È stato uno scrittore come Antonio Pennacchi, iconoclasta e verace, a chiamarlo in causa con un epiteto sanguigno e una immagine parodistica: “A Latina dovremmo unire la destra e la sinistra per mandare a casa Alì Babà e i quaranta ladroni… Ma quel povero cojone di Urso s’è messo di traverso, s’è buttato per terra davanti a Fini e ha fatto saltare per aria tutto”. Così lui, Adolfo Urso, risponde con questa intervista di non sentirsi né “povero” né “coglione”, e di opporsi alla “Santa alleanza” sulla base di un ragionamento politico articolato.
Quanto è arrabbiato con Pennacchi?
Per nulla. Non ci credo… Vede, io lo considero uno scrittore geniale, un carattere pirotecnico, ma vorrei rivendicare che uscendo dalla letteratura ed entrando nella politica, ci sono molte obiezioni da fare alla sua proposta.
Quali?
La prima è semplice: l’alleanza che lui propone, in sostanza tutti contro Berlusconi, è stata bocciata nel documento più importante votato nel nostro congresso di Milano. Ma si tratta di un caso locale, mica di Palazzo Chigi…
Non è così: lo stesso Pennacchi considera Latina il centro dell’universo, e se stesso il suo cantore. E lo stesso Pennacchi sa bene che quella città, nel 1993, fu la più importante conquistata da un sindaco del Msi. Quindi?
Sono d’accordo con lui quando dice che è una metafora dell’Italia e può cambiare la storia del Paese.
Ma perché non si vuole alleare, allora? Lei ama l’ex sindaco Fazzone?
Nemmeno un po’. L’ho detto e lo ripeto. Siamo in campo proprio contro quel sistema di potere!
E allora perché non allearsi con chi lo combatte da sinistra?
Perché noi vogliamo rifondare la destra. E quindi siamo contemporaneamente schierati sia contro il centrodestra degli affari che contro la sinistra della conservazione.
Seconda motivazione?
Io ero entusiasta di candidare Pennacchi nella lista di Fli. Ma lui, invece, chiede a noi di sostenere un sindaco che non abbiamo scelto noi, un sindaco deciso dal Pd in assoluta legittimità, ma senza consultare nessuno. Men che meno noi.
Ma lei ha anche una riserva culturale?
Sì certo! Pennacchi pensa a questa alleanza come il punto di approdo della sua storia fasciocomunista.
E non le va bene?
Io ho combattuto tutta la vita contro il fasciocomunismo! Sogno una destra moderna e liberale…
Non ama le contaminazioni estreme?
È un problema diverso. Fascismo e comunismo sono ideologie del secolo scorso. Non a caso, anche dal punto di vista dottrinario, Pennacchi dice di voler ricostruire lo strappo del 1914! Ovvero quando il fascismo si separó dalla sinistra.
E lei questa suggestione non la condivide?
Ma sta scherzando? Noi ci chiamiamo Futuro e libertà perché vogliamo andare oltre il Novecento, Pennacchi ci si infila dentro, e vuole portarci lì, per far quadrare i conti con la sua letteratura e i personaggi dei suoi romanzi! Molto passato, pochissima libertà…
Lui dice che se la destra e la sinistra perbene si dividono vince Fazzone.
Assolutamente no. E questo vale soprattutto sul piano nazionale. Se noi accostiamo il nostro simbolo al Pd ci tiriamo sulla testa un boomerang e lasciamo delle praterie sterminate, elettorali, intendo, al berlusconismo.
E se andate da soli?
Proviamo a vincere. Se non ci riusciamo peseremo sul ballottaggio.
Le ha dato fastidio quell’epiteto, confessi…
Per nulla. Però c’è dentro tutta la cultura fasciocomunista: ingiuriare l’avversario, ridicolizzarlo, eliminarlo.
Le assicuro che Pennacchi non vuole eliminarla…
No, fin qui non arriva. Solo che siccome vogliamo costruire un’altra destra, andiamo nella direzione opposta, e rispettiamo anche gli avversari.
Ma è vero che ha convinto lei Fini a dire no?
Ma si figuri! Ero all’incontro con Pennacchi, ma non ho parlato mai, con Fini di Latina. Fra l’altro non posso essermi buttato per terra: sono uscito da un governo per costruire un progetto. E per questo sono abituato a stare con la schiena dritta!
di Luca Telese
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