Nel giorno in cui Ignazio La Russa è stato vittima del fuoco amico, dopo la sua performance in aula, Giorgia Meloni è stata l’unica dirigente di primo piano del Pdl a difenderlo pubblicamente dai suoi colleghi: “Evitiamo le ipocrisie del caso. A parte le opposizioni, che facevano evidentemente il loro mestiere, quelli che nel nostro partito hanno attaccato Ignazio lo hanno fatto per un motivo politico. Non è stato un bell’episodio”.
Ministro Meloni, anche La Russa ha chiesto scusa.
Lo so. E ha fatto bene, Ignazio è andato sicuramente sopra le righe. Registro che nel nostro mondo non sono molti quelli che come lui hanno l’onestá di ammettere il proprio errore.
Lei non risparmia critiche a destra e a sinistra, però.
Non sono politicamente corretta. E non mi piacciono i due pesi e le due misure.
A cosa si riferisce?
Vorrei ricordare ai colleghi del Pd che le censure contro il ministro della Difesa hanno fatto passare in cavalleria i fatti, gravi, di piazza Montecitorio.
Suvvia, una ex militante come lei dovrebbe ricordare cosa fecero i ragazzi del Fronte della Gioventù ai tempi di Mani pulite.
Proprio perché ricordo cosa accadde le cito questo episodio.
Lei in piazza c’era la mattina di “arrendetevi siete circondati”?
No, per un caso non c’ero, ma sarei potuta esserci. Però le racconto cosa accadde dopo.
Ovvero?
Ci fu un processo, non solo mediatico, ma giudiziario. Si parlò di aggressione fascista. Molti dirigenti furono denunciati per attentato alle istituzioni dello Stato. Ci furono perquisizioni nel cuore della notte, con gente portata in questura a fare foto segnaletiche e rilevamenti di impronte digitali. In aula, durante le manifestazioni, i lavori furono sospesi e il ministro degli Interni fu immediatamente chiamato a riferire. La condanna fu unanime.
Chi manifestava sapeva cosa rischiava…
Se così fosse, anche chi ha manifestato due giorni fa dovrebbe subire lo stesso trattamento.
Il bello, però, è che gli attacchi più duri li avete subiti dai vostri compagni di partito.
È questo che è inaccettabile. Non lo concepisco.
Voleva che i suoi colleghi fossero omertosi?
Ma per carità! Dico solo che è la spia di uno stato d’animo, o di un atteggiamento intellettuale. A me se un amico inciampa non viene in mente di tirargli un sasso in testa, ma di porgergli la mano.
Il più accanito accusatore è stato Scajola…
Ecco, benissimo. La prossima domanda?
Perché?
Perché, come le ho detto, non cerco risse con nessuno.
Il problema politico, dicono, è che voi ex An sareste sovrastimati.
Ah, ah, ah.
Ride?
Per non piangere.
Da quando sono andati via i finiani, dicono molti ex azzurri, le vostre quote dovrebbero essere ridotte.
La logica delle quote è stata il male minore quando si doveva mettere su una nuova casa.
E ora per lei sono un errore?
Ma certo. Primo. Il fatto che venti o trenta deputati siano andati via a Roma non può diventare una colpa per chi è sul territorio. E la quasi totalità di chi stava con An, sul territorio, è rimasta nel Pdl.
E secondo?
Passare dalle quote a una religione cencelliana sarebbe una follia.
Intanto i vostri pesano più degli ex azzurri.
Non è così. Ma quando contano è perché sono bravi. Perché sono abituati a fare politica, non vivono di rendita. Anzi, se un rischio nel Pdl c’è è proprio che a pochi mesi dalla sua nascita rischia già di essere bloccato dalle rendite di posizione.
E come si combatte?
Bisogna rimettere in moto la partecipazione. Celebrare i congressi con tutti gli iscritti, mettere alla prova le energie giovani del territorio, valorizzare il merito a tutti i livelli.
Non è che voi ex An siete diventati ospiti sgraditi?
Ma noi non possiamo essere ospiti perché il Pdl lo abbiamo costruito insieme, ed è anche casa nostra. Se qualcuno non ha capito questo, è lui che ha sbagliato partito.
Addirittura?
Vede, per me uno che viene da un’altra storia deve essere considerato una ricchezza. Dovrebbe essere automatico anche per gli altri.
di Luca Telese
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