunti reati comuni”.
Onorevole De Girolamo, si rende conto che queste parole determineranno un terremoto nel suo partito?
E perché? Ha ascoltato il bellissimo discorso che ha fatto il nostro segretario? Lo hanno applaudito tutti, con grande entusiasmo e noi dobbiamo essere conseguenti nelle scelte politiche di tutti i giorni, con coraggio, ovviamente senza diventare giustizialisti o maralisti.
Lei sa bene che fino ad oggi tutte le richieste pervenute alla Camera sono state respinte, sia per i parlamentari di destra, che di sinistra.
Non era più giusto a questo punto ritornare all’articolo 68?
Non credo alle mie orecchie.
Fa male a non credere. E fa male a fare ironie: vede, in fondo è molto semplice. Dopo anni di impazzimento nel conflitto fra politica e magistratura, quello che dobbiamo fare noi è tornare alla lettera della legge, a quello che la legge ci chiede di vagliare con il voto della Camera.
Quale sarebbe la “lettera” secondo lei?
Noi dobbiamo solo chiederci: c’è un fumus persecutionis contro il deputato di cui si richiede l’arresto, o l’autorizzazione a utilizzare intercettazioni? Se pensiamo che questo fumus ci sia dobbiamo assolutamente votare contro. Ma se ci facciamo l’idea che questo fumus non ci sia dobbiamo votare senza esitazioni sì. L’accertamento della responsabilità penale compete alla magistratura, il giudizio etico o morale lo lascerei alla Chiesa, noi parlamentari dobbiamo solo garantire il rispetto dei parametri dell’art. 68.
Lei mi fa questo ragionamento riferendosi anche, e soprattutto, al caso Milanese.
Senta, io non personalizzo mai le mie posizioni, ho voluto aspettare, dopo la pioggia di indiscrezioni sui vostri giornali, che dalla giunta arrivassero le carte. Adesso sto studiando e attendo di leggere la memoria difensiva che Milanese ha intenzione di depositare in giunta.
Vecchie ruggini campane?
Ma si figuri. Quei rapporti, semmai, mi hanno indotto alla prudenza.
E cosa l’ha colpita, allora?
Ci sono rivelazioni inquietanti, che ovviamente vanno riscontrate nelle carte: ci sono particolari direi un po’ grotteschi – dalle suite ai viaggi. Dobbiamo far capire alla gente che la politica è tutt’altra cosa e noi dobbiamo difenderla in un momento di anti politica come quello attuale.
Lei fa questo ragionamento per Milanese, però non mi ha fatto il nome dell’onorevole Papa. Eppure c’è anche quella richiesta che pende…
Voglio essere molto chiara. Proprio perché quello che dobbiamo valutare non è il merito dell’inchiesta, e nemmeno farci una ipotesi di reato, a parità di disagio, nell’esaminare le due storie, non posso allo stato non riscontrare una differenza.
Quale?
Nel caso di Papa c’è stato – penso al filmato proiettato nella sede del nostro gruppo dall’onorevole Sisto – un lavoro di pedinamento che supera i limiti imposti dalle prerogative. Quindi, anche se sicuramente non penso bene di quello che viene addebitato a Papa, nel suo caso le modalità in cui è stata condotta l’inchiesta rischiano di prefigurare un qualche fumus.
Se le arrivasse un ordine di scuderia, però, sarebbe costretta a rimettersi in riga e a parlare diversamente.
Guardi, lei non mi conosce bene. Io sono molto prudente e scrupolosa, ho una forte preoccupazione garantista. Mi informo prima di parlare. Ma una volta che ho preso una decisione, in coscienza, vado fino in fondo. Come sempre mi batterò per difendere la presunzione d’innocenza, ma è necessario avere rispetto anche della dignità dei nostri elettori.
Questo vuol dire che lei potrebbe votare a favore della richiesta di autorizzazione a procedere?
Premetto che le misure richieste mi sembrano eccessive e credo che questo sarebbe un argomento da trattare. Forse una misura interdittiva avrebbe reso più agevole il processo al quale Milanese non deve assolutamente sottrarsi. Dobbiamo essere chiari su un punto però. Quando si parla di responsabilità personali degli individui, non significa responsabilità politica di un intero partito. Posso solo dirle, in conclusione e senza evadere la sua domanda, che se la vicenda Milanese, Tedesco o Papa riguardasse me, lascerei libertà di voto al mio gruppo parlamentare di riferimento.
di Luca Telese
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