Onorevole Di Pietro, è vero che sta pensando di scendere in campo alle primarie? “È possibile”. Allora è di questo che parlava con Berlusconi, a Montecitorio? (ride) “Ma sei impazzito? Guarda che l’intervista finisce qui!”. Ma non l’abbiamo nemmeno incominciata… “Appunto”. Antonio Di Pietro è in un momento particolare. Ha sfruttato la dichiarazione di voto, nel dibattito alla Camera, per mandare un messaggio in bottiglia a Pier Luigi Bersani e agli altri leader del centrosinistra. E sta riposizionando la sua immagine con un cambio di passo dichiarato, e poi messo in pratica, dalla protesta alla proposta. Ha perso qualche consenso, ma ha conquistato con l’Italia dei Valori la guida della più importante città del Sud grazie al miracolo di De Magistris. Adesso stupisce ancora, lanciando un allarme alla sua stessa coalizione.
Allora, la spieghiamo bene, questa cosa della foto con il premier?
Ecco, il bello è questo. Non c’è nulla da spiegare. Io ero al telefono, in aula. Lui si è avvicinato.
Forse per intercettarti…
Macché! Si è avvicinato e ha iniziato a ripetermi, paro paro, quello che aveva già detto in aula. Che questo governo ha fatto tante cose, ha fatto miracoli…
E Di Pietro cosa ha risposto?
Risposto? Era un monologo. Ho aspettato che finisse, rispettosamente, perché eravamo in Parlamento e poi gli ho detto che già che c’era poteva fare un’altra cosa importante per il Paese.
Quale?
Dimettersi.
E lui?
Non ha risposto.
Caspita. Troppo poco per ricevere migliaia di messaggi di protesta.
Ma santoddio, io a volte la gente non la capisco. Che cosa diamine dovevo fare, secondo loro? Picchiarlo, sodomizzarlo? Mettergli due dita negli occhi per provare ad accecarlo?
Qualcuno dei suoi elettori avrebbe sofferto meno.
Eh, ma io allora non ci posso fare nulla. Se c’è qualcuno che non capisce cosa sia il dovere istituzionale di un leader, io non posso fare nulla per convincerlo.
Quindi nessuna abiura.
Ma ci mancherebbe! È parte del nostro percorso di crescita spiegare alla gente che c’è un galateo istituzionale che va rispettato.
È il nuovo Di Pietro, che spesso stupisce.
Guarda, noi l’opposizione dura in questi anni l’abbiamo fatta davvero. Adesso che ci arrivano anche gli altri, con grande ritardo, aggiungo, possiamo permetterci di chiederci: ma possiamo chiedere di tornare al governo solo con l’antiberlusconismo?
Detto così sembra una critica velata a Bersani.
Ma per l’amor di dio! È una critica esplicita a lui, e a tutti quelli che nel centrosinistra ancora non capiscono che dobbiamo iniziare a dire quello che vogliamo fare.
Non è un po’ irrituale fare questo discorso agli alleati durante un voto di fiducia?
(ride) Non è un po’ irrituale fare questo discorso agli alleati per mesi e non ricevere nessuna risposta? Sono mesi che dico a Bersani: e riuniscici, santa pazienza!, facciamola questa coalizione!
Ovvero?
Mettiamoci intorno a un tavolo, io, lui e Vendola, e iniziamo a parlare del programma e di come ci presentiamo agli elettori, no?
Ma se l’invito non lo fa Bersani, lo può fare anche lei, no?
Mica è la fidanzata, che gli telefono e gli dico: ‘Andiamoci a mangiare una pizza!” Io sto chiedendo di parlare di contenuti.
Vendola chiede da un anno le primarie.
In parte ha ragione, in parte no.
Ovvero?
Se non decidiamo chi fa parte della coalizione e quale dovrebbe essere il programma, a che serve scegliere un leader?
Il leader sceglie il programma e poi si candida, o no?
Io non sono d’accordo nemmeno su questo cesarismo. Il programma si decide insieme. Sull’acqua pubblica che cosa dobbiamo fare lo hanno già detto gli elettori. È possibile che ora Bersani dice: metà pubblico e metà privato? La gente ha già detto, 27 milioni di volte, acqua pubblica!
Lei aveva detto che avrebbe veduto di buon occhio la candidatura di Bersani, ha cambiato idea?
No, io non ho cambiato idea. È lui che non mi ha ancora detto quale sarebbe la sua idea.
Lei ha detto che avrebbe rinunciato a correre e avrebbe fatto squadra dietro le quinte.
Ho provato a farlo fino a ieri. Visto che non succede nulla sai qual è la novità? Mi candido pure io, così dovremo parlare dei programmi che l’Idv vuole portare al governo del Paese.
Non teme che diventi una candidatura di bandiera?
(ride) Allora: se Tonino Di Pietro si candida da qualche parte è solo per un motivo: gioca per vincere.
Lei ha detto anche che non vuole essere considerato “opposizione di sinistra”.
Ma qui non c’è nulla di nuovo: noi apparteniamo a una famiglia europea che si definisce liberale, e non intendiamo ghettizzarci nell’opposizione di sinistra.
Sta aumentando il suo tasso polemico contro il Pd?
Veramente sono loro che devono decidere che fare da grandi: un giorno Pier Luigi vuole parlare alla Lega, un giorno corteggia l’Udc. Se scegliesse che fare sarebbe meglio per tutti.
E con Vendola come va?
Vendola sa parlare bene, e fa dei bei discorsi. Ma che programma abbia ancora non l’ho capito.
Cosa sta accadendo fra di voi? Dovreste essere più uniti.
Semplice: il Pd non vuole fidanzarsi in casa. Non vuole dire con chi sta fino a un minuto prima delle elezioni per tenere le mani libere. Ma se si fa così si perde.
La sua ricetta, invece?
È finito il tempo di stare seduto sull’antiberlusconismo e vedere che succede. L’abbiamo fatto noi, meglio di tutti. Adesso bisogna proporre programmi al Paese. Io propongo di fare questo.
Intanto c’è una Finanziaria da 40 miliardi che incombe, e si parlerà di unità nazionale…
Nooo!
No?
Io lavoro per mandare questo governo a casa e votare. Con me non c’è spazio per nessuna maggioranza inciucista. Zero spazio.
di Luca Telese
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