La prima giornata blindata. La prima di tante giornate difficili che verranno: inseguito dalle domande scomode, e protetto da un filtro di sicurezza sempre più precario. In difficoltà di fronte ai cronisti “Allora non ci siamo spiegati bene! Per amor di patria io di questo non parlo…”. Berlusconi – dopo il colpo micidiale del rinvio a giudizio – appare
in tarda mattinata a Palazzo Chigi nella conferenza stampa sulla moratoria dei debiti delle piccole imprese con le banche. All’inizio motteggia i giornalisti facendo il simpatico, poi li insulta facendo il maleducato, quindi scappa. Nulla è lasciato al caso, però. Il premier ci tiene a farsi vedere vicino a Giulio Tremonti, così come il giorno prima aveva inseguito Roberto Maroni in Sicilia: è un bisogno di compartecipazione simbolica, la necessità di coinvolgere i due ministri più forti del suo governo, gli unici – fra l’altro – che potrebbero reggere un esecutivo senza di lui. Ieri , Berlusconi aveva persino ottenuto di spostare la conferenza stampa (già programmata al ministero) a Palazzo Chigi, per poter giocare in casa. Mentre il pretesto di un impegno successivo viene utilizzato da Emma Marcegaglia per parlare alla stampa prima, da sola, senza sedere al fianco del leader azzurro.
Nel pomeriggio l’agenda non era meno insidiosa: c’era l’inaugurazione dell’anno della cultura con il premier russo Medvedev, e qui gli uomini del cerimoniale devono ideare uno stratagemma: i giornalisti vengono dirottati in un’altra saletta separata, lontana da quella dove si incontrano i due capi del governo, perché non ci siano contatti: “Potrete seguire tutto a circuito chiuso”, spiega Roberto Gasparotti. Malgrado le consuetudini, quando l’Italia ospita un capo di governo, non c’è nessun incontro dei due con i giornalisti.
Così il clou diventa la mattina. La conferenza stampa era convocata per le 11. Il premier entra a mezzogiorno e mezzo. Gli otturatori dei fotografi frusciano ad ogni suo piccolo gesto, ma lui si sottrae agli interrogativi scomodi. Comprensibile: la sua è solo una partecipazione taroccata, pensata per diffondere immagini di facciata ad uso dei telegiornali amici. Dopo quattro soli interventi – infatti – il fido Gasparotti e Paolo Bonaiuti saltano in piedi nella saletta affollata e dicono: “Basta, le domande sono finite”. Il premier esce da una porta laterale. La conferenza stampa, iniziata con un’ora e venti di ritardo, è durata meno della metà dell’attesa. Se c’è un segnale tangibile del disagio, questo è il più eloquente. Il Cavaliere – infatti – esordisce salendo alla tribuna con una mentina in bocca, la mascella che mastica , il volto teso, mettendo le mani avanti con un sorriso tirato: “Rispondo solo alle domande in tema…”. Ovvero sta annunciando che non vuole sottoporsi agli interrogativi sul rinvio a giudizio e sul caso Ruby. La tensione è palpabile e Berlusconi, nella sua esposizione, non si rende nemmeno conto di una prima gaffe involontaria che suscita un brusio di divertimento in platea: “Da imprenditore ero abituato a non dormire mai la notte…”. (Anche adesso, evidentemente). E nemmeno quando cede la parola a Tremonti sembra soddisfatto. Lo interrompe quattro volte – con precisazioni e chiose – e il ministro dell’Economia non sembra per nulla contento. Anzi, questo minuetto ha qualcosa di stonato e surreale: Tremonti parla alla sua maniera, da cattedratico divulgatore, il premier lo interrompe per infilare la sua lista della spesa, l’ansia di declamare le cose fatte.
Ogni volta che Berlusconi prende la parola dandogli sulla voce, Tremonti non dice nulla, ma il rossore divampa sul suo viso, chiazzandolo di porpora. Sarà il caldo o il dispetto?
La prima domanda è quella del berlusconologo de Il Messaggero, Marco Conti, e ovviamente è sull’inchiesta: “Mi pare che la giustizia penale sia abbastanza immediata…”. Il Cavaliere si sottrae, e pare quasi di buon umore: “Ho detto in tema, birichino…”. E Tremonti, con un altro sorriso: “Se non la smetti ce ne stiamo qui due ore a parlare solo di economia”. Sull’altro lato della platea c’è Luca Bertazzoni, di Annozero, che giustamente delle raccomandazioni se ne frega. “Presidente…”. Gasparotti fa interdizione: “C’è quel collega..”. E a questo punto Berlusconi ostenta magnanimità: “Tranquillo , te la faccio fare io la domanda”. Un cenno della mano e a Bertazzoni viene fornito un microfono. La domanda è su Ruby. E a questo punto il premier si smarca: “Io di questo non parlo. Posso dire solo una cosa. Non sono per nulla preoccupato!”. Ma nell’ultima domanda un collega di Bloomberg Tv trova il modo di tornare sul tema: “I suoi problemi giudiziari potrebbero creare difficoltà alla candidatura di Draghi?”.
A questo punto Berlusconi passa all’offesa, sia pur malamente dissimulata nel latino: “Lei non è compos sui! Poi vada a farselo tradurre…”. Ovvero: lei non è in sé.
Però, la giornata di catenaccio mediatico non cela fino in fondo le difficoltà a trovare una strategia. C’è Maroni che scherza sulla premiership (“Faccio gli scongiuri…”) ma la Lega non si capisce bene cosa voglia. C’è Bossi che lancia messaggi sibillini: “Se ci sono i numeri il governo va avanti, altrimenti cade”. Ci sono i provvedimenti sul federalismo sulla graticola delle aule parlamentari la settimana prossima. In un incontro privato, oggi, Berlusconi si è sfogato sulla Minetti: “Lei è arrabbiata con me, lo so: ma se non la chiamo più è perché i miei avvocati mi hanno chiesto di non parlare con i coimputati del processo!”. Un modo per lanciare messaggi in bottiglia? La cosa più divertente che trapela è l’ennesima smentita sul Bunga Bunga: “Pensa che io non ballo! Non lo faccio più da quando avevo 26 anni, per via di un fioretto”. L’ultima speranza labile è quella di una mozione della Camera sul conflitto di attribuzione alla Corte costituzionale, per sottrarre l’inchiesta ai pm di Milano. Ieri a Palazzo Grazioli sono stati ricevuti sia Angelino Alfano che Augusta Giannini. Che però è arrivata prima del ministro. Ed è rimasta a colloquio con il premier per un’ora, da sola. Quando è arrivato Alfano, però, Berlusconi era già andato via. Di cosa avranno parlato il Cavaliere e “lady Vespa”?
Luca Telese
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