“Ascoltate questo consiglio, cari colleghi de Il Fatto, voi Berlusconi ve lo dovete tenere stretto e caro….”. Dunque Giuliano Ferrara è tornato. Novello editorialista de Il Giornale (dopo averlo punzecchiato per anni), di nuovo consigliere politico di Silvio Berlusconi (dopo averlo criticato, anche aspramente). Di nuovo guru alla corte del sovrano. Torna in campo e dice che non rilascia interviste. Così spetta al cronista de Il Fatto andarlo a cercare nel suo regno, nella redazione de Il Foglio, per un incontro non convenzionale. Varchi il portone e la segretaria ti chiede subito: “Ha un appuntamento?”. No, non ce l’ho. “Allora mi spiace, non so… Fra l’altro ora non c’è nemmeno, è andato al bar”. Allora mi dirigo verso il bar di piazza Trilussa, a un passo dalla sede del Lungotevere. Dopo pochi metri il colpo di fortuna: me lo ritrovo davanti, sulla skyline del biondo fiume, mentre sta rientrando in redazione contornato dai suoi quattro cavalieri dell’apocalisse: i redattori del quotidiano lariano (nel senso di Veronica). Giulianone è inconfondibile e a suo modo elegante, come sempre: giacca e pantaloni di velluto, scarpe da ginnastica Asics, quelle di moda fra gli adolescenti con la zeppone sotto la suola, portamento incurante. Attacco subito bottone.
Come va?
Ciao, bene. Ecco qui un vero redattore fasciocomunista, eh, eh…
Chi?
Ma tu, chi altri? Fra l’altro mettete insieme tutti purché siano contro Berlusconi. L’ho scritto, è il T.T.B. …
Orgoglioso dell’epiteto, allora.
Guarda, non è colpa tua, scusa: ma appena ti vedo io mi sento male.
E perchè mai?
Perché penso ai dati di vendita de Il Fatto. Una tragedia.
Ti fanno star male?
Purtroppo sì, dicono vada benissimo. È vero che malauguratamente continuate a vendere?
Anche più di prima.
(Sfotte, finge un mancamento) Arghhhh…
Quest’anno abbiamo fatto proprio un bel bilancio, grazie.
(Nuovo sorriso) Ecco, vedi? È chiaro che anche in questo momento io sto lavorando per voi.
In che senso?
(Sorriso felino, sarcasmo) Ma non lo vedi? Sto andando nel mio ufficio per vedere come difendere Berlusconi, per approntare le strategie, come scrivete voi…
Non vedo la relazione…
(Beffardo) Eppure è facile. Difendendo Berlusconi, in fondo, difendo la vostra unica motivazione di acquisto presso i lettori. Sto salvando i vostri posti di lavoro e non siete nemmeno riconoscenti.
È vero, non lo siamo…
Noi berlusconiani lavoriamo notte e giorno per voi, lo sapete. Dovreste esserne più grati.
Non per deluderti. Ma credo che con un governo di centrosinistra venderemmo anche di più.
Ah ah, ah… Maddài… Non scherziamo…. Senza il Cavaliere di che cosa scrivereste? Come fate a divertirvi? Suvvia….
Con un altro potremmo scrivere, di certo più liberamente di La Repubblica, sulle eventuali nefandezze del centrosinistra…
Ma che dici? Non credo proprio…. A parte che sarebbero storie minori, piccoli abusi senza grandezza, rispetto alla figura del Cavaliere! Ma in ogni caso non ve le farebbero nemmeno scrivere, il punto è questo.
Chi, non ce le farebbe scrivere, scusa?
Loro: gli uomini del politicamente corretto, la burocratja.
Quelli del Pd intendi?
E chi sennò? Berlusconi come è noto è un politico liberale.
Molto liberale, chiedere a Minzolini…
Dài, non essere demagogico. La prova migliore di quello sto dicendo è che voi siate ancora aperti. Siete la testimonianza vivente della sua estrema liberalità, e non ve ne rendete nemmeno conto. Ma dove lo trovate un altro come Berlusconi?
Troppo buono…
Proprio voi, che scrivete male di lui ogni giorno. Con una passione maniacale e monografica. In realtà dovreste essere il suo fiore all’occhiello.
Ci dedicheremmo a chiunque governasse, non temere.
(Sorriso sarcastico) Ennò, cari! Non ve lo farebbero fare. Diglielo, a Padellaro, che con Berlusconi può fare quel che vuole, mentre con loro inizierebbero problemi seri.
Quali?
Dài, non fare l’ingenuo: vi blandirebbero, vi boicotterebbero, e alla fine, se proprio fosse necessario…. vi comprerebbero. Sono i metodi della vecchia scuola bolscevica. Ma perchè sei venuto a cercarmi?
Proprio per chiderti questo. Per intervistarti.
(Siamo arrivati in redazione. E lui, come stupito) Noooo… Non se ne parla. Non varcare questa soglia, per carità. (lo seguo sulle scale della sua mansardina)
Ma stiamo già facendola, l'intervista…
Come, che stai dicendo?
Pensa che bello questo attacco per il titolo: “Ferrara, Berlusconi è così liberale che siete ancora aperti”.
(Infilandosi nella stanza) Ma io non ho dato nessuna intervista, e adesso chiudo la porta del mio ufficio. Sciò, via!
Non ce la dai perché è per Il Fatto?
(Sorride mettendo mano alla maniglia) Ma che dici? Ho detto di no anche a La Repubblica!
Ce la caviamo in pochi minuti…
Ma tu stai scherzando! Io devo lavorare, devo dedicarmi alle strategie di difesa del Cavaliere, capisci? Non posso distrarmi…
Appunto, sono interessato alla materia.
(Chiude la porta scorrevole della sua stanzetta, un po’ ride e un po’ no) Aiuto! Soccorso! Carabinieriiii! Toglietemelo di torno che questo non se ne va! (Arriva il collega Alessandro Giuli, penna finissima, ma anche un marcantonio alto uno e ottanta. Giacca tirolese, tono cortese, e risoluto: “Dai, Giuliano ora non vuole parlare, non fa interviste”).
Ecco, ha ragione lui: questa come la pipa di Magritte, non è una intervista. Forse per questo mi pare interessante.
Luca Telese
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