di Giuliano Ferrara
C’è un filo inossidabile che unisce la mia arcaica (e oserei dire veterotestamentaria) militanza comunista, che fra l’altro era comunque ostinatamente riformista e sempre antimassimalista, a quello che sarei diventato poi. C’è un filo invisibile ma tenace che unisce la mia educazione sentimentale amendoliana e sinceramente antiberlingueriana nel vecchio Pci, al craxismo in cui mi sarei rispecchiato in seguiot: questo filo corre senza spezzarsi nel furore ideologico, apostatico – e persino apodittico – nell’idea di un nuovo anticomunismo vissuto come religione civile e privata, come redenzione, e infine come rivelazione in una nuova vita. C’è un filo di coerenza che spiega il mio attuale coinvolgimento passionale nello zeitgeist del crepuscolo berlusconiano, la mia testimonianza orgogliosa, anche se in mutande, nel furore anticiclico che mi porta sul palco del teatro del Verme, in nome della lotta contro il venticinqueluglilismo, l’elitismo e l’ipocrisia intellettuale dei sempiterni sepolcri imbiancati azionisti e scalfariani. C’è un filo ostinato che collega la mia formazione di grande borghese aristocratico alla mia adesione incondizionata al populismo illuminato e mitopoietico del nostro beneamato Cav.
C’è un filo lungo che unisce le mie intemperanti informative passate alla Cia, allo spionaggio vissuto non con spirito servile, ma come un tripudio trasgressivo, un filo solido che unisce il mio salto nel vuoto nel movimento studentesco (e sinceramente antiamericanista) nella madeleine di un precoce sessantotto a valle Giulia, collegandolo in modo lineare alla mia successiva vocazione atlantista e guerrafondaia. Malgrado le apparenze c’è un filo logico, e oserei dire persino dottrinario, che spiega il mio pugno in faccia ad un assessore torinese, guidato da una vampata di furore filopalestinese nel giorno del massacro di Sabra e Chatila, alla mia matura età filoislaeliana, e convintamente occidentalista. C’è un filo lungo che spiega come sono passato dalla tesi su Leo Strauss, alle “Lezioni D’amore” con la mia adorata Selma, alle crociate a favore dell’embrione, un filo che tiene dritto il percorso, dalla stagione della libertà trasgressiva, panica, sessualmente disinibita, al neorazingerismo e all’estetica neocon. C’è, questo cazzo di filo lungo, Cristo! C’era, ed era proprio qui. Ditemi dove cazzo è finito – mediocrissimi esegeti del politicamente corretto – perché io non lo trovo più.
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