Pensa che bello. Una “crociata di fanciulli” per le strade di Roma in difesa della Costituzione: una manifestazione – drammatica e giocosa a un tempo – in difesa della Carta, che sarebbe potuta finire in un libro di Ray Bradbury o in una canzone di Sting. Pensa che cosa terribile per il povero Umberto Bossi: tutto il corteo era pieno di tricolori al vento, di musica, di voci, si snodava per le passeggiate del Pincio e lungo gli squarci della Roma papalina in bianco rosso e verde, si coloriva di canti da asilo nido, cori del Va’ pensiero, suggestioni risorgimentali. Orrore. Il tutto per effetto di un cortocircuito davvero preoccupante fra il lavoro degli “inculcatori” bolscevichi, dei genitori antiberlusconiani e delle solite toghe rosse che sobillano il paese. Un classico dell’Italia che odia. Un cocktail esplosivo, per il Cavaliere: insieme, uniti nella lotta, gli ostinati ed arcaici difensori della nostra Carta e la terrificante macchina organizzativa delle scuole per l’infanzia. Se è vero – ed è vero – che ogni manifestazione ha un’anima, ieri in piazza si è vista sfilare questa variopinta, effervescente, commovente “Children crusade”: una crociata di fanciulli e professori, una piazza del Popolo così ricolma di piccoli bolscevichi sovversivi (per giunta accompagnati dai loro genitori e dai loro educatori, con atteggiamento pericolosamente complice) che per reprimerla non sarebbe bastato l’arresto preventivo giustamente invocato da Maurizio Gasparri e nemmeno una piccola Bolzaneto allestita dall’efficiente Scajola: per svuotare quella piazza strapiena, ieri, ci sarebbe voluto un intervento congiunto dei provvidenziali mercenari gheddafiani del Ciad e dei servizi sociali coordinati dal ministero dell’Interno.
Un corteo festoso, carnevalesco, pieno di clown, musica, artisti di strada, teatranti. E contrappuntato da una bella trovata: le pettoraline con il numero dell’articolo della Costituzione adottato da ogni manifestante, e con il testo integrale riprodotto. Come nella foresta dei liberi pensatori di Fahrenheit 451, quella in cui ogni uomo è un libro imparato a memoria per essere salvato dal rogo dei pompieri che bruciano i libri. In questa Italia surreale, sospesa tra controriforme giudiziarie, scuola privatizzata e l’ideologia dell’Olgettina, la Costituzione è diventata il libro più amato della storia patria, grazie a Berlusconi.
Sì, questa volta i colleghi dei quotidiani di centrodestra potranno scriverlo tranquillamente: il centrosinistra predica bene e razzola male. E infatti dopo tutte quelle ingiustificate critiche a Berlusconi per gli incontri di certo platonici con Noemi e con Ruby, ieri l’opposizione si è presentata in piazza con un corteo pieno zeppo di minorenni. Due pesi e due misure, come sempre, a sinistra: e per le strade della Capitale abbiamo visto sfilare uno stuolo di bambini arruolati per protestare contro il benamato premier, e costretti a sfilare, forse con la lusinga di un cestino di dolciumi, pagato – naturalmente – dal sindacatone rosso di Susanna Camusso. Bimbi, bimbi, ovunque. Bambini inculcati e politicizzati: e infatti a piazza Esedra il corteo parte puntuale con in testa i meravigliosi studenti della Di Donato – nulla a che vedere con la sinistra socialista, per fortuna – una delle scuole materne (ed elementari) più multietniche d’Italia, una di quelle in cui il “70-30” prescritto dalla Gelmini per garantire le quote ariane nelle scuole della Padania libera, è stato ribaltato (solo il 30 per cento sono italiani, con buona pace del ministro del Cepu). E poi c’era quella piazza: spolverata dal sole di un tramonto romano, impreziosita da un palco pieno di voci della società civile. Faceva un po’ impressione vedere i politici del centrosinistra, che ieri – senza distinzione e senza fato personale – sembravano forse ancora più vecchi, nel contrappunto con questa piazza prenatal. Pochissimi di loro hanno pensato di sfilare in corteo, mentre invece lo ha fatto l’eroe civile della serata, Roberto Vecchioni applaudito come unarockstar (non si capisce se come vincitore del festival o come appartenente alla categoria prestigiosa dei professori italiani). Faceva impressione vedere questi politici un po’ stagionati, chiusi nel kindergarten del sottopalco, a fare interviste. Dopo le donne, dopo i sindacalisti, dopo tutti i frammenti di società che abbiamo visto sfilare in questi mesi, e in assenza dei partiti, è arrivato il tempo della crociata dei fanciulli. La figura del politico che non sfila, non fa opposizione, ma non si perde una intervista nemmeno morto, per questo, ricorda molto da vicina quella del guardone: che gode sempre per le emozioni degli altri. È stato un luminoso sabato di sole, di bimbi, di articoli della Costituzione deambulanti per le vie di Roma. Sono apparsi gruppi di acquisto equosolidale, di attori, di musici. Ma l’immagine che ti porti nel cuore è quella dello striscione con un nastro di celluloide chiuso in un pugno, preceduto da una scolaresca. Sopra c’era scritto: “Brigate Monicelli”. E Mario, che di cortei non se n’è perso nemmeno uno, sta ridendo come un matto, da lassù.
di Luca Telese
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