Anticristo, terrorista, zingaromane, islamofilo, e anche – visto che non guasta – amico dei ricchioni, ovviamente abortista militante e nemico della vita, nonché promotore di inedite e inquietanti contaminazioni culturali tra diverse forme di perversione. Non si tratta di uno scherzo, ma del ritratto che il centrodestra ci ha regalato, parlando del candidato del centrosinistra a Milano.
Solo a metterli in fila – infatti – gli epiteti con cui è stato ingiuriato Giuliano Pisapia in questa campagna elettorale, si può affrescare una piccola galleria degli orrori, un bestiario della faziosità italiana, un brodo concentrato della sottocultura del berlusconismo colto nella sua fase crepuscolare. In fondo è un gioco di specchi e di ribaltamento quello che dovrebbe portare a riflettere gli elettori, invece che spaventarli. Letizia “Batman” Moratti è diventata la candidata dell’estremismo ideologico, mentre Giuliano Pisapia è diventato l’uomo della moderazione, e dell’assennatezza, come se il calvario di ingiurie che ha sopportato fosse stato la vera prova della campagna elettorale. Si comincia, come è noto, il giorno del duello elettorale: “Pisapia? Un ladro di macchine”, titolano sobriamente i quotidiani di centrodestra. Il giorno dopo si cambia marcia e si alza il livello dello scontro: il pulmino rubato serviva per un attentato, Pisapia diventa amico dei terroristi, fiancheggiatore di Prima Linea, portatore di colpe inenarrabili (inutile dire che la Moratti calunniava, e che Pisapia non era stato condannato ma assolto!). Ma è solo l’inizio: il cambio di marcia arriva subito dopo la straordinaria vittoria del primo turno. Adesso quello che viene passato al setaccio è il programma del candidato di centrosinistra. Punto primo: Pisapia è favorevole alla creazione di un centro di cultura e di una moschea? Apriti cielo. Non conta più nulla che l’unico politico attaccato da (una parte, per fortuna) della comunità islamica sia stato il suo sponsor Nichi Vendola. E nemmeno che a Milano esistano sette moschee clandestine, che vedono i loro fedeli – il più delle volte riunirsi per strada.
La sparata di “Zingaropoli” arriva il giorno dopo, con i manifesti e con gli attacchi di Umberto Bossi. Passano 24 ore dopo è la volta di Tempi, il settimanale di Comunione e liberazione: “Pisapia è un suadente anticristo”. Ci mancano solo il piede a forma di zoccolo, l’odore di zolfo e le corna. Tutto il resto c’è. Libero ha una strana idea sincretica: “Pisapia vuole portare a dialogare i musulmani e gli omosessuali”. Difficile capire quale sarebbe il problema, ma la risposta più amaramente divertente è quella di Fabio Mussi: “Casomai ci riuscisse davvero dovrebbero dargli il Nobel per la Pace, visto che nei paesi dell’integralismo islamico gli omosessuali sono perseguitati dalla sharia”.
Passano ventiquattr’ore e ancora la fantasia fervida di Libero individua un nuovo filone di inchiesta: “Aborto, preoccupazione fra i cattolici per il programma di Pisapia”. Come mai? Nel suo programma c’è scritto che bisogna garantire l’attuazione della legge 140 negli ospedali lombardi, dove il 90 per cento di medici obiettori fa venire meno il diritto delle donne ad abortire. Passa un giorno e la questione cattolica ritorna, stavolta in un editoriale di Alessandro Sallusti su Il Giornale: “Tettamanzi non sta facendo abbastanza per contrastare i valori anticattolici del programma di Pisapia”. Ma, nella corsa all’iperbole, è il quotidiano di Feltri e Belpietro che arriva al paradosso: “Pisapia vuole fare di Milano una mecca gay”.
Come, come? Lo spunto per questa incredibile fantasia, un punto del programma in cui si annunciano attività di promozione del turismo omosessuale. Apriti cielo. La stampa di destra insorge (ma gli elettori gay del centrodestra cosa faranno?). Tra lunedì e martedì entrano in campo i saltimbanchi e i figuranti, vestiti da nomadi, che distribuiscono nei quartieri popolari volantini tarocchi in cui si annuncia l’edificazione di nuovi campi nomadi. Volantini firmati comitati Pisapia, ovviamente (curiosità: a Torino il progetto di auto-edificazioni è finanziato dal ministero dell’Interno di Maroni). È vero che Milano è un test che ormai supera i suoi confini.
Ed è vero che mancano ancora tre giorni. Continuando così, insomma, mancano solo (ma arriveranno) le “prove certe” per accusare Pisapia di stupro, incesto e pedofilia. Suadente ma criminale, scriverebbero forse quei moderati di Tempi. Oppure cambia il racconto: lunedì Bat Letizia viene rimandata a casa, e l’Italia può uscire dal brutto sogno di questo scorcio di inizio secolo con vista crepuscolo degli Dei.
Il cielo sopra Milano.
di Luca Telese
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