Prima il leggendario porta a porta (che avrebbe dovuto celebrarsi l’estate scorsa), ma di cui gli italiani non serbano una memoria vivida. Poi la raccolta delle firme, ben dieci milioni secondo l’obiettivo fissato dagli organizzatori, con la consegna a Palazzo Chigi di una "rappresentanza" di moduli (le altre firme, come vedremo, per ora non ci sono, anche se assicurano che arriveranno). Infine una nuova campagna di comunicazione "A maniche rimboccate", che sarà affissa in tutta Italia a fine mese.
La domanda è legittima: cosa succede in casa del Partito Democratico? Cosa vorrebbe comunicare il partito di Bersani, e cosa invece riesce a comunicare – evidentemente – malgrado la sua volontà? Se giri la domanda a Maurizio Migliavacca, numero due del partito, non tentenna: "Questa storia delle firme è una provocazione bella e buona. Ne abbiamo consegnate cinque milioni e mezzo, a palazzo Chigi". Ne mancano quasi la metà: "E’ vero. Ma abbiamo ancora moltissimi moduli inviati alle famiglie che sono in giro. L’obiettivo e matematicamente raggiunto, e posso provarlo". Cioè? "Abbiamo spedito 4 milioni di moduli, ognuno contiene lo spazio per raccogliere trenta firme, se solo tornasse indietro il 5 per cento avremmo raggiunto e superato l’obiettivo di un milione".
La logica di Migliavacca sarà pure adamantina e ferrea. Epperò ci sono i "se". Se i moduli sono arrivati alle famiglie (quali?). Se quelle famiglie non hanno già firmato. Se li rimandano indietro… Al che Migliavacca, anche se cortesemente, nega: "Ma mica stiamo raccogliendo le firme autenticate per un referendum! Ci eravamo dati un obiettivo politico, l’obiettivo politico, prima ancora che matematico, è stato già raggiunto". Ma se l’obiettivo è numerico, si può raggiungere simbolicamente? Ardua questione. Sulla cifra ipotizzata dal sito Lettera 43 (25 milioni di euro investiti nella comunicazione) la risposta di Migliavacca è categorica: "Ma che scherziamo? Quello è il costo di tutta la comunicazione del partito. Per le firme avremo speso molto meno di un milione di euro".
Qualche legittimo dubbio – però – lo attrae anche la prossima campagna di comunicazione del partito, visto che – prima che parta l‘affissione – circolano già i primi prototipi dei nuovi sei per tre (ci sono quattro soggetti). A sentire l’agenzia che li ha curati – Aldo Biasi comunicazione – dovrebbero comunicare una ventata di entusiasmo ottimistico. La parola chiave è Oltre. Intendendo Oltre il Berlusconismo, propiziando l’avvento dei nuovi tempi con slogan come questi: "Oltre l’egoismo c’è una mano tesa". Oppure: "Oltre la crisi c’è il coraggio delle imprese". E "Oltre le divisioni c’è l’Italia unita". La realizzazione, però, sembra – ancora una volta – distonica rispetto all’obiettivo: sullo slogan c’è appoggiato il mezzobusto in maniche di camicia in bianco e nero di Bersani; lo sguardo del segretario è severo, i caratteri dominanti sono il verdino pantone della parola, il bianco dello sfondo e il nero del lettering.
Solo all’idea,un comunicatore come Oliviero Toscani diventa caustico: "Questi qui sono diventati matti!". Prego? "Dunque: questo manifesto secondo loro dovrebbe indicare il Pd come il motore del cambiamento e della speranza? Beh, a me sembra esattamente il contrario". Perché? "Intanto perchè la parola è sbagliata. Oltre è Claudio Baglioni (e infatti l’ha già usata lui) oppure è politichese. E poi, in quel colore, evoca la frase proverbiale: ‘E’ passato oltre’, cioè è defunto, morto. E loro, senza volerlo, comunicano esattamente il contrario di quello che vorrebbero: ci stanno dicendo che sono morti". Ommamma… "Invece sì. Per di più – aggiunge Toscani – la foto è in bianco e nero, come quella del caro estinto sulle lapidi dei cimiteri. Diciamo che hanno scelto una linea di comunicazione epitaffica: il Pd si è scritto l’epitaffio da solo, e ha anche fatto le affissioni".
E’ solo la criticità corrosiva di un grande creativo? A sentire Toscani no: "Ma se io a Bersani gli voglio bene! In un paese normale sarebbe un premier perfetto. Evidentemente, si è messo intorno delle persone che lo consigliano male. Perchè quel manifesto comunica il contrario di quello che vuole comunicare".
Però ci sono le maniche rimboccate, c’è una scelta di lingua comunicativa opposta a quella di Berlusconi. Toscani prende un sospiro lungo: "Dunque: questo paese, anche dal punto di vista comunicativo è nel baratro. A destra si rappresentano come delle bestie, però sono efficaci, perchè è quello che vogliono. Nel centrosinistra, invece, senza volerlo (ed è questo che mi fa incazzare di più) si rappresentano come vecchi, e alla fine ti convincono di esserlo davvero. Fra una cosa brutta ma viva, e una leccata ma cadaverica, tu che cosa sceglieresti?".
Se gli chiedi di argomentare, l’ideatore della storica pubblicità Jesus ("Chi mi ama mi segua") diventa un fiume in piena: "Parti dal bianco e nero: lo scelgono perchè è facile da gestire. Prova a mettere insieme il rosso, il giallo, i colori. Uno come Bersani così lo spegni". Però l’idea di togliere la giacca…. "Le maniche di camicia? Sono la cosa più vecchia che c’è! Poteva sembrare nuova negli anni cinquanta. Nel secolo scorso". Va argomentato. Perché? "Perchè non è autentico. Sai cosa non va dei politici? Pensano di agghindarsi per una campagna di comunicazione come per la festa. Ebbene: fanno il porta a porta, ma non hanno più i militanti, raccolgono le firme ma poi le firme non ci sono, vogliono andare oltre il berlusconismo e invece si infilano nell’oltretomba". Toscani prende l’ultimo sospiro, il più draconiano: "Con molto dispiacere, ma li devo bocciare"
di Luca Telese
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